È possibile nello stesso tempo sentire la desolazione della realtà in cui si è immersi e lo slancio di una speranza ribelle.
Nel quadro di Gericault “La zattera della Medusa” è rappresentata la scena d’un naufragio. Sulla zattera stanno corpi riversi, alcune persone tentano, invano, di sorreggerli, due personaggi. in piedi, scrutano alla ricerca d’un aiuto, sventolando un drappo. L’insieme è angosciante, desolante, senza speranza non fosse per quel drappo che sventola e che forse qualcuno vedrà.
Oggi la scuola mi appare come questa zattera: un naufragio in cui non tutto è perduto, ma tutto è affidato al flebile sventolare d’un drappo colorato.
Mi sono chiesta non tanto chi risponderà all’appello, quanto chi stia sventolando il drappo, chi scruti il mare in cerca d’un salvifico approdo.
Non saranno gli insegnanti, quasi esanimi sul fondo della zattera, non saranno gli esperti o i dirigenti, probabilmente già in salvo su una più confortevole scialuppa, non saranno (né dovrebbe essere loro compito) i genitori, che talvolta addirittura “remano contro”. Saranno i ragazzi.
E’ un mio sogno? Un’illusione, una sorta di miraggio nel deserto di lavori che ci circonda?
Non so, non importa, vorrei rivolgermi ai giovani perché è giunto il loro momento: é l’ora della rivolta contro i padri. Una grande scrittrice, psicanalista, semiologia, Julia Kristewa, diceva che per diventare adulti bisogna uccidere la madre. Nel mito il giovane spesso diventa eroe quando si ribella al padre, si allontana e costruisce una vita sua, vive le proprie imprese.
Ragazzi é ora: rivolta contro i padri e le madri, questo è il vostro compito, questa la vostra salvezza, questo l’unico modo per diventare adulti e vivere la vostra vita. Ragazzi è un passaggio obbligato; padri e madri rassegnatevi, ma non senza combattere: ogni ribellione ha bisogno di un ostacolo!
Io, che vi scrivo, sono una donna che ha combattuto il padre, pur amandolo teneramente e profondamente; io ho ucciso mia madre con grande difficoltà ed ora lei mi é molto più cara e vicina perché io sono un’altra persona, diversa da lei. La sua morte metaforica (non facciano scherzi è una morte simbolica) ha liberato entrambe da un cordone ombelicale ormai secco e rattrappito. Sono anche un’insegnante e scrivo dunque sotto le vesti di adulto, figlia e insegnante, ma anche di persona che è stata giovane. Ragazzi e ragazze chiedete con forza ai vostri padri, alle madri:
- che siano più autorevoli, vi insegnino cosa è bene e cosa è male, vi indichino un limite. Superarlo o no sarà affar vostro;
- che vi dedichino più tempo, che siano più attenti a voi, che non siano infantili, che non diventino i figli dei loro figli e nemmeno, vero errore di natura i vostri amici;
- che siano più attenti all’ambiente, che non abbiano il mito del denaro, del consumo, della vita facile;
- che siano educati, tolleranti e che non abbiano paura degli atti, del confronto. Che se ne fa un figlio d’un padre che ha paura?
- che siano severi, che desiderino per voi semplicemente la vostra realizzazione, la felicità secondo come voi le avete concepite e le vorrete costruire.
Chiedete al potere, qualunque sia:
- che, aldilà di razza, sesso, reddito, dia a tutti le stesse possibilità;
- che chieda alla scuola di INSEGNARE, perché voi volete conoscere, sapere, esplorare. E la scuola, cioè gli insegnanti devono e possono rispondere;
- che premi chi merita senza farlo fuggire all’estero o farlo desistere per disperazione.
Vi aspetta un compito difficile: chiedere di impegnarvi, quando tutti vi invitano e fregarvene (sapete che “me ne frego” era uno dei motti del fascismo? Chi se ne frega è manovrabile!).
Vi aspetta una vera rivoluzione, ma da che mondo è mondo, la rivoluzione è compito dei giovani.
Coraggio, molti adulti, molti genitori, anche contestati o proprio perché contestati, vi seguiranno ammirati da tanta determinazione. Un rivoluzionario sa scegliere i suoi compagni di lotta.
Basta con l’ignoranza: rivendicate il rivoluzionario potere della conoscenza. Auguri!