F. Rigotti, Gola – La passione dell’ingordigia, Bologna, il Mulino, 2008, pp. 116, € 12,00
È il secondo libro pubblicato nella collana dei sette vizi capitali. Il vizio della gola, inizialmente primo fra tutti, venne spodestato dalla superbia e “declassato” a quinto, secondo l’ordine codificato da Gregorio Magno. Peccato carnale, anche nel senso che il suo effetto s’iscrive nel corpo è “ il vizio che si vede” (p.9) e che presenta un nucleo molto ricco di significati nel suo fare riferimento alla bocca luogo della doppia oralità: “ “come voce articolabile in parole e come luogo del mangiare e del bere…” (p. 63)
L’autrice ci conduce a scoprire i diversi modi di porsi di fronte al cibo con ricchezza di riferimenti, tratti dalla realtà e da varie forme di rappresentazione artistica. Si percorrono gli orrendi banchetti della mitologia. Si entra con Alcofribas nella gola di Pantagruele: “Il testo entra nel corpo e il corpo diventa testo, mentre parola e lingua e cibo si trovano insieme nell’immensa cavità interna della bocca.” (p. 64). Si gusta, infine, con il commissario Montalbano la caponatina che è “sciavurosa, colorita, abbondante..” (p.88)
Come si presenta oggi questo vizio, se ancora vizio può essere definito, perché proprio oggi i golosi sembrano venir esentati dalla colpa: “la grassezza è malattia, predisposizione ereditaria, condizione genetica.” (p.10)
Il nostro rapporto col cibo appare estremamente contraddittorio.
Sempre più, per effetto della globalizzazione, si assiste ad un continuo aumento degli obesi nel mondo, così come dilagano i McDonald’s: “un ulteriore passo verso l’omogeneizzazione, l’omologazione e l’uniformazione del mondo…” (p.101)
Per contrasto, all’abbuffarsi globale si contrappone il “piacere goloso del digiuno”, l’anoressia o la consapevolezza del “nostro saziarci grazie alla fame di tanti altri, dimenticando che se noi affoghiamo nel cibo altri non hanno niente da mangiare.” (p. 25)
Bisogna trarre godimento dal cibo, ma evitare qualsiasi impatto negativo sul corpo. L’imperativo è quello di un fisico snello e avvenente.
Ed ecco che le prescrizioni dietetiche sono diventate quasi le nuove tavole della legge.
Un saggio (ma potrebbe essere diversamente?) che comunica a chi legge il piacere di assaporare, di gustare per la perizia e l’estro con cui sono amalgamati i diversi ingredienti.