Il 6 gennaio del 1907 fu aperta, in Via dei Marsi 58, nel quartiere di San Lorenzo a Roma, la prima “Casa dei bambini”. Il “discorso inaugurale”, di cui si riporta un brano, fu tenuto il 7 aprile dello stesso anno, per l’inaugurazione della seconda “casa”. Cento anni ci separano da quegli avvenimenti e, forse, il discorso di Maria Montessori potrà apparire datato, ,sia sul piano delle idee sia su quello del linguaggio, non privo di enfasi e di coloriture accese. Rappresenta, però, una testimonianza importante, anche dal punto di vista storico, delle condizioni di vita inaccettabili del proletariato urbano; e, contemporaneamente, mostra la consapevolezza delle problematiche sociali legate a quella situazione, e la volontà di progettare e realizzare interventi complessivi per risolverle. E che dire dell’istituzione delle scuola dell’infanzia come strumento di progresso civile e culturale? Un dubbio e una domanda: siamo proprio convinti di trovarci di fronte ad un documento datato?
Maria Montessori, Discorso inaugurale in occasione dell’apertura di una “Casa dei bambini” nel 1907, in La scoperta del bambino, Milano, Garzanti, 1970, pp. 361- 369.
Può darsi che la vita dei poveri sia una cosa, che qualcuno di voi, qui presente, non abbia mai considerato in tutta la sua degradazione. Può darsi che abbiate sentito la miseria della estrema povertà umana soltanto attraverso le pagine di qualche grande libro, o la vibrante voce di un grande attore.
Supponiamo che in un certo momento una voce vi gridi: – Va’ e guarda queste case di miseria e della nera povertà. Poiché esse sono sorte, fra il terrore e le sofferenze, oasi di felicità, di nettezza e di pace. I poveri avranno una casa propria. Nei quartieri dove regnavano la povertà e il vizio si sta svolgendo un’opera di redenzione morale; le coscienze del popolo saranno redente dal torpore del vizio, dalle ombre dell’ignoranza. Anche i piccoli hanno la loro “casa”.
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Ho parlato così affinché voi possiate intendere il grande significato, la vera bellezza di questa umile stanza, che sembra parte della casa stessa, quasi destinata dalla mano di una madre all’uso e alla felicità dei bambini del quartiere. Questa è la seconda “Casa dei bambini” aperta nel malfamato quartiere di San Lorenzo.
Questo quartiere è molto noto: ogni giornale della città reca quasi quotidianamente resoconti dei suoi misfatti. Eppure ci sono molti che ignorano le origini di questa parte della città.
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Il rione di S: Lorenzo sorse tra l’84 e l’88, all’epoca della grande febbre edilizia; e nessun criterio sociale e igienico guidava le nuove costruzioni; si costruiva pur di coprire di mura metri e metri quadrati di terreno; più se ne copriva e maggiori sovvenzioni se ne ricavavano da banche e istituti, con una completa incoscienza dell’avvenire disastroso che si preparava. […]
Scoppiata la inevitabile crisi edilizia all’88-90 quelle case malamente ultimate rimasero per lungo tempo disabitate; poi, poco per volta, cominciando a risentirsi il bisogno delle abitazioni, vennero riempiendosi d’inquilini; e poiché coloro che erano rimasti possessori di quei vasti casamenti non volevano né potevano ai capitali già perduti aggiungerne dei nuovi, le case stesse già antiigienicamente costruite e peggio ancora ridotte ad abitazioni provvisorie, servirono di ricovero alla classe più povera della capitale. Gli appartamenti, di cinque, sei, sette stanze, andavano a prezzi vivissimi in relazione allo spazio, ma troppo alti per ogni singola famiglia. Di qui il subaffitto e la speculazione: l’agglomeramento, la promiscuità, l’immoralità.
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Qui pei fanciulli che nascono bisogna mutare la frase consueta: essi non vengono alla luce, vengono alle tenebre, e crescono tra le tenebre e i veleni dell’agglomerato umano.
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L’Istituto Romano dei beni stabili si pose, come programma, l’acquisto di beni stabili urbani al fine di metterli in valore e amministrarli con particolari criteri. Tra i primi edifici acquistati fu compresa buona parte del quartiere si San Lorenzo. Si trasformarono le case con criteri di modernità, sia sotto l’aspetto edilizio, sia igienico e morale.
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Ma il progetto andando oltre ha inteso dare non solo una casa libera, ben soleggiata ed aerata, bensì anche linda, intatta, quasi lucente di purezza e di verginità. Tanto benessere non è tuttavia senza peso per chi ne gode: occorre pagare una tassa attiva di cure, di buona volontà. Chi meglio conserverà la propria casa avrà un premio annuale; e gli inquilini tutti diventeranno concorrenti in una gara sana e nobilitante d’igiene pratica, resa possibile dal compito così semplice di conservare.
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Ed ecco l’altra riforma che rientra, indirettamente, nelle spese di manutenzione, e che si può chiamare la più brillante trasformazione di spese. La “Casa dei bambini” viene guadagnata dai genitori col tener pulito lo stabile, col risparmiare cioè le spese di manutenzione. Corona meravigliosa di benefici morali.
Nella “Casa dei bambini” riservata esclusivamente ai piccini del casamento che non hanno ancora l’età della scuola, le madri lavoratrici possono lasciare tranquilli i figliuoli, con loro immenso beneficio, con risparmio di forza, con grande sollievo di libertà. Ma anche questo beneficio non è senza tassa di cure e di buon volere: lo dice il regolamento appeso sulle mura dello stabile: “le madre hanno l’obbligo di mandare i loro bambini puliti e di coadiuvare all’opere educativa della direttrice”.
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Il caso è nuovo anche per l’organizzazione pedagogica della “Casa dei bambini”. Essa non è un ricovero passivo dei fanciulli: ma una vera scuola di educazione, i cui metodi sono ispirati ai razionali principi della pedagogia scientifica. Viene seguito e diretto lo sviluppo fisico dei bambini, che sono studiati nel loro lato antropologico; gli esercizi del linguaggio, dei sensi e della vita pratica formano le basi principali delle cognizioni. L’insegnamento è eminentemente oggettivo, e dispone di una ricchezza non comune di materiale didattico.
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Un altro progresso raggiunto dall’istituzione della “Casa dei bambini” riguarda la pedagogia scientifica. Essa, basandosi sullo studio antropologico dell’allievo da educare, toccava solo una parte della questione positiva che tende a trasformarla. Poiché l’uomo non è solo un prodotto biologico, ma anche un prodotto sociale, e l’ambiente sociale degli individui in via d’educazione è la casa con la famiglia. Ora, invano cercherà la pedagogia scientifica di migliorare le nuove generazioni se non giunge ad influire anche sull’ambiente ove le nuove generazioni sorgono e crescono. Tutte le applicazioni d’igiene pedagogica sarebbero vano tentativo se la casa dovesse rimanere chiusa ad ogni progresso. Io credo dunque che aver inteso la casa come strumento di essenziale progresso civile, cioè aver risolto il problema di poter direttamente modificare l’ambiente delle nuove generazioni, sia stato rendere possibile l’attuazione pratica dei principi fondamentali della pedagogia scientifica.”