A. Zamperini, L’indifferenza, Torini, Einaudi, 2997, pp.VII – 185, € 16
L’indifferenza, evocata e presentata come una patologia che, ormai, alligna fra di noi, viene affrontata da Adriano Zamperini in un percorso che sfugge agli schemi consueti.
Un’indagine che ha il pregio non piccolo di andare oltre quello che essa rappresenta nel comune sentire o nelle “virtuose” forme del biasimo sociale. Un’indagine che vuole, insomma, “deviare dai sentieri usuali e risalire alle spalle dell’indifferenza.” (p. 12) Infatti, gli indifferenti sono: “Figure processate e condannate quotidianamente. Messe all’indice per l’esibita mancanza di sensibilità.” (L’indifferenza) “è il mostro responsabile dei più disparati eventi negativi. Uno stato della mente patologico. Malattia morale e psicologica che si traduce nel sintomo del gesto inevaso.” ( p. 7)
Attraverso la lente della psicologia sociale, l’indifferenza si presenta, invece, come condizione emozionale, segnale “del tipo di rapporto intrattenuto con il mondo. Per sé e per gli altri.” (p. 71). Le emozioni sono costruzioni sociali, “costituite, e non solamente disciplinate, da regole ed aspettative sociali.” ( p. 94) Quindi, anche l’indifferenza può essere studiata da questo punto di vista.
“Il fenomeno dell’indifferenza ben coglie il respiro della contemporaneità: l’apnea. Un trattenere il respiro per meglio adattarsi alla realtà sociale – la nostra realtà sociale.” (p. 176) L’indifferenza come mimetico conformarsi al sentire comune, perché, altrimenti, si viene stigmatizzati come devianti.
Ma vi è anche la possibilità di sottrarsi, di trasgredire l’indifferenza. “Usare le emozioni come pratiche che pongono in discussione la gerarchia. Per mettere in tensione i rapporti interpersonali e collettivi. ( p. 168) ” “Emozioni dissidenti possono insinuarsi nel fluire dell’interazione ordinaria sovvertendone lo stereotipato andamento.” (p. 179)
La lettura di questo saggio presenta, per me, altri pregi. L’indagine di Zamperini procede per figure (il passante, il buon samaritano, il sonnambulo, lo straniero), attraverso esempi tratti da romanzi (avvincente l’analisi del libro di A. B. Yehoshua, Il responsabile delle risorse umane. Passione in tre atti.) e da storie di vita e questo rende gli elementi presentati e i concetti esposti consistenti, quasi palpabili.
Poi, sollecita forme non innocue di autocritica, rispetto a nostri comportamenti che non sentiamo come riprovevoli, anche se in altri li censuriamo, o che dimostrano il nostro essere culturalmente standardizzati più di quanto siamo disposti ad ammettere.