(La prima parte di questo articolo si trova QUI )
3. Il giudizio morale
Copiare il compito in classe è giudicato “molto” condannabile dal 17,1%, “abbastanza” dal 41,5% degli alunni, “poco” dal 27,3% e “per niente” dal 14,1%. La distribuzione delle risposte è orientata più al riconoscimento della norma di onestà e correttezza che alla giustificazione del raggiro, ma con una notevole percentuale di giudizi assolutori e con un’area intermedia (modalità “abbastanza condannabile”) che sembra voler dire sì è condannabile, però… Anche stavolta le variazioni da una classe alla successiva sono rilevanti. Dalla V elementare alla III media il giudizio “molto condannabile” cala dal 28,1% al 10,1%, mentre crescono in modo lineare i giudizi totalmente assolutori (“poco” passa dal 27,3% al 32,4%).
Dalla media alla superiore la progressione dei giudizi giustificatori prosegue vertiginosa, “poco” o “per niente” passa dal 41% di all’83,5%. Brutte notizie per l’educazione civica e la cultura della legalità
Come attesta il valore del coefficiente di correlazione (1), il giudizio è strettamente connesso alla pratica, chi più copia, più assolve il copiare. C’è infine è da notare che un quarto di coloro che affermano di non copiare mai considerano il copiare poco o per niente condannabile.
4. Copiare a chi nuoce?
Il senso che gli alunni assegnano alla violazione del divieto di copiare appare chiaro dalle risposte alla domanda: “Chi danneggia copiare in classe?” Per due alunni su tre non ci sono dubbi, copiare nuoce allo studente stesso “che prendendo un buon voto inganna se stesso”. Il 13% individua il bersaglio della violazione in “quelli che hanno studiato e non copiano”, intendendo forse rendere omaggio al valore dell’impegno. Il 6% sceglie “la persona dalla quale si copia”, quasi a segnalare il senso di un’appropriazione indebita. La risposta “il professore della materia”, in cui traspare il senso di colpa per avergliela fatta in barba, ottiene il 2%.
Le differenze tra gli alunni e gli studenti nell’identificare la “parte lesa” dal copiare sono consistenti. A cominciare dal fatto che pochi alunni (2,5%), ma parecchi studenti (27,5%) si sottraggono, infastiditi, alla domanda. Quanto alle modalità di risposta “Lo studente stesso che copia” passa da 64,4% degli alunni al 26,6% degli studenti, le altre variano in misura contenuta. I mutamenti rispecchiano lo sviluppo psicologico dei giovani. Con l’età, diminuiscono le espressioni autoreferenziali e cresce l’importanza dei rapporti con gli altri, gli insegnanti e i compagni e il riconoscimento delle regole della convivenza con l’indicazione come “parte lesa” dal copiare l’interesse comune e dell’onestà, che passa dal 5% di consensi tra gli alunni al 9,3% tra gli studenti. Certo, la maturazione delle coscienze, di per sé fisiologica, non riesce però a nascondere l’estrema modestia delle sue dimensioni. Nella maggior parte dei casi il crescere dell’età e della consapevolezza si sviluppa in forme ideologiche che legittimano il copiare e il proliferare delle pratiche di raggiro. Da un certo punto di vista questa tendenza può non destare meraviglia, i comportamenti trasgressivi diventano più frequenti via via che i giovani crescono passando dall’infanzia all’adolescenza. Ma non ci pare che questa sia una buona ragione per minimizzare la portata del fenomeno di cui ci stiamo occupando, ma una ragione di più per studiarlo e contrastarlo.
5. La carriera del copiatore
L’arte di copiare non è casuale, né estemporanea. E’ il frutto di un processo di apprendimento e di socializzazione che inizia nelle elementari, dove probabilmente persistono incertezze cognitive circa le regole sociali e il loro significato, si sviluppa degli anni della crescita e nel corso della frequenza scolastica fino a raggiungere il livello più alto nell’ultima classe della secondaria superiore. Non si esaurisce nella prassi e nella tecnica della copiatura. Collocandosi sullo sfondo di immagini collettive, di credenze e atmosfere condivise, comprende gli stati d’animo, il giudizio morale e il modo di rappresentare la “vittima” del copiare. Si diffonde e si radica gradualmente con il succedersi delle classi, il trascorrere della vita dell’individuo, dall’infanzia fino alle soglie dell’età adulta.Varia poco con l’appartenenza sociale. Soltanto il grado di istruzione dei genitori influenza moderatamente, nel senso intuitivo, la frequenza e il giudizio sul copiare, più alto il titolo di studio, più bassa la frequenza del copiare (mediata dal miglior rendimento scolastico) e più severo il giudizio. Sul piano della rappresentazione di ciò che il copiare lede non emergono differenze né di classe né di ceto. La magra percentuale di risposte che mettono in conto “l’interesse comune all’onestà e alla correttezza” è uguale per tutti.
1) Il valore del coefficiente di correlazione di Pearson è pari a 0,290.