Pier Paolo Pasolini. Erotismo eversione merce

MOSTRA INTERNAZIONALE CINEMA LIBERO 01 PORRETTA TERME COMMISSIONE CINEMA DEL COMUNE DI BOLOGNA EROTISMO EVERSIONE MERCE RELAZIONE di PIER PAOLO PASOLINI

TETIS Le forme di un racconto letterario non sono solo tecnico-linguistiche: ci sono anche delle forme non verbali e quin di non reperibili nella pagina:per esempio, l'arco dello sviluppo di un personaggio, i tratti in evoluzione della sua psicologia. La critica strutturale, attraverso specchietti e grafici, è in grado di rendere "visibili" anche questi dati inter ni: ma si tratta di una visibilità astratta, statistica. Per il racconto cinematografico vale lo stesso discorso, perchè l'autore di un film sceglie e rappresenta alcuni momen ti della vita di un personaggio, il resto lo lascia all'inter no del film, dentro le giunte. Tra un personaggio che appare ridendo nella prima sequen za del film, e poi scompare, per riapparire, piangendo, nella terza sequenza, c'è un passaggio psicologico che non è una forma audiovisiva, pur essendo comunque una forma del film. Lo spettatore tuttavia non acquisisce questo passaggio dal riso al pianto come una forma : ma si comporta con esso esattamente come se si trattasse di un fenomeno deila vita. Opera cioè una interpretazione psicologica, simile a quella che egli opererebbe se in un'ora della sua vita si trovasse con una per sona ridente, e, dopo qualche tempo, si trovasse con la stessa persona piangente. Egli, nella vita, ha degli elementi "esi stenziali" che gli permettono di interpretare la realtà di quel riso o di quel pianto: ma l'autore del film non mancherà certo di fornirgli elementi esistenziali analoghi. In conclusione: lo spettatore davanti alle "inclusio= ni" del film, cioè alle forme audiovisive, si comporta come un "ricevente" nella realtà, ma sa che è un'illusione; invece davanti alle "esclusioni" cioè alle forme non-audiovisive, si com porta tout court come un "ricevente" nella realtà: le deduzio ni e le conclusioni a cui egli arriva per interpretare il com portamento di un personaggio nel film, seguono lo stesso schema che per interpretare il comportamento di una persona nella realtà. Se una maggiore vivacità caratterizza l'identificazione del codice del cinema col codice della realtà di fronte alle forme audiovisive (cioè alle parti di realtà del racconto "in

2 eluse": riprese e montate), l'identificazione del codice del cinema col codice della realtà di fronte alle forme non audiovisive (cioè i momenti del racconto "esclusi" dalle riprese e dal montaggio), è un'identificazione assoluta. Come in quel piano sequenza infinito che è la realtà, nel cinema il racconto consiste in un seguito di "inclusioni" e di "esclusioni".Ora,poiché in un film,la scelta è estetica, si deve dedurre che la prima scelta estetica di un regista è che cosa includere in un film o che cosa escludere. Una scelta estetica è sempre una scelta sociale. Essa è determinata dalla persona a cui si rivolge la rappresentazione e dal contesto in cui la rappresentazione si svolge. Ciò non significa affatto che la scelta estetica sia impura o intere^ sata. Anche le scelte di un santo sono sociali. Prendiamo una scena erotica da laboratorio. Una camera, un uomo, una donna. Il regista è di fronte alla solita scelta: che cosa includere e che cosa escludere? Venti anni fa il regi^ sta avrebbe "incluso" una breve serie di atti appassionati e nobilmente sensuali, fino a comprendere un lungo bacio. Dieci anni fa il regista avrebbe incluso molto di più: dopo il primo bacio sarebbe giunto fino al momento in cui le gambe e, quasi completamente, i seni, fossero scoperti, aggiungendo un secondo bacio ormai chiaramente precedente il coito. Oggi, il regista può includere molto di più: può includere il coito stesso (anche se finto dagli attori) e addirittura il nudo completo. Nessuno di questi tre ipotetici registi può venire accusato di non aver fatto delle scelte estetiche, e di non ess£ re andato fino in fondo al suo assunto espressivo. Di non avere, con uno sforzo personale, allargato lo spazio Che - proporzionalmente - il contesto sociale gli concedeva. Ora, pare che a questo punto, io sia chiamato in causa direttamente, e che debba testimoniare, oppure illustrare o giustificare un'esperienza personale e pubblica nel tempo stes^ so. Infatti come autore di films, in questi ultimi anni, ho indubbiamente compiuto uno di quegli sforzi individuali di cui dicevo, per allargare lo spazio espressivo cìie la società mi concedeva a rappresentare il rapporto erotico. Sono giunto, per

3 esempio - cosa mai accaduta fino a quel momento - a rappresen tare "tetis" (il sesso sia maschile che femminile) addirittura in dettaglio. Devo dire anzitutto che io stesso, negli anni precedenti - sia con le opere che con gli interventi esplicitamente politici - e, inoltre, col mio stesso essere e comportarmi - avevo dato il mio contributo perchè la società italiana mi concedesse quel^ lo spazio entro cui io potessi esercitare lo sforzo necessario per allargare ancora di più la possibilità del rappresentabile. Sono state le lunghe lotte - ormai arcaiche se non mitiche - de gli Anni Cinquanta e quelle, ancora ribollenti, dei primi Anni Sessanta, a preparare il terreno a questa inclinazione alle ri_ forme e alla tolleranza da parte della società borghese italia na. La censura che un tempo censurava un seno scoperto, ora è giun ta a lasciar passare, appunto, il dettaglio di un sesso in pri^ mo piano; e la magistratura, che, un tempo condannava per una semplice illazione oggi è costretta a rendere molto più elast£ ca la nozione sacra del ''comune senso del pudore”. C’è, in que sti mesi, è vero, la minaccia di un ritorno all’ordine (non ci_ terò gli esempi). Ma io penso che ciò che si è stabilizzato si sia stabilizzato, ciò che è passato sia passato. Se non fo£ se così, ebbene, chi ha lottato, lotterà ancora: ma per difendere le ultime posizioni raggiunte. E' ragionevolmente da esclu dere che si debba ricominciare a lottare per difendere posizio ni più arretrate. La minaccia non viene più dal Vaticano nè dai fascisti, che, nell'opinione pubblica, sono già sconfitti e li. quidati, anche se ancora incoscientemente . L’opinione pubblica è ormai del tutto determinata - nella sua realtà - da una nuova ideologia edonistica e completamente, anche se stupidamente, laica. Il potere permissivo (almeno in certi campi) proteggerà tale nuova opinione pubblica. L'eros è nell'area di tale permissività. Esso è insieme fonte e oggetto di consumo. La socie tà non ha più bisogno di figli forti e obbedienti e di soldati. Ha bisogno di figli a conoscenza di nuove esigenze, e coscienti quindi dei nuovi diritti che sono stati concessi loro. Ma di questo dirò più avanti. Perchè io sono giunto all'esasperata libertà di rappresen

4 tazione di gesti e atti sessuali, fino, appunto, come dicevo, alla rappresentazione in dettaglio e in primo piano, del sesso? Ho una spiegazione, che mi fa comodo e mi sembra giusta, ed è questa. In un momento di profonda crisi culturale (gli ultimi Anni Sessanta), che ha fatto (e fa) addirittura pensare alla fi ne della cultura - e che infatti si è ridotta, in concreto, allo scontro, a suo modo grandioso, di due sottoculture, quella della borghesia e quella della contestazione ad essa - mi è sem 'orato che la sola realtà preservata fosse quella del corpo. Cioè in pratica, la cultura mi è sembrata ridursi a una cultura del passato - popolare e umanistica - in cui, appunto, la realtà fi_ sica era protagonista, in quanto del tutto appartenente ancora all’uomo. Era in tale realtà fisica - il proprio corpo - che l’uomo viveva la propria cultura. Ora, i borghesi, creatori di un nuovo tipo di civiltà, non potevano che giungere a derealizzare il corpo. Ci sono riu sciti, infatti ne hanno fatto una maschera. I giovani sono oggi delle mostruose maschere "primitive" di una nuova specie di iniziazione - fintamente negativa - al rito consumistico. Il popolo è giunto con un po' di ritardo alla perdita del proprio corpo. Fino a pochi anni fa (quando io pensavo al "Deca meròn" e alla susseguente "Trilogia della vita") il popolo era ancora quasi completamente in possesso della propria realtà fi sica e del modello culturale a cui essa si configurava. Per un regista come me, che avesse intuito che la cultura (in cui egli si era formato) era finita, che non dava più realtà a nulla, se non appunto (forse), alla realtà fisica, era naturale conseguen za che tale realtà fisica si identificasse con la realtà fisica del mondo popolare. Dunque riassumendo: alla fine degli Anni Sessanta l'Italia è passata all'epoca del Consumismo e della Sottocultura, perdendo così ogni realtà, la quale è sopravissuta quasi unica mente nei corpi e precisamente nei corpi delle classi povere. Protagonista dei miei films è stata così la corporalità popolare. Non potevo - e proprio per ragioni stilistiche - non giungere alle estreme conseguenze di questo assunto. Il simbo

le della realtà corporea è infatti il corpo nudo: e, in modo ancora più sintetico, il sesso. Non sarei giunto in fondo alla rappresentazione della realtà corporea se non avessi rappresen tato il movimento corporeo per definizione. Il popolo può esse re anche casto, e condurre una vita monacale. Ma - almeno fino a pochi anni fa - non era diviso dal proprio sesso. La morale dell'onore - nel meridione - non avviliva o rimuoveva il sesso: anzi, lo esaltava. E così, del resto, la repressione esercitata dalle classi al potere. Castità e violenza sessuale erano viste con naturalezza. I tabù creavano ostacoli, non dissociazioni. Naturalmente al fatto che io scegliessi come protagonista dei miei ultimi films la realtà fisica del popolo, e la rag presentassi nella sua interezza, contribuiscono anche altre ra gioni, oltre a quella generale e profonda che ho detto. Per e- sempio, la ragione che i rapporti sessuali mi sono fonte di i- spirazione anche proprio di per sè stessi, perchè in essi vede un fascino impareggiabile, e la loro importanza nella vita mi pare così alta, assoluta, da valer la pena di dedicarci ben al_ tro che un film. Tutto sommato il mio ultimo cinema S una confessione anche di questo, sia detto chiaramente. E, siccome ogni confessio ne è anche una sfida, contenuto nel mio ultime cinema è anche u na provocazione. Una provocazione su più fronti. Provocazione verso il pubblico piccolo borghese e benpensante (che peraltro non si è lasciato affatto provocare, e ha semplicemente, e finalmente, riconosciuto nel cinema una sua realtà - naturale per il pubblico popolare, liberatoria per parte del pubblico borghe se). Provocazione verso la critica, la quale, rimuovendo dai miei films il sesso ha rimosso il loro contenuto, e li ha trova ti dunque vuoti, non comprendendo che l'ideologia c'era, eccome, ed era proprio lì nel cazzo enorme sullo schermo, sopra le teste che non volevano capire. Provocazione contro il moralismo gauchista, le cui Vestali si sono indignate e hanno gridato allo scandalo esattamente come le Vestali della tradizione ("Potè re operaio” ha usato in proposito lo stesso linguaggio, anzi, le stesse parole, dei Pubblici Ministeri). Sì, non ho voluto fare del cinema politico d'intervento, non ho voluto fare nean che della politica romanzata. Intatti, fra non molto, molti si vergogneranno dei loro films degli Anni Sessanta (vergogna con

6 divisa dai loro destinatari). Io no, non mi vergognerò. Già tanto per cominciare - la responsabilità, che mi veniva vergo= renosamente attribuita, di aver creato un genere cinematografico volgare e commerciale,si è stinta, e si è rivelata per quel fatto passeggero e irrisorio che era. Posso invece vantarmi, se mai, di aver costituito il necessario precedente per i films di Bertolucci e di Ferreri. E, inoltre, potrei anche vantarmi di a ver inciso coi miei films sul costume italiano e sulla sua evoluzione, sulla liberalizzazione dell’opinione pubblica e sulla decongestione del "comune senso del pudore". Di questo, invece, non mi vanto. Anche se ne "Il Fiore delle mille e una notte" e nel prossimo film, che avrà per tema esplicitamente la "ideolo già", continuerò a rappresentare anche la realtà fisica e il suo blasone, Tetis, mi pento dell’influenza liberalizzatrice che i miei films eventualmente possano aver avuto nel costume sessuale della società italiana. Essi hanno contribuito, infatti, in pratica, a una falsa liberalizzazione, voluta in realtà dal nuo ve potere riformatore e permissivo, che è poi il potere più fascista che la storia ricordi. Nessun potere ha avuto infatti tanta possibilità e capacità di creare modelli umani e di impor li come questo che non ha volto e nome. Nel campo del sesso, per esempio, il modello che tale potere crea e impone consiste in una moderata libertà sessuale che includa il consumo di tut_ to il superfluo considerato necessario a una coppia moderna. Ve nuti in possesso della libertà sessuale per concessione, e non per essersela guadagnata, i giovani - borghesi, e soprattutto proletari e sottoproletari - se tali distinzioni sono ancora possibili - l’hanno ben presto e fatalmente trasformata in ob bligo. L'obbligo di adoperare la libertà concessa: anzi, d’approfittare fino in fondo della libertà concessa, per non parere degli "incapaci" e dei "diversi": il più tremendo degli obbli. ghi. L’ansia conformistica di essere sessualmente liberi, trasforma i giovani in miseri erotomani nevrotici, eternamente insoddisfatti (appunto perchè la loro libertà sessuale è ricevuta, non conquistata) e perciò infelici. Così l'ultimo luogo in cui abitava la realtà, cioè il corpo, ossia il corpo popolare, è an ch'esso scomparso. Nel proprio corpo i giovani del popolo vivono la stessa dissociazione avvilente, piena di false dignità e di orgogli stupidamente feriti, che i giovani della borghesia. Se volessi continuare con films come "Il Decameron" non potrei più farlo, perchè non troverei più in Italia - specie nei giovani - quella realtà fisica (il cui vessillo è il sesso con la sua gioia) che, di quei films è il contenuto.

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