La riforma della scuola secondaria di secondo grado, che, sembra ormai certo, entrerà in vigore dal prossimo anno scolastico, presenta un quadro molto complesso e ancora non del tutto definito.
È in atto da parte del Ministro una politica dell’”andiamo avanti a tutti i costi”, che forse è spiegabile con l’imperativo di realizzare consistenti risparmi nel settore scuola, nonostante il giudizio sostanzialmente negativo del CNPI e il parere contrario a maggioranza delle regioni per la riforma dei licei e degli istituti professionali.
Una cosa è sicura: la riforma delle superiori comporterà tagli notevoli, è assodato, infatti, il calo consistente dell’orario complessivo per tutti gli indirizzi. Tanto più consistente se si considera il numero notevole di sperimentazioni in atto, nelle quali erano state aumentate le ore di lezione rispetto al regime tradizionale.
Per di più era previsto, originariamente, che nei Licei la riduzione dell’orario coinvolgesse anche le classi seconde, negli istituti tecnici che i nuovi moduli orario si applicassero anche alle classi terze e quarte e negli istituti professionali alle seconde e alle terze. Ora, sembra che, il ministro Tremonti permettendo, sarà possibile partire solo con le classi prime.
Il riordino
La necessità di un riordino dell’istruzione superiore era, senza dubbio, un problema largamente condiviso: occorreva ridurre la pletora di indirizzi, che si erano accumulati nel tempo, ed anche procedere ad un ridimensionamento dell’orario complessivo.
La proposta di riforma del ministro dell’istruzione, infatti, si caratterizza per due interventi principali: la ridefinizione di un numero massimo di indirizzi per tipologia di scuola e la riduzione dell’orario d’insegnamento(nei licei: 27 ore settimanali nel primo biennio e a 31 nel successivo triennio, con l’eccezione di un orario più consistente nel liceo artistico e in quello musicale/coreutico; negli istituti tecnici e professionali: 32 ore settimanali).
La prevista riduzione del numero di indirizzi mi sembra che si sia nel tempo parecchio appannata.
I licei sono 11: Classico, Scientifico, con l’opzione dello Scientifico tecnologico, Linguistico, Artistico con tre opzioni, delle Scienze sociali con la variante dell’indirizzo Economico e sociale, Liceo musicale e Liceo coreutico; che, se non vado errata, non si configura una reale contrazione rispetto alla situazione precedente.
Gli indirizzi degli Istituti tecnici erano originariamente 11, ora vengono già messe in conto 16 articolazioni con la proposta di ulteriori opzioni. Per gli istituti professionali se n’erano stabiliti 6, ma anche qui sono cominciate a fiorire le opzioni.
Per tutti gli indirizzi si prevede una durata quinquennale e un percorso scandito in un primo biennio, un secondo e un anno terminale; il primo biennio costituisce il compimento dell’obbligo scolastico. Gli indirizzi sono già ampiamente diversificati nel primo biennio.
A questo proposito desta una certa meraviglia il Liceo delle Scienze sociali che, diversamente da tutti gli altri, non presenta discipline d’indirizzo nel primo biennio. A ben guardare, non si comprende proprio la sua esistenza; con una certa cattiveria mi viene da pensare ad un indirizzo di second’ordine, buono per accogliere i bocciati degli altri licei o quelli usciti zoppicanti dalla scuola media, soprattutto se provvisti di genitori che non vogliono rinunciare alle ambizioni liceali per i propri figli.
Nel merito
Sappiamo tutti che, all’inizio della scuola superiore, gli studenti incontrano difficoltà rilevanti, che le bocciature, in particolare nei professionali, raggiungono percentuali notevoli, che la dispersione scolastica è alta e che le indagini internazionali mostrano un livello medio degli apprendimenti basso e una consistente variabilità territoriale.
Di fronte ad un quadro di questo genere ci si sarebbe aspettati una riflessione seria e ponderata prima di varare una riforma. Questo non è stato.
Mi limito ad un solo rilievo sul primo biennio delle superiori che ha anche la funzione di completare l’obbligo scolastico.
Le tre tipologie di scuola superiore si presentano chiaramente differenziate, questo implica una scelta ben precisa da parte degli studenti o, per meglio dire, per lo più delle famiglie, sulla base di parametri economici o di merito, ma mi permetto dire di un merito molto grossolanamente inteso: quelli con buoni voti sono destinati al liceo e gli altri, a scalare, nei tecnici e nei professionali.
Questi ultimi sono, attualmente un ghetto e tale resteranno, altro che la sbandierata rivitalizzazione e rivalutazione degli stessi.
Quindi, la previsione è quella di una dispersione il cui valore rimarrà costante. Un prezzo questo che, anche solo in termini economici, non mi sembra che il nostro paese si possa permettere.
Due erano le strade che, a mio avviso, si sarebbero potute percorrere. L’una era quella di un biennio costituito da un nucleo comune e da una serie di opzionalità, in cui lo studente potesse muoversi in maniera sufficientemente flessibile. A questo proposito un articolo di Daniele Checchi spiega con chiarezza le opportunità offerte da un biennio unitario rispetto ad una precoce scelta d’indirizzo. http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001171.html
È chiaro, che in questo caso, sarebbe stato necessario rivedere profondamente i curricoli, individuare i saperi essenziali i e rispettivi contenuti necessari a chiunque, definire le opzionalità e le modalità di scelta e di passaggio, e prospettare le modalità attraverso le quali realizzare l’attività didattica.
Oppure, lasciando gli indirizzi diversificati , come , infatti, è avvenuto, si poteva focalizzare l’attenzione almeno sui professionali che più degli altri istituti sono in sofferenza e cercare di affrontare nel modo più efficace possibile le problematiche legate all’apprendimento che qui si manifestano .
È questo il senso dell’intervento tenuto da Valerio Vagnoli, al convegno “Obbligo scolastico e formazione professionale”
“Penso invece che proprio nei confronti dei ragazzi che alla fine della scuola media sono ancora lontani dal completamento delle competenze di base si debba usare un criterio piuttosto omeopatico che non generalista e quantitativo, che rischia di demotivarli definitivamente. Forse queste competenze si possono costruire facendo leva proprio sulla formazione professionale, che può fare da battistrada al percorso dell’istruzione. Intendo dire che sarebbe meglio iniziare con poche ore dell’area che chiameremo, per intenderci, “culturale”, per poi aumentarle in un secondo momento.” (http://gruppodifirenze2.blogspot.com/2009/11/obbligo-scolastico-piu-opportunita-piu.html)
Nello schema di regolamento sono proposte, invece, su 1056 ore complessive, ben 660 di attività e insegnamenti di istruzione generale.
Allora cosa possiamo aspettarci da questa riforma ? A ben sperare che non abbassi, ancora, i livelli medi d’apprendimento degli studenti italiani.
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Note
Per chi interessato, a questo indirizzo si possono trovare i pareri del CNPI e DPR di riforma dei Licei, degli Istituti tecnici e di quelli professionali: http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/riforma_02.html