Un controcanto ai Diari della sogliola e non per contestarli o negarne la verità, ma per interrogarsi sui sentimenti di rassegnazione, di sconsolata rinuncia o, anche, sulle contraddizioni che si rivelano negli adulti.
Nonostante l’attacco in corso da parte del Ministero, la scuola secondaria non ha risposto con la stessa compattezza e costanza della scuola primaria. Non si tratta solo del diverso impatto che la riforma avrà nei vari ordini di scuola; tra i colleghi, infatti, c’è molta disinformazione, disinteresse e pressapochismo, ma soprattutto si respira una strana aria di resa. Ora, se è vero che i sentimenti sono l’espressione di un apprendimento diventato inconscio, a cosa è dovuta questa rassegnazione?
Prendendo a modello la rubrica della professoressa Chiappini, ho raccolto alcune istantanee di quest’anno scolastico che forse non hanno nessun rapporto con quello che ci sta succedendo, o forse sì. Nessuna volontà comunque di dare risposte, ma solo il tentativo di porre la domanda nel modo giusto. Nella speranza che a settembre tutti gli insegnanti, i genitori e gli alunni sappiano dimostrare con forza di voler ancora difendere quella scuola pubblica che, nonostante tutto, rimane uno dei più importanti “organi costituzionali”(1).
Appunti per un Diario controsogliola
Detto in confidenza:
Confessione della professoressa sul sedile dell’autobus di ritorno dalla gita: “Beh, io li giustifico sai. Anch’io dei tanti concorsi ed esami che ho fatto prima di prendere questa cattedra, se ho potuto copiare l’ho sempre fatto. Bigliettini, cartucciere, sbirciatine. Per passare questo ed altro.”
Rapporti con i genitori
Durante la ricreazione, mostrando con aria di sfida un telefonino di ultima generazione: “Va bene prof., adesso non ricominci con la solita solfa, tanto non lo riporto. L’ho già detto a mia madre ed è stata contenta che l’abbia raccolto io dal pavimento del centro commerciale, così non avrà bisogno di regalarmene uno nuovo. Mi dica solo se le piace; fa anche le foto, sa?”
Il precario:
Dalla solitudine di una postazione internet. “Non mi pare del tutto sbagliato tagliare tanti posti tra i docenti, vista la poca stima che abbiamo di noi stessi. Siamo ormai ridotti a strapparci reciprocamente la nomina a colpi di falsi master e di chiamate private. Non serve a nulla difendere questo corpo in cancrena. La riforma, nel bene e nel male, farà piazza pulita di chi non è degno di insegnare alcunché. Chi rimarrà, allora, forse aprirà gli occhi. Non ci resta che sperare nelle disgrazie altrui.”
Un bilancio
Dentro l’ufficio di presidenza, discutendo di tagli: “Vista la situazione bisognerebbe, davvero, fare come una volta: bloccare tutti gli scrutini. Ma quando si faceva era veramente faticoso, ci voleva coordinamento sindacale e spirito di abnegazione, perché cercavano di costringerti in tutti i modi. Ma lo facevamo con il senso di difendere un bene comune; poi, non saprei dire quando, abbiamo cominciato a non sentire più questa appartenenza. Oggi le mura della scuola sono ancora le stesse, ma è come se si fossero svuotate. Non ti saprei dire perché, forse è stata l’Autonomia che ci ha corrotti. Mi ricordo che per la scuola si facevano tante ore non pagate, ora ci scanniamo per pochi euro.”
La madre:
Sbraitando, con gli occhi appannati da un dolore non lucido, chiede guardandoci negli occhi “Dove sono i progetti, le programmazioni, gli obiettivi stilati a inizio anno per mio figlio? Oggi che la psichiatria lo consegna in mano alla polizia, cosa hanno fatto le istituzioni democratiche per evitare che si arrivasse a tanto?” Noi, in preda ad un colpevole senso di impotenza, taciamo.
NOTA
1) Piero Calamandrei, “Difendiamo la scuola democratica”, in Per la scuola, Sellerio, Palermo 2008