C. Cremaschi, Malascuola ovvero: se io fossi il Ministro dell’Istruzione raddoppierei lo stipendio agli insegnanti (e altri rimedi meno piacevoli), Milano, Piemme, 2009, pp. 304, € 17,50
La prima cosa che colpisce è il numero di dati che, capitolo dopo capitolo, vengono presentati, possono provocare una subitanea ripugnanza ma, contemporaneamente, inchiodano ad una lettura che fornisce quella base non ideologica per ragionare sui cambiamenti “utili e possibili” nella scuola che è “decrepita, inadeguata, inefficiente”. (p.8)
Immaginando di essere Ministro dell’Istruzione, l’autore di fronte all’obiezione di chi dice che, prima d’investire soldi nella scuola, occorre risparmiare, tagliare gli sprechi risponde: “D’accordo, riorganizziamo, razionalizziamo, eliminiamo gli sprechi, riordiniamo, ottimizziamo…però tutto quello che si risparmia lo si reinvesta nella scuola, per migliorare il funzionamento, la qualità, la professionalità dei docenti.” (p.10) I docenti, appunto, rappresentano il fattore più importante del rinnovamento, questo è l’assunto sul quale si sviluppano tutte le proposte che Cremaschi mette in campo. Occorre, e questa è una condizione imprescindibile, aumentare in maniera considerevole loro lo stipendio, così come viene preannunciato già nel titolo.
Non è il caso, però, che gli insegnanti si rallegrino, perché quella frasetta far parentesi: (e altri rimedi meno piacevoli) annuncia una serie di proposte approntate con materiale urticante; l’autore ne è consapevole, al punto che nell’Epilogo, il documento di riforma del sistema scolastico viene racchiuso in una busta e…”Sulla busta scrivo solo due parole: IL SOGNO. “ (p.277)
In realtà, quel capitolo finale ha lo scopo di riaffermare quanto era già stato esplicitato all’inizio: l’intento di costruire “ un consenso abbastanza largo su quello che sarebbe giusto fare” (p.8), perché di una cosa Cremaschi è certo: “la scuola non può essere cambiata da una maggioranza politica o parlamentare” (p. 7)
Apprezzabile è, senza dubbio, che il sistema scolastico venga preso in considerazione nel suo complesso, anche se solo dal punto di vista organizzativo e gestionale e non da quello pedagogico- didattico, perché l’autore afferma che non si può mescolare e parlare sempre tutto.
Per entrare nel merito, si può cominciare con l’affermazione che è necessaria una riduzione del personale scolastico che viene dettagliatamente spiegata.
Per i docenti, poi, si prefigura una diversa organizzazione del lavoro, con un numero maggiore di ore e con un periodo più lungo da passare a scuola, e si propone, anche, l’articolazione della carriera.
Si prevede una riduzione dell’orario scolastico, con una frequenza annuale che si prolunga per 40 settimane, a vantaggio di un minor carico di ore settimanali e col sabato libero.
Viene rivendicata la necessità di selezionare, contro“l’universalismo disciplinare” contenuti e competenze fondamentali e la possibilità, in particolare nella secondaria, di suddividere gli argomenti in moduli semestrali.
Si richiede una scuola nella quale, stabiliti requisiti e criteri fondamentali a livello nazionale,venga lasciata piena autonomia di scelte organizzative e didattiche.
Non mi dilungo oltre, anche se diversi altri ambiti vengono affrontati.
Personalmente, alcune proposte non mi sono sembrate condivisibili, altre hanno suscitato perplessità, perché, a mio avviso, avrebbero richiesto una maggior articolazione, tuttavia questo è un libro da leggere, perché è su un quadro delineato, così, nella sua totalità che occorre confrontarsi, anche per formulare, se si dissente, controproposte.