MUNCH E LO SPIRITO DEL NORD: Scandinavia nel secondo Ottocento
Villa Manin, Passariano di Codroipo (Udine),
25 settembre 2010 – 6 marzo 2011
Dopo la visione approfondita dell’arte italiana dedicata alla figura nell’800, in mostra a Padova a Palazzo Zabarella, sorge il desiderio di conoscere l’arte scandinava del secondo ottocento, esposta a Villa Manin, Codroipo (Udine). Questo periodo dell’anno è ideale per potersi immedesimare nello Spirito del Nord, aria frizzante, candore della neve, freddi venti da est.
Conquisto Villa Manin in autunno avanzato proprio per immergermi nelle atmosfere scandinave; dopo una camminata di tre chilometri lungo la pista ciclabile, in aperta campagna al di là dei gelsi e dei pioppi appare un miraggio, una dimora regale, residenza dell’ultimo Doge veneziano: eleganti barcacce abbracciano la campagna, il parco, e tornano verso la costruzione trionfale.
Per la prima volta in Italia si interpreta il racconto dello spirito nella pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca fino a Edvard Munch. Dedicata sia al paesaggio che al ritratto e alla figura, con 122 dipinti provenienti dai musei scandinavi e dal Museum of Fine Arts di Boston, si divide in cinque sezioni, riservata ciascuna ad uno stato del Nord Europa, e la quinta a Edvard Munch.
Danimarca
Quando la nazione, dopo una serie di guerre sanguinose e di sconfitte fu ridotta ad un piccolo stato, sentì l’esigenza di dare una rappresentazione di sé nelle opere d’arte, per accrescere il senso di appartenenza alla patria anche se ferita. La pittura paesaggistica contribuì quindi a creare un’identità nazionale. Sul piano politico ed economico, la maggior parte dell’Ottocento coincise con la peggiore recessione nella storia del Paese, successiva alla sconfitta napoleonica e alla perdita dei territori ( nel 1814, il Trattato di Kiel mise fine al Regno di Danimarca e Norvegia, sancendo la separazione delle due nazioni, dopo 450 anni sotto la stessa corona).
L’espressione Golden Age viene coniata solo nel 1890, e partendo dalla prima poesia romantica danese divenne metafora di tutta la vivace vita culturale del periodo, cui contribuirono Søren Kierkegaard, Andersen, lo scienziato H.C. Ørsted, diversi artisti indipendenti, anche se spesso le loro opere venivano ancora commissionate dalla Corona o dalla Chiesa. Gli artisti cercavano di riprodurre la realtà nel modo più veritiero possibile senza rinunciare a tonalità poetiche. La sconfitta contro la Prussia aveva determinato l’interruzione di ogni scambio culturale con la Germania, fino ad allora intensi e costruttivi; lo sguardo artistico si orientò verso le caratteristiche tipicamente danesi. Era diventato importante far conoscere “le attività e gli usi popolari” .
La vita contadina viene resa talmente da vicino da fare entrare l’osservatore nella rappresentazione stessa. Ecco un grigio polveroso tra terra e cielo che investe tutto Il raccolto di Syberg o La stradina di campagna di Skovgaard, e ci rimanda ai nostri macchiaioli.
Nel clima politico nazional-liberale ottocentesco si valorizzarono anche le antiche tradizioni architettoniche nordiche; nell’ Ala del vecchio castello di Cristianborg cupo come un carcere, avvolto da una nebbia gelida, sembra che Hammerschol abbia contestualizzate le voci di Amleto.
“Quanta bellezza risiede nelle linee delle nostre colline, così dolcemente ondulate che sembrano uscite dal mare, nel possente mare in cui s’immergono incantevoli scogliere gialle, nei nostri boschi, nei campi e nelle brughiere».(L.A.Ring) .
Ne La panchina del pittore Lunbye sulle rive del lago Arres tutto sembra collocato in una dolente fissità, interrotta dall’azzurro nitido e intenso dell’infinito, e lo sguardo del visitatore s’immerge nell’aria seducente dell’alba nordica.
Sempre Ring ci offre una bellissima Solitudine : una lampada illumina un uomo immerso nei suoi pensieri, seduto alla finestra, il suo profilo contrasta con il buio dello sfondo, in atteggiamento distaccato sotto una luce caravaggesca.
Wilhelm Hammershøi interpretò il paesaggio principalmente come un luogo incantato, in cui le mutevoli fonti di luce e le forme di vita interagivano in un gioco complesso: in Pioggia con il sole sul lago Gentofe , il grigio s’illumina di perlaceo intorno al verde/viola di un’isola di cui cattura la verità dell’attimo; ne La casa dell’artista tra le alte finestre, la luce filtra delicatamente, poi più prepotente si infrange sulle vetrate, la figura femminile resta una nera ombra furtiva.
Ne Le quattro stanze della propria casa, un susseguirsi interminabile di porte bianche, incastonate nelle pareti ci rende partecipi di una sospesa ansietà grazie ad una luce indefinita e una tavolozza ricca di sfumature grigie.
Negli stessi anni si sviluppa la pittura del sociale e si sviluppa una tecnica pittorica più libera, ampia e spontanea, fatta di tratti più rapidi. All’aperto, le condizioni di luce sono mutevoli, cambiano in modo inesorabile modificando continuamente i colori. La nuova tecnica adattava l’impressionismo francese ai cieli nuvolosi della Danimarca. Grande esponente, Theodor Philipsen, realizzava le forme solamente con i colori, senza disegni preparatori, abbiamo appena attraversato con lui un Giorno di tardo autunno al parco e ci siamo piacevolmente lasciati assorbire dalla luce che filtra tra i rami e dal soffio intenso del vento che scompiglia le foglie.
Finlandia
Ecco la grande Veduta di Haminanlahti di Ferdinand von Wright, simbolo dell’arte finlandese: un ampio paesaggio lacustre visto dall’alto, nel rosso del tramonto, con estrema attenzione ai dettagli: opera accolta con grande entusiasmo poiché rispondeva perfettamente al sentimento patriottico ed estetico dell’epoca. Nel Giorno d’estate a Kangasala da un’altra prospettiva si contempla la luce dell’alba che spunta sulla superficie di un lago. Lo scenario, ancora una volta, è tipico per la Finlandia centrale: la foresta con i suoi alberi ha un ruolo dominante, ci sembra di captarne la voce, la stessa che i canti popolari vogliono imitare. Siamo in pieno nella Golden Age dell’arte finlandese. Coniata verso la metà dell’Ottocento, proprio perché in quel periodo l’arte finlandese divenne consapevole di se stessa, gli artisti si resero conto di avere una funzione fondamentale: avevano ricevuto il dono e insieme la responsabilità di creare per l’intero Paese. In questo spirito di rinnovata cultura nazionale spaziano con energia le donne paladine dell’Associazione degli Artisti finlandesi nel 1846. insieme ai Pionieri della cultura del mondo universitario, e dello stesso erede al trono di Russia, il futuro zar Alessandro III. Grazie a lui le prime grandi donazioni arrivarono tramite la famiglia imperiale russa.
Betulle vicino all’acqua sussurrano un linguaggio vigoroso al chiaro di luna, come appartenessero a un sogno: Fanny Churberg invita l’osservatore a entrare nei suoi dipinti, vivi, umidi, battuti dal vento. Espressione della sua estasi davanti alla natura.
La Churberg era un personaggio complesso, poliedrico. Nel 1880 abbandonò la pittura, e si dedicò allo sviluppo del lavoro manuale delle donne, ponendosi come obiettivo ambizioso la creazione di uno stile finlandese nel campo della tessitura.
Helene Schjerfbeck fu l’unica a restare nello stesso posto per quindici anni consecutivi, senza mai spostarsi dai dintorni di Hyvinkää. Qui creò una sua arte modernista, concentrata sull’essenziale, come La cucitrice che su una sedia sembra immersa in un dondolio orante. E Alunna II (Ragazza in nero) figura nera ma ieratica come un angelo duecentesco che si lancia verso il simbolismo.
Nel dipinto Fuori nel mondo Maria Wiik presenta una giovane nell’atto di abbandonare la casa per un lavoro incerto; altro soggetto con intenti provocatori fu Dopo la colazione di Elin Danielson, vi è ritratta una ragazza, sigaretta in mano, comodamente appoggiata con i gomiti su un tavolo in disordine, con ancora i resti della colazione, e una serie di disegni sulla parete alle spalle. Criticata perché “non era questo il modo di presentarsi di una donna accettabile dalla buona società!”. Ma il dipinto mette in luce in modo straordinario le insensate limitazioni imposte alle donne.
Akseli Gallen-Kallela fu indubbiamente un artista per il quale le tematiche finlandesi avevano un’importanza vitale; dipinse, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, con la tecnica en plein air, le prime grandi opere ispirate al Kalevala: l’artista creò la pittura “storica” kalevaliana basandosi su motivi ornamentali e mode careliani. Versione con forti elementi autobiografici, La moglie dell’artista, trasformata in una ninfa, abbigliamento verde muschio come il bosco, aggrappata a rocce grigioverdi, nello splendido paesaggio lacustre. Ancora più forte l’ispirazione di temi ambientali ne La cascata di Mäntykoski avvolta da una luce fatale, resa come forza allo stato puro, come canto epico alla bellezza della natura selvaggia che raggiunge anche noi.
Segue un dipinto delicato e poetico, Pioppi tremuli di Ellen Thesleff. Il soggetto raffigura con estrema finezza i primi segni di primavera della natura imperlata d’argento. La natura che raccoglie le forze sui rami degli alberi dopo il lungo inverno è qualcosa che, osservando il dipinto, si riesce quasi a percepire. coinvolge tutti i sensi dell’osservatore. La Thesleff è immersa nell’idealismo simbolista, nella ricerca di cogliere lo stato d’animo del paesaggio.
Il piccolo dipinto di Halonen Il bucato nel ghiaccio si pone tra la fiaba e l’arte naif; la lavandaia sembra di porcellana. Eppure vuol contrastare la situazione politica molto tesa: in quel periodo il Governatore generale Bobrikov cominciava a mettere in atto il suo programma di russificazione del paese.
Svezia
Durante l’Ottocento l’arte svedese si sviluppò in un continuo dialogo con l’Europa, Gli artisti svedesi si recavano principalmente a Roma, Monaco di Baviera, Düsseldorf e Parigi.
Le origini della colonia di artisti svedesi a Düsseldorf risalgono a una fortunata esposizione organizzata nel 1850 a Stoccolma. Nelle rappresentazioni del folklore norvegese di Tidemand e nei paesaggi di Gude, i contemporanei percepirono un rinnovato legame con la natura, i soggetti nordici destarono la speranza di uno sviluppo dell’arte nazionale: un’operazione culturale che a noi appare alquanto bizzarra, ma indica le abitudini degli artisti di atelier del tempo: in molti compirono questo viaggio e posero così le basi della Scuola di Düsseldorf.
Marcus Larson pone l’impronta più spettacolare e personale nello sviluppo di una nuova sensibilità nazionale, ricorrendo a ogni mezzo pur di rilevare il carattere leggendario della natura svedese. In Paesaggio roccioso con cascata la composizione ricorda una scenografia teatrale, dove lo spettatore, tramite un notevole gioco di luci, è obbligato a osservare la cascata spumeggiante. Sogno e realtà si fondono in una visione d’insieme seducente. Non mancano rimandi a Turner.
La colonia di artisti di Grez-sur-Loing, una cittadina di campagna situata sul limitare del bosco di Fontainebleau, circa 60 km a sud est di Parigi, divenne un’istituzione dell’arte svedese. Negli anni ottanta, in estate, vi si radunava una schiera di artisti scandinavi e anglosassoni, fra cui il popolare Carl Larsson (1853-1919).
Invitato da amici per dedicarsi alla pittura en plein air francese, Larsson descrisse l’incontro con la natura nella campagna francese come un’esperienza mistica e con la moglie divenne un punto di riferimento per molti.
Il dipinto Stagno raffigura lo stagno quieto, i colori sobri del giardino della Pensione Laurent, dove soggiornava la maggior parte degli artisti. Il nazionalismo e la dimensione estetica passarono in secondo piano, mentre la rappresentazione della verità divenne lo scopo principale dell’arte, comportando nuove esigenze di studio della natura e un ampliamento del campo artistico verso nuovi elementi di realtà, tradizionalmente esclusi dalla rappresentazione in quanto considerati anti-estetici. Demolizione del vecchio orfanotrofio a Copenaghen di Anshelm Schultzberg raffigura un paesaggio urbano in demolizione, soggetto impensabile prima dell’avvento del realismo ed esprime l’amarezza della caducità delle cose che investe anche l’architettura.
Bruno Liljefors, con lo sguardo acuto del naturalista propone invece Famiglia di volpi, colta immediatamente sopra il livello del terreno, nella vegetazione dei prati estivi. L’osservatore si trova quindi all’altezza degli animali e segue la continua lotta per la sopravvivenza dalla loro stessa angolazione. Ecco i tratti orientaleggianti per le Ghiandaie riconducibili alla moda delle xilografie giapponesi che suggestionò l’arte europea nella seconda metà dell’Ottocento, composizione asimmetrica, per il forte contrasto fra primo piano e sfondo, solo apparentemente casuale, infatti Liljefors sfrutta anche l’energia generata dal contrasto per suggerire un movimento rapido in profondità.
Paesaggi d’atmosfera. La natura è splendida perché ricca di anima, grazie a creature soprannaturali inserite in essa, secondo le antiche credenze popolari, e a scorci paesaggistici reali, spesso colti alla luce del crepuscolo o delle chiare notti estive. In questo contesto matura la spinta per il simbolismo, corrente alla quale si devono ricondurre paesaggi stilizzati e atmosfere crepuscolari o notturne.
Siamo alla rivolta della fantasia contro la rigida adesione al realismo: il pittore svedese Richard Bergh, che partecipò attivamente a questo processo, descrisse così gli obiettivi della nuova pittura paesaggistica:
«A livello istintivo, il pittore d’atmosfera cerca una luce, un’atmosfera naturale, uno spazio dietro il quale collocare uno spirito che rispecchi le sofferenze e le gioie del suo animo, i suoi sogni e i suoi incubi. In tal modo, conferisce alla natura un’anima e un linguaggio, che poi tradurrà per mezzo della sua arte» «Per rappresentare la nostra natura non è sufficiente osservarla con gli occhi: di tanto in tanto, il pittore deve anche saperli chiudere, deve riuscire a immaginare ciò che ha visto, deve imparare ad ascoltare le sue sensazioni per trasformare un ambiente variegato e mutevole in una visione unitaria».
In questo tipo d’introspezione, caratteristico del simbolismo, risiede la motivazione principale del carattere visionario e onirico della pittura paesaggistica svedese fin de siècle, che ci prepara ai capolavori di Munch
Con il grande dipinto Acque tranquille le forme semplificate rendono il paesaggio un simbolo universale delle chiare notti estive svedesi e della loro atmosfera magica: il lago di forma circolare è rappresentato misticamente come un grande occhio scuro che guarda il cielo. . Prince Eugen eseguì in esso un esempio importante del nuovo approccio alla natura, Pur essendo figlio di re Oscar II, Prince Eugen di Svezia si impegnò a fondo nelle battaglie culturali.
Nel 1893, Bergh si recò a Copenaghen per visitare l’esposizione Den frie, ispirato da Van Gogh trovò nuovi spunti, che rielaborò fra l’altro nel dipinto chiaramente sincretista La fortezza di Varberg, vi sono richiami a Van Gogh e rimandi alle fortezze del nord.
Caratteristici dell’artista sono anche i motivi a puntinismo, visibili in Sera d’inverno sul fiume: i boschi innevati rappresentano la quiete e il silenzio della natura, eppure assumono una connotazione minacciosa: la composizione priva di orizzonte conduce lo sguardo dell’osservatore nelle oscure profondità dell’acqua gelida come un’entità malvagia, che, secondo le antiche credenze popolari, attira gli uomini negli abissi con melodie incantate.
Per rappresentare, attraverso i paesaggi, una dimensione spirituale che rispecchiasse l’interiorità umana, nessuno si spinse più lontano dello scrittore August Strindberg come pittore dilettante e autodidatta, Strindberg si avvale di un utilizzo già espressionista della tavolozza.
I suoi dipinti, dominati dalle stesse tonalità cupe e teatrali ci consentono di arrivare alla tensione propria dell’anima dell’artista mentre descrivono uno spaccato di natura dell’arcipelago svedese. un solitario segnale marittimo esposto alla tempesta che travolge lo scoglio in Asta bianca II. Il dipinto può ricordare il fascino di William Turner di fronte alla collera degli elementi naturali.
Svezia
La nascita del romanticismo in Norvegia accese una vera e propria passione per la natura incontaminata. Tutti erano affascinati dai tratti sublimi delle montagne desolate e irte di pericoli, che attiravano e spaventavano al tempo stesso. La forte attrazione per gli elementi temibili e pericolosi della natura portò a guardare i massicci scandinavi con occhi nuovi. Da questo punto di vista, la Norvegia occupava una posizione privilegiata: definita “la Svizzera del Nord”, era visitata da artisti e avventurieri che ricercavano nell’“ultima Thule” una natura sconosciuta di una bellezza mozzafiato.
Johan Christian Dahl (1788-1857), il padre della pittura paesaggistica norvegese, fu il primo a vantare una carriera internazionale. Dopo il 1811, mentre frequentava l’Accademia d’arte di Copenaghen, Dahl ebbe modo di studiare da vicino i maestri della pittura, acquisendo uno stile pittorico adatto a riprodurre le impressioni della familiare natura norvegese. meta di lunghi viaggi estivi. Ne La valle del fiume Fortun, è potente l’invasione delle rocce contro il fiume che scorre vivace fra pini e betulle; Il ghiacciaio Nigard stravolge i nostri schemi interpretativi , manda segnali innovativi, il ghiacciaio emerge da un profondo mare nero, i contrasti netti fra luce e ombra e le ardite composizioni diagonali sono tutte caratteristiche ereditate dalla cultura nordica.
L’influenza della Scuola di Dresda è rintracciabile anche nelle opere di Peder Balke: Paesaggio costiero e Il forte di Vardøhus sembrano interpretare la Divina Commedia, una tromba d’aria spacca il cielo per infrangersi sulla sabbia biancastra, un’imbarcazione con minuscoli uomini in balia delle forze della natura, come novelli Ulisse, affrontano scogli e marosi. Capo Nord al chiaro di luna sembra più una scenografia costruita che una rielaborazione libera e spontanea della natura,l o stile sintetico, le dimensioni ridotte delle figure umane fanno apparire la natura ancora più imponente.
Il pittore Johan Fredrik Eckersberg rivestì un ruolo fondamentale nel dibattito sulla possibilità di creare un’arte figurativa nazionale .Vediamo Tramonto sulle montagne, Paesaggio con fiordo,fissato in un incanto nitido , Dal fiordo di Christiania la luce magica della neve rende l’atmosfera intensa e travestita di magia.
Ragazzo con il flauto in legno di salice eseguito da Skredsvig, il ragazzo avvolto dall’aura del bosco e del torrente è il nuovo Pan che invia fino a noi la sua musica. La stilizzazione dei giunchi denota una chiara influenza orientale. Nel dipinto, denso di atmosfera naturalistica, il ragazzo cerca di rubare una nota al flauto, di carpire i segreti della natura perfettamente ad essa assimilabile, in tutte le tonalità del verde sottobosco che lo circondano, dietro cipressi, tutto lo rende un simbolo nazionale.
Una figura di spicco dell’ambiente artistico fu Christian Krohg, che dopo gli studi di giurisprudenza si dedicò alla pittura e al giornalismo. Krohg occupò una posizione centrale nella cerchia dei bohémien radicali e sostenne Edvard Munch nelle prime fasi della sua carriera.
Vecchia che taglia il pane, rompe i legami con i canoni artistici tradizionali: ci pone di fronte a una donna modesta, ma in primo piano, che compie con assorta concentrazione un gesto quotidiano, e lo rende sacro. L’artista spezza le regole della composizione e realizza un’ armonia nuova, una sorta di istantanea in grado di essere partecipe dei nostri stessi ricordi della vita contadina.
Anche Fritz Thaulow, grazie alle possibilità offerte dalla fotografia. rappresentò a più riprese l’inquinamento legato all’industrializzazione, Fabbriche di Saint Denis, e la passione per la raffigurazione dei corsi d’acqua, Fiume, reale e immaginifico insieme. Grazie ad un’eleganza cosmopolita, portavoce del motto fin de siècle «l’art pour l’art», Thaulow conquistò un vasto pubblico internazionale da Claude Débussy a Camille Saint-Saëns.
La regione sarebbe stata considerata per diversi decenni una sorta di “arcadia” scandinava: il dipinto Sera estiva a Kviteseid di Werenskiold, si basa su un accurato studio en plein air, ma l’atmosfera provocatoria dei colori caldi intrecciati tra loro mette in luce anche la vena neoromantica della sua arte: anticipatrice di sfumature liriche che verranno raccolte da Munch.
Prato fiorito nel nord di Sohlberg: un paesaggio che cede all’incanto della primavera e della luna, in bilico fra presenza e assenza sul limitare delle colline .Magicamente i raggi lunari illuminano il bianco delle margherite fittissime sul prato. il realismo dei dettagli del primo piano cede il passo a un piano intermedio più indefinito, accentuando il senso di fusione fra lontananza e vicinanza.
La mostra prende un corso ancora più solenne attraverso la scelta di dipinti che approfondiscono lo sguardo dell’anima.
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Munch e lo spirito del nord (seconda parte)
Edvuard Munch
Uno dei dipinti più innovativi di Munch, La bambina malata, fu iniziato poco dopo il viaggio a Parigi del 1885. In mostra vediamo la presentazione grafica di alcuni particolari. Il dipinto, presentato all’Esposizione d’Autunno del 1886, sconvolse tuttavia i critici d’arte e il pubblico, suscitando reazioni forti nella stampa.
Munch fu considerato subito il più moderno fra i giovani pittori norvegesi ma ora si temeva che la sua arte si stesse sviluppando nella direzione sbagliata E lui è innegabilmente uno stravagante, un inquieto rivoluzionario dalla testa calda al quale non importano i dettagli, il disegno e tutto il resto…
Il dipinto aveva qualcosa di incredibilmente nuovo, sia nella composizione indefinita della bambina malata sul letto che nell’assenza di dettagli, oltre che nell’uso audace del colore che abbina tonalità di rosso e verde. Egli ne eseguì diverse versioni, un’altra acquaforte e una litografia in cui mise in risalto soprattutto la testa della bambina. In seguito, Munch spiegò il dipinto con queste parole: «La bambina malata ha rappresentato una svolta e contiene in sé diversi elementi che ho sviluppato nelle opere successive. …Nel cerchio intorno al viso ho dipinto in punta di pennello, mentre la schiena piegata della madre ricorda le linee sinuose dello stile liberty. Il dipinto nel complesso è di taglio espressionista e la composizione presenta una struttura cubista»
Il dipinto è ispirato a un evento della vita di Munch, la morte della sorella Sophie nel 1877.
Munch aveva intenzione di pubblicare alcuni dei suoi scritti, ma non vi diede mai seguito. Negli anni novanta, i taccuini fornirono a Munch l’ispirazione per il ciclo Il fregio della vita, basato sulle proprie esperienze e i propri ricordi. Gli scritti sono un’importante chiave di lettura per comprendere le sue opere.
«I dipinti devono raffigurare persone vive, che respirano, si emozionano, soffrono e amano – Voglio eseguire una serie di dipinti di questo tipo – Il pubblico deve capire la sacralità di questi soggetti e, quando li osserva, togliersi il cappello come in chiesa.»
Un capolavoro ispirato alla morte della sorella Sophie è La morte nella stanza della malata, il senso tragico è espresso dalla separazione tra individui presenti nella stesso locale…il pastello focalizza questa sensazione di rifiuto all’incontro.
Il clima temperato di Nizza favorì la guarigione di Munch, dopo la morte dei famigliari.
Vediamo il dipinto Notte d’estate. Inge davanti al mareIn Chiaro di luna splendido, sintetico, sono sei le lune che si riflettono sull’acqua, a mo’ di candelabro argenteo tra steli d’albero stilizzati e contorni verdi-blu. In Sogno di una notte d’estate. La voce, la figura bianca, ancora più stilizzata si aggiunge alla cornice marina, sussurra in primo piano … si avvicina o si allontana dallo sguardo?,un’atmosfera fortemente lirica.
La sinuosa linea della spiaggia e, soprattutto, la colonna costituita dal riflesso della luna sull’acqua, sono fra i simboli più famosi del ciclo Il fregio della vita, suggeriscono alcune similitudini con i romantici paesaggi d’atmosfera norvegesi dell’epoca.
Ma Munch torna al tema dell’incomunicabilità: Due persone sole: madre e figlia, sono una accanto all’altra, non si guardano, il profilo della collina divide la madre seduta vestita di scuro dalla bianca figura ieratica che sta a sinistra, così da porle su due piani diversi, sfalsati..
Accanto Le stagioni della vita, sempre interpretate da figure femminili ove noti la separatezza tra loro e l’alternanza dei sentimenti, vitalità e solitudine senza continuità .
Gli occhi negli occhi, Gelosia e Separazione narrano l’evoluzione e la fine di una storia d’amore.
Al contempo l’impegno di esprimere stati d’animo universali diventano Malinconia. Nella solitaria, pensosa figura maschile in primo piano, seduta sulla spiaggia, senti, un forte struggimento, la linea costiera ondulata lo separa dalla coppia sullo sfondo in cammino verso la barca gialla, gelosia e malinconia insieme. Amarsi deve essere meraviglioso: varie tonalità di viola sfumano dal mare al cielo intercalate dai gialli e gli azzurri, interrotti dalle onde scure del verde dei prati e dei boschi.
Malinconia, che sarebbe diventata il primo dipinto del ciclo Il fregio della vita, è il logo della mostra. Il ciclo, che tratta di amore, inquietudine, malattia e morte, è considerato l’opera maggiore di Munch e comprende alcuni quadri in mostra e molti altri, compreso il suo dipinto più famoso, L’urlo, realizzato in più versioni, non presenti in mostra, ma recuperabili alla personale memoria di ciascuno.
Altro dolore, altra espressività, La veglia: contro le pareti rosse si stagliano figure scure dal viso stravolto, in primo piano a sinistra, un lenzuolo bianco copre definitivamente il defunto: ancora un simbolo della incomunicabilità famigliare.
Il senso tragico della vita ci rimanda a Disperazione, come fu chiamata la prima versione del dipinto L’urlo.
« Mi fermai e mi appoggiai stanco morto a una staccionata. Sul fiordo gelido e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco e sentivo il grande urlo che pervade la natura.»
«Non dipingo quello che vedo, ma quello che ho visto»
Sera sul viale Karl Joan: visi smarriti si accalcano per le strade, forse precipitano verso di noi divorati dalla vita e dalla morte, finestre illuminate come lumini nei loculi o lampade accese tra imponenti pareti lontane.
Stupiscono per levità di segno e colori pastello Bambini che giocano sulla strada a Asgardstrand, esprimono relazioni vivaci e vitali.
Sul balcone trionfo di colori solari sullo sfondo sui quali emergono due figure femminili intente a conversare.
Ragazze sul ponte, la grafia è impareggiabile, i colori intensi, per raccontare di tre fanciulle in crocchio che guardano oltre la ringhiera, mentre la curva della strada le protegge.
Malinconia in versione femminile: circondata da pareti arancioni, da arredi resi focosi da una finestra che illumina lei, vestita di scuro, seduta con le mani sul grembo con gli occhi persi nel vuoto. Ordine esteriore e dramma interiore convivono.
Inverno sul fiordo, pesanti macchie scure emergono tra la neve; Paesaggio invernale (xilografia): striature nere affluiscono sui tetti e sui prati innevati.
Munch in più occasioni scardina i nostri pregiudizi, stravolge l’uso delle tonalità e dei primi piani per esprimere l’altalenante processo mentale umano: i paesaggi divengono le quinte del dramma umano.
La radice raffigurata a destra su una spiaggia, in Mistero sulla spiaggia, ha tratti quasi umani e ricorda lo Spirito delle Acque, una figura della mitologia nordica, mentre la forma del bagliore sull’acqua e le nuvole che coprono parzialmente la luna creano un’atmosfera misteriosa e soprannaturale, il riflesso della luna sull’acqua assume un valore simbolico.
Inverno nel bosco, Nordstrand, Il bosco incantato: la neve si accartoccia intorno a evoluzioni grafiche nere” Questi dipinti sono realizzati con uno stile influenzato dai motivi ornamentali e decorativi dell’art nouveau, senza attenuare le provocazioni drammatiche, gli elementi naturali stilizzati diventano un tratto tipico dei paesaggi di Munch .
La sua arte si lega strettamente alla letteratura, e al teatro, seguendo l’esempio del simbolismo francese dell’ultimo decennio del secolo, anch’esso fortemente intrecciato con la letteratura.
La parte finale dedicata a Munch è l’approdo del nostro viaggio attraverso i pittori scandinavi coetanei o i letterati del suo tempo, tra essi egli emerge come tenore nella grande sinfonia corale, genio tra altri grandi interpreti della natura e dell’umanità dell’ Europa settentrionale per raccontare dell’umanità contemporanea tutta.
Tentata da un ultimo sguardo d’insieme, ripercorro tutte le sale, confermo la frase murale ” La Scandinavia una terra che è luce e notte insieme. Raggiunge Il massimo della luce e il massimo della notte” per il pianeta dell’arte fine ottocento.
Ma la sua storia mi appare speculare (simile e capovolta) all’arte e alla cultura, alla vicenda nazionale italiana, quella raccontata in questo periodo a Palazzo Zabarella. Da Hayez, da Pelizza da Volpedo, a Corcos, a Modigliani. L’Italia lottava per l’unità, la Scandinavia attraversava forzate divisioni, gli artisti interpretavano la realtà trasfigurandola e raggiungevano visioni liriche assimilabili.
Le doti geniali di Munch artista sono una personalissima riedizione del mondo culturale sul quale eccelle, ma attraverso variazioni emotive che ci appartengono e rendono interpretabile il suo messaggio, scopriamo quanto ha da suggerire ancora oggi, nelle difficoltà del presente fatto da molta solitudine, da urli della natura, da lutti,da inquietudini, ardori, tenerezze, contraddizioni. Ci precede nell’analisi, ci anticipa nell’espressività di un modo complesso,imprevedibile, ci propone “il fregio della vita” è la vita che scorre nelle sue molteplici forme, non solo dolorose, neanche nel massimo della fragilità.
E’ sicura di aver visitato la mostra con attenzione? Nella sezione finlandese, ad esempio, non sono presenti due dipinti che lei cita: “Dopo la colazione” di Elin Danielson e “Pioppi tremuli” di E. Thesleff… che si trovano, invece, rispettivamente a pagina 73 e 75 del catalogo della mostra…per non parlare di un dipinto di Kallela, “La cascata di Mäntykoski”, assente.
Mi sembrava doveroso segnalare queste imprecisioni per chi dovesse eventualmente visitare la mostra e rimanere deluso di non trovare quello che sta scritto nel suo contributo.
Grazie
Ah, quasi scordavo… il dipinto di Pekka Halonen, “Bucato sul ghiaccio” non è per niente piccolo, ma misura cm 125 X 180
si ricorda per caso la frase murale dove munch dice quello che secondo lui è il suo ruolo di artista?
è scritta sulla parete sopra il dipinto “Il Letto di Morte”