Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 16 novembre 2008 – 22 febbraio 2009
Se volete vedere l’Italia con gli occhi di un amante che si avvicina e si allontana dalla sua amata, ma rinnova sempre il suo sentimento e lo racconta come un incanto sempre nuovo, allora non potete perdere la mostra Turner e l’Italia a Ferrara: inaugurata il 16 novembre e aperta fino al 22 febbraio 2009, andrà poi in Ungheria e in Scozia.
Come Turner si preparò alla venuta in Italia attraverso le opere di Lorrain e Willson, così i curatori ci introducono ai suoi lavori con i paesaggi di Lorrain,e la Roma al ponte Milvio di Wilson, o a Tivoli il tempio della Sibilla, come a suggerirci: “attenti, è un pittore ottocentesco dal gusto neoclassico e da tale prospettiva comincia a raccontare ciò che vede, le emozioni che prova, e che lo sconvolgono”.
“Monte san Gottardo, “Ponte del diavolo” : una prepotenza di luci e un impeto di scrosci d’acqua ti butta al di qua delle Alpi , oltre l’orrido del precipizio..
Poi si ricompone in scene naturalistiche: “Campagna” , ” il ponte con le capre “, ma dal persistere della luce e dalla traccia grafica si scompone una sua riconoscibile magia che scivola dal cielo verso il fiume e in morbida nebbia trasforma le vedute da italiane ad inglesi, da scozzesi in napoletane.
Così la maestria epica passa tra il lago di Thun e il ghiacciaio di Chamonix, ove montagne maestose e torrioni irti si confondono e tra le nebbie sale una poesia struggente.
Il” Passo del San Gottardo” , “Il Monte Bianco “ diventano paesaggi di un mondo fantastico , il suo sguardo abbraccia tutta il paesaggio come da un grandangolo: le nuvole sembrano sinistre, ma il fondo valle ha una luce accogliente.
“Il lago d’Averno “, “Enea e la Sibilla Cumana” sembrano richiamarci all’impegnativa cultura neoclassica, ma “Gibside: contea Durham” sembra un’incredibile piana di castelli, quando la mattina lentamente la nebbia si alza e bagliori di sole illuminano i colori della miriade di fiori e diventa una proiezione lirica fuori dal tempo .
“Il Golfo di Napoli” è avvolto da un rosso fuoco, quasi il Vesuvio ancora eruttasse verso l’alto i suoi bagliori.
“La cascata di terni “è lo scoppiettante germogliare di spruzzi.
Sui quaderni di appunti migliaia di schizzi che elaborerà al rientro dai viaggi.
“Il castello dell’Ovo” galleggia nelle nebbie del cielo e della terra, “Il Vesuvio” fuma come nelle più trite foto dì epoca posteriore, e a “Roma” anche le mura antiche bianche, grigie sono abbracciate da verdi tamerici e schermate da una nebbia che si pone fra l’artista e la realtà :è tremore o paura di accontentarsi del reale?
Anche noi ci lasciamo assorbire spaesati fra spiagge cieli e luce delle campagne romane.
Velature gialle, rosa, azzurre contornano gli edifici di Edimburgo come quelli di Fiesole: pioppi come ragazzi servono a scambiare toni di vitalità
“I templi di Paestum” vengono immortalati per un futuro a noi inconcepibile,” Villa madama al chiar di luna” richiama cantiche leopardiane, negli acquarelli successivi le vedute di Genova, Roma, Firenze sfumano nel sogno azzurro dei loro cieli ; poi le montagne blu della Val d’Aosta che sfidano come lame compatte case e castelli.
Dopo equilibrate composizioni da Metatastasio “ Palestrina” e “Lago di Nemi” la provocazione della veduta di Orvieto propone nuove tecniche quasi ostili e paganeggianti, per giungere alla “Visione di Medea” ,vortice di colori che rimanda a Tiziano, incubo tra incantesimo di bolle e di colori caldi sparati da una luce abbagliante.
Così Venezia diventa altro : c’è una prepotenza nuova nella laguna, si affastellano tratti scuri quasi neri in primo piano e comignoli e campanili sfumano nelle nebbie del cielo e dei canali. Venezia emerge e dissolve in caldi tramonti, in argentee albe, in tante tonalità di blu o nell’azzurro terso di altri cieli.
La luce sfuma ogni contorno o ogni contorno si dissolve nella luce, scivolano le barche quiete su Canal Grande mentre il cielo arrossisce. Si alternano una venezia di luce e di dolore di bianchi tenui e di ombre lontane lontane.
Colore come luce allo stato puro
L’ultima maniera rende un senso del fantastico che oltrepasserà gli impressionisti e i simbolisti.