H. Garner, La stanza degli ospiti, trad. di D. Vezzosi, Milano, Mondatori, 2009, pp.191, € 18,50
Leggere questo libro permette di ritrovare la distanza dal recente ed orribile frastuono sulla morte. Si tratta, infatti, di un libro che parla della fine della vita e dei difficili percorsi della persona che muore e di chi vuole accompagnarla in quei momenti, narrandolo con lancinante sincerità, senza forzature e senza occultare la realtà rivestendola di comportamenti o sentimenti virtuosi.
Helen accoglie “nella stanza degli ospiti” l’amica Nicola, malata terminale di cancro, e scopre che lei non ammette la sua situazione e si aggrappa ad un ciarlatano che promette un’impossibile guarigione.
Helen viene chiamata non solo a curare l’amica ma anche, ed è questo il suo atto d’amore più grande e, forse, più difficile, “a dirle che sta per morire”. (p.16)
Nicola che inalbera un terribile sorriso perennemente stampato sul volto: una barriera che non consente agli altri di raggiungerla e di recarle conforto. Lei che confessa: “in tutta la mia vita non ho mai voluto annoiare la gente con quello che provo.” (p. 139)
Le due amiche riusciranno alla fine a trovare le parole per comprendersi, tali da consentire l’accettazione della verità.
“ Non ci fu bisogno che parlassi. Alzò gli occhi su di me e lo disse lei stessa, mentre le mettevo in mano un tazza. << Alla fine di tutto questo c’è la morte, vero?>>” (p.171)
L’autrice ci costringe a guardare l’ineluttabilità della morte e la pena del morire e la realtà del “prendersi cura”, che è amore che non può non fare i conti con la fatica, la sofferenza ed anche i momenti di ripulsa e di rabbia.