Doveri , consumi, conflitti: Maura continua il suo periglioso viaggio nell’italiano per stranieri (migra-NTI?), e ci mostra che il verbo “insegnare” mal sopporta l’imperativo… Leggete!
si comincia (tra i ricordi)
Se hai dimenticato i pennarelli e vedi che il collega dell’ora precedente ti ha lasciato i propri alla lavagna, aspetta a rendere grazie al suo nome. Sono senza dubbio scarichi.
Mentre affondo le mani nella borsa e commento a modo mio, sento gli altri accordare gli strumenti di lavoro, qualcuno conclude una telefonata e lo schiocco di un saluto tradisce l’ultimo arrivato.
Non riescono a distrarmi, sono intrappolata nel ricordo della borsa di mia madre, insegnante in una scuola media. Da bambina ammiravo spesso quel sacco sventrarsi di ogni bene che non fosse quell’unico cercato. Se con gli anni sorprendiamo in noi scampoli degli altri, è quando sono loro complici i nostri oggetti più fidati che avvertiamo la banale vischiosità del destino.
Quando riemergo col pennarello di scorta, è troppo tardi, Ariful è già a metà articolo. Obama strappa altri Stati a Hillary e cambia tutto, poi vedi, perché Obama non è un nero qualsiasi, ma un nero cresciuto alle Hawaii, figlio di una bianca e di un immigrato africano e figliastro di un’indonesiano, e poi devi capire che quando vincono i repubblicani, gli americani vanno in Medio Oriente, quando vincono i democratici, restano in Europa, vedi che è successo adesso con il Kossovo?
“Leggi dopo, oh mio politico, ora… se no disturbiamo…”. È il più informato, anzi direi che la voracità con cui agguanta il mio giornale lo distingue nettamente dagli altri.
“Guarda, te digo una cosa”. E qui ride, ché sta arrivando una delle sue. “Damme una vergine e un giornale non letto da nessuno… e io sceglio il giornale!”
“A-ri-ful!”. Se persino Fareed ripara dietro un foglio a slogarsi le mascelle in furiosa libertà, prorompa pure lo stupore divertito della platea femminile.
“Manteniamo un tono per favore?! Facciamo finta di essere in un’aula e per esempio… io potrei fare l’insegnante”- gli stiro un sorriso – “e tu lo studente. Che dici!?”. Sì, confermo, ho i pugni sul fianco, è la scena a richiederlo.
“Ba bene, ba bene”. Si schermisce a braccia tese.
parole sprecate
Il protagonista oggi sarà l’imperativo e non si può dire che ci si sia girato attorno.
Nei giorni scorsi ho alleggerito il banco di una biblioteca di una pila di volantini sul risparmio idrico ed energetico. Si sollecita il consumo consapevole in una serie di comportamenti quotidiani cui nessuno può sfuggire, offrendomi una felice risorsa di frasi e occasioni costruite con l’imperativo. Ma soprattutto ad ogni nucleo di indicazioni è associato un gioco di parole che mi permette incursioni nei modi di dire più comuni.
Sono tutti incuriositi da questi coloratissimi pieghevoli, mentre parlando e rivelando io mi chiedo e anzi mi sorprendo di non essermelo chiesto prima… possibile che le pubblicità delle carte telefoniche, delle offerte di credito e della cioccolata, su tutti gli autobus, riportino ormai diciture e slogan nelle lingue più diverse, mentre le iniziative di risveglio della coscienza civica siano pensati solo per un pubblico italiano?
Ci siamo accorti che possono spendere, ma non ancora che possono sprecare.
O forse al fondo è quella gretta elaborazione della convivenza, per la quale noi siamo gli adulti, destinatari naturali del “Lei” e loro i nostri minori, cui non tutto può essere spiegato. E non sempre il ridicolo fa ridere anche loro…“Pensavo che così, oddio, non imparo mai” – disse una volta Edyta – “io facevo domande e mia signora rispondeva a voce alta, muovendo mani e verbi tutto all’infinito. Sono straniera, mica stupida, ho detto”.
il dovere della libertà
Il pensiero è veloce si sa, al mio, poi, non sto dietro. Ho davanti a me gli unici residenti in Italia costretti alla legalità, mentre mezzo paese vive in nero. Ho in mente Alì, elettricista afgano semi-analfabeta, sei anni di contributi versati allo Stato Italiano che lo ringrazia, vivamente, per essersene andato. I contributi vanno pagati, è un dovere del cittadino, cui infatti corrisponde il diritto alla pensione, ma solo un obbligo per l’immigrato, che se fosse sempre e davvero migra-nte – come fa tanto post-moderno chiamarlo – , lascerebbe l’Italia e perderebbe, invece, la pensione. La differenza fra dovere e obbligo è enorme e ne patiremo i danni, in termini di rancori sociali.
Sono i doveri, non i diritti a fare i cittadini. Poiché dobbiamo solo se e ciò che possiamo, allora è il mio dovere a dire della mia libertà.
Così ribaltando la prospettiva rispetto alle lotte per i diritti, questi mi sembrano d’un tratto più variamente diffusi: anche i minori e gli animali hanno diritti ad essi intitolati, il “potere” è invece nelle poche mani di chi “deve”. Il dovere, l’assunta responsabilità, è certificazione di fiducia da parte degli altri, inserisce e protegge in un sistema reticolato dove al mio dovere corrisponde il tuo diritto e viceversa. Muta, altrimenti, in mera condanna al sacrificio oppure in obbligo sotto minaccia di sanzione.
Quella mia ingenua soddisfazione…, allorché mi diedero da distribuire la traduzione in arabo dei principi fondamentali della Costituzione Italiana… All’inizio dei corsi occorrono settimane perché si assesti un po’ il numero, l’identità e la confidenza degli alunni tra di loro. Mi ero limitata a pensare che fosse un peccato avere in classe solo tre marocchini, quando Fareed eccitato ne passò una copia a Kamal, dicendo a gran voce: “Ecco, sei sistemato, così non puoi dire che non lo sapevi!!!”. Scoppiammo a ridere. E fu come aver cenato insieme decine di sere o essersi guardati ognuno nel sudore dell’altro dopo le medesime fatiche di lavoro. Accadono incontri, là dove, in un guizzo, la curiosità da bimbo vince la paura, dice “tanto ci sappiamo” e allora è uno scandalo ogni presunzione di alterità.
LEGGERE con attenzione!
Imperativi, sì, e pronomi collegati, gli imperativi sono tanti, tanti quanti i toni che una voce sa parlare, sì, son persa tra i pensieri, “dite-mi, avete capito? Fate degli esempi per ogni modo di dire. Guardate che io con voi uso sempre l’imperativo, quindi ascoltate-mi bene!”
Usa la lavatrice solo a pieno carico: NON GIRARE A VUOTO!
Pierre, Camerun: “girare a vuoto, certo certo, come quando ho fatto cinque volte avanti e indietro tra due uffici, ‘noi non lo sappiamo vai lì’, vado lì, ‘noi non lo sappiamo vai là [imperativo della professionalità]’, vado là e dico che sono ancora io, cinque volte, un pomeriggio… io non capisco, non potevano chiamarsi e capire chi doveva sapere?… ad un certo momento uno ha detto ‘aspetta vieni con me [imperativo del ‘m’hai mosso appietà’]…’e mi ha dato l’informazione che cercavo, ma io dico, cosa era cambiato rispetto a prima? le stesse persone capisci? sono stanco, è come avere tutto davanti a te, allunghi le mani, ma non prendi niente… chi dice una cosa, chi un’altra e poi tanto ogni volta deve essere il momento giusto e la persona giusta… sai che ha detto un mio fratello del Gabon? mi ha gridato sull’autobus ‘apri gli occhi fratello [imperativo della realtà]!! siamo ancora in Africa! cambiano solo due cose: la lingua e il colore!’
Quando esci di casa abbassa il riscaldamento: DATTI UNA REGOLATA!
Ariful, Bangladesh, in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno:
“Ma com’è che i tuoi contratti sono sempre di due, tre mesi, addirittura di 30gg!?”
“Non l’ho fatta mica io la Legge Biagi!”
“TU stai zitto [imperativo della democrazia]! Devi stare attento quando parli, hai capito!? ”
“…LEI ha ragione.”
Come scegliere il frigorifero: MOSTRA CHE HAI CLASSE!
Liena, Ucraina, discutendo con un caporaletto di Cesena:
“Se non ti sta bene, tornatene in Ucraina [imperativo della libertà di scelta], voglio vedere quanto prendi, voi lì, che vi mangiate le bucce della frutta!”
“Sì, ma solo con caviale!”