La programmazione didattica modulare costituisce uno strumento indispensabile per il docente EDA: con essa infatti si elabora un vero e proprio piano strategico d’intervento in grado di far risparmiare molte energie durante il processo di svolgimento dei percorsi di formazione, a tutto vantaggio della concretezza, ovvero di interventi più strettamente aderenti al particolare momento.
La programmazione per moduli consente cioè l’operare in un quadro strategicamente delineato, e permette l’arricchimento, l’integrazione, la modificazione delle attività previste, senza essere appiattiti dalle urgenti e mutevoli esigenze immediate. In questa visione ciascun modulo viene a costituire una parte significativa, altamente organica ed unitaria, di un più esteso percorso formativo, disciplinare, pluri o interdisciplinare programmato. Si deve prestare una particolare attenzione al fatto che gli studenti hanno precedenti esperienze formative e/o posseggono competenze legate al vissuto personale e lavorativo. L’insegnante deve mettersi sempre in gioco e valutare il proprio operato in relazione agli allievi, che possono avere idee e criteri di apprendimento e valutazione completamente diversi dai suoi. Come sottolinea Vertecchi “…l’azione educativa è sempre un’attività a carattere sociale , e quindi in ultima analisi la valutazione della ricerca discende dal confronto con ipotesi che coinvolgono l’interpretazione della società e dei rapporti che la scuola ha con essi.”
L’impostazione a moduli non considera la valutazione esclusivamente come atto di verifica finale del processo di apprendimento, ma la utilizza in modo continuo ovvero come strumento di autoregolazione del lavoro scolastico.
Il processo si articola in tre momenti. Il primo precede l’inizio di ciascun modulo, in cui si scandisce la programmazione, e ha lo scopo di accertare la presenza negli alunni dei prerequisiti che lo rendono proponibile. Il secondo avviene durante lo sviluppo del modulo e del relativo decorso di insegnamento-apprendimento, al fine di offrire al docente tutte le informazioni di ritorno atte a rassicurarlo sull’efficacia del lavoro comune. Il terzo si colloca al termine dello sviluppo del modulo, per orientare gli atti decisionali del docente alla duplice direzione del recupero, per i corsisti che non abbiano realizzato livelli di apprendimento adeguati, e/o passare alla fase successiva. È evidente che quest’ultimo atto valutativo (verifica terminale) adempie a sua volta alla funzione di accertamento di nuovi prerequisiti per la continuazione del lavoro scolastico, secondo un andamento che si può definire “a spirale”. La valutazione, da atto burocratico-fiscale si converte così in strumento didattico.
LA VALUTAZIONE
La valutazione è necessaria in ogni attività umana per confermare i miglioramenti ed i raggiungimenti di obiettivi. Gli adulti fronteggiano ogni giorno un’autovalutazione delle proprie attività sia di tipo lavorativo sia legate alla sfera del privato. Vagliare l’oggetto del proprio lavoro è connaturato all’individuo ed ognuno si crea una scala personale di autovalutazione con criteri soggettivi definiti dal proprio vissuto.
La valutazione è fondamentale nel processo di apprendimento perché fornisce dati oggettivi all’insegnante sull’efficacia del proprio lavoro e permette al discente di verificare le abilità che ha acquisito. Occorre inoltre ribadire che attualmente l’esigenza di mobilità lavorativa, i flussi migratori correnti e lo spirito di appartenenza alla comunità europea determinano la necessità di creare documenti di certificazione di competenze che possano essere riconosciuti in una pluralità di realtà locali e internazionali Nel settore connesso all’ educazione degli adulti la procedura valutativa risulta completa solo nel caso in cui la stessa possa “trasformarsi” in autovalutazione, in questo senso si richiederà al docente la capacità di saper agire, quando le circostanze lo richiedano, come un membro autentico del gruppo-classe. Questo naturalmente non implica che egli debba rinunciare al proprio ruolo “legittimo” poiché, è bene ribadirlo, egli è e rimane, a tutti gli effetti, un portatore di conoscenze, di un metodo, di cultura, di valori. Egli deve cercare di non imporre queste qualità, adottando una forma di comunicazione non autoritaria e una trasmissione non meccanica, o, tanto meno, manipolare le opinioni dei suoi alunni. L’insegnante con le sue valutazioni di fondo sa di costruire nell’altro le occasioni per la realizzazione di sé. Un pilastro dell’andragogia consiste proprio nel concetto che il docente non può obbligare lo studente a imparare ma deve sostenere, orientare e motivare. La riflessione e la critica costruttiva sono indispensabili se si intendono trarre insegnamenti, disseminazioni e acquisizione di esperienze in un contesto di sviluppo da parte di coloro che sono direttamente impegnati nell’intera durata del progetto.
L’auto-valutazione si propone di avere un impatto diretto sulla forma, la natura e la qualità dell’innovazione sviluppata dal progetto. Per tale motivo è anche chiamata valutazione formativa. Si propone inoltre di migliorare il lavoro scolastico attraverso il quale l’idea innovativa è trasformata in azione innovativa, dando forma e adattando il modo nel quale chi è coinvolto nel percorso formativo si organizza per promuovere la creatività e la volontà di apprendere dalle sperimentazioni e dagli errori.
Scopi dell’autovalutazione sono:
migliorare il sistema di informazione; rivedere le procedure e i prodotti; assicurare lo sviluppo dei membri attraverso l’auto-riflessione, la rivisitazione e la revisione; assicurarsi che i benefici raggiungano i beneficiari; incoraggiare il coinvolgimento e la partecipazione di tutti.
I risultati della valutazione servono: a identificare chi ha lavorato con profitto e chi no; a permettere di pianificare l’attuale o i futuri progetti; a mettere in grado di operare con successo, migliorando la qualità dei contenuti e le azioni attivate; a sviluppare buone pratiche ed evitare la ripetizione di errori.
Citando Mauro Laeng “…l’educazione non può limitarsi a fornire cartellini e nomenclature, è tramite di cultura, cioè di modelli di rapporto con gli altri e con le cose. La tensione all’azione è nella natura dell’uomo. Perciò sembra oziosa e mal posta la questione se l’istruzione sia distinta dall’educazione o faccia tutt’uno con essa. Ma naturalmente c’è azione e azione: qualche volta è azione sottile, quasi impercettibile. Ma le brezze continue sollevano grandi ondate , come la goccia scava la pietra non con la forza ma con l’assiduità“.
BIBLIOGRAFIA
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CASTELLANI-GUASCO-MONTALTI-POGGIO, MateriALI,Progetto per imparare, Imperia,ed. G. Ruffini, 2003
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BALLANTI-LAENG, Pedagogia, Brescia, ed.La Scuola, 2000
VERTECCHI, Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti e dei contesti, Roma, ed.Franco Angeli, 2003