Forlì, Musei San Domenico, 28 gennaio – 17 giugno 2012
Adolfo Wildt (Milano, 1868 – 1931) un grande artista del ventennio, ha ancora cose da dire? Nonostante sia stato rimosso per decenni? L’occasione per scoprirlo è la grande mostra che Forlì gli dedica ai Musei San Domenico. L’omaggio allo scultore, colto, sofisticato e popolare del nostro Novecento è firmato da Fernando Mazzocca e Paola Mola affiancati da Antonio Paolucci.
Nel percorso la grande arte di Wildt viene messa a confronto con i capolavori di maestri del passato, che per lui furono fonti di sicura ispirazione e per noi possono essere elemento di paragone con la sua grandezza. Passiamo da Fidia a Cosmè Tura, da Dürer, a Bramante,a Michelangelo, dal Bronzino, a Bernini, e Canova, per scorrere opere di alcuni suoi contemporanei: Previati, Mazzocutelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Melotti. . . Non si tratta di richiami o confronti casuali, ma di precisi riferimenti ad opere con cui Wildt dialoga tutt’ora.
Wildt, figura che sarebbe piaciuta a Dickens: un ragazzo di povere origini e di grande talento che con l’impegno, lo studio, la costanza è riuscito ad esprimere una ricchezza culturale profonda. (vedi la biografia su www.windoweb.it)
Fatta la gavetta, lavorando di giorno e studiando arte la notte, rimase estraneo al mondo delle avanguardie con toni da anticonformista. La sua fedeltà alla figura emerge nella la vocazione monumentale, nel continuo dialogo con i grandi scultori e pittori del passato, coltivando nella scultura l’ esaltazione della tecnica e del materiale privilegiato, il marmo, del quale sapeva trarre effetti sorprendenti.. nel lisciarlo in continuazione.
Tra l’altro l’idea che governa questa esposizione è di un percorso che metta in relazione l’artista con la città. Partendo dall’eccezionale nucleo di opere conservate a Forlì, dovute al mecenatismo della famiglia Paulucci di Calboli e la disponibilità dell’Archivio Scheiwiller.
Ritroviamo un Olimpo di inquietanti idoli moderni, i busti colossali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI, Margherita Sarfatti, Toscanini e di tanti altri eroi di quegli anni. Wildt porta i gesti, i volti, le figure umane a una nudità essenziale, nel tentativo di coglierne l’anima, le sue ambiguità,’armonia/disarmonia , profondità ed espressività, svolte nel rapporto tra la linea e la forma.
Si tratta di un dualismo che pervade tutta la cultura tedesca di questo periodo, e che arriva in Italia realmente solo con l’opera di Pirandello.
Franz Rose,suo mecenate, aveva anche messo in relazione Wildt con lo stesso Simmel. Da questo rapporto è possibile spiegare come Wildt sembri all’incrocio di esperienze tanto diverse tra loro, quasi inconciliabili: il gotico e il barocco, il classicismo e il manierismo, l’espressionismo e il simbolismo, il simbolismo visionario e la metafisica.
(Nell’ambito del Progetto Novecento, a “Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt”, allestita al San Domenico sono collegate altre esposizioni sul territorio: a Faenza, al MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, “La ceramica nell’età di Wildt”, a Cervia, ai Magazzini del Sale, “Giuseppe Palanti. La pittura, l’urbanistica. La pubblicità da Milano a Milano Marittima”, e a Predappio, nella Casa Natale di Mussolini, due mostre in successione: “Archivio del Novecento. Marisa Mori, donna e artista del ‘900, il talento e il coraggio” e “Renato Bertelli, la parentesi futurista”.)
Passiamo, per la verifica, tra le opere in mostra.
All’ esposizione ci introducono una Maschera colossale di Satiro, la Testa di Apollo (Apollo di Kassel ), il Torso del Belvedere , seguiti da un Capitello – imposta da S. Michele in Africo , Transenna marmorea del VI sec. Materiale che fa da sfondo alle sculture di Wildt, è parte di quanto lo ha ispirato.
“Fin da ragazzo studiai con selvaggia intensità i nostri maestri antichi…unica fonte della mia arte…”
Ed ecco La martire (1895) Una vergine classica compita, che si astrae dal mondo, come il volto amato di una madre. Volto che richiama il ritratto della moglie e si ripete ne La Vedova (Atte): due copie in marmo del 1892 … per concludersi nel Medaglione Dina Wildt del 1926, volto ripetuto in più variazioni, ma sempre con profilo sottile, occhi socchiusi, velo sul capo a raccoglimento e delle trecce e dello spirito. Amore e dolore, capace di anticipare la dualità tra eros e thanatos approfonditi da Freud.
Arturo Ferrarin, un aviatore bello, intraprendente, ma nel retro dell’opera, posto in realtà a latere, si trasforma in una divinità angosciante, astratta , dorata, anticipatrice di ciò che noi vedremo nel 2000, in disegni e forme fantascientifiche.
Del 1906 Il crociato. Humanitas. Un guscio d’uomo che non è più né dentro né fuori , si è fatto armatura medievale con un torace senza testa… quanti tornarono ridotti così dalla guerra mondiale !
Altro tema di fondo di Wildt: la duplicità della vita umana, ombra e luce, divinazione ed interpretazione, rivelazione mistero, vengono scolpite , ad imperitura memoria, senza scordare che tutto è fugace.
Carattere fiero – Anima gentile 1912, marmo bifronte con dorature : lui un sovrano sacerdotale, lei, nel retro, una fanciulla addolorata, smarrita.
Siamo pronti per ri-vedere I ritratti di Mussolini, posti al piano terra, vederli dopo le opere citate, consente di cogliere, anche in questi inni mediatici del ventennio, la capacità di Wildt di rendere l’immagine ed il suo doppio:
Mussolini 1923 in bronzo, stilizzato, ha sul capo l’ infula romana come novello Napoleone … la seconda opera è una gigantografia. Percepite anche voi un sottointeso ironico dell’artista che mi sembra confermato nella maschera svuotata e posta su una piastrella. Già nel ’23 e nel’28 ne fu criticata l’esagerazione, negli anni cinquanta Calvino sottolineò come fosse un’immagine sopra le righe,del tutto novecentesca, ma con occhiaie vuote …. Certo è che Mussolini la approvò, e grazie alla regia di Marina Sarfatti, divenne più che popolare in Italia e all’estero, in mostre, sui testi scolastici, nei libri, nei giornali, riprodotta ovunque per celebrare l’ immagine del duce … ora porta lo sfregio delle picconate dei partigiani sul gigantesco Busto in bronzo, danneggiato nel ’45 Anche noi, come i contemporanei, confrontiamo Mussolini (1923) con Il maestro Arturo Toscanini (marmo, del 1924 ), la statua esprime vigore, sicurezza austera, e nell’ espressione dello sguardo persino un tocco di presunzione.
Il re vittorioso (Vittorio Emanuele III)è imponente, solenne, con labbra che si atteggiano ad una smorfia bonaria (scolpito dopo il 1929).
Maschera dell’idiota 1910, acquistata da Gabriele D’annunzio, prestata alla mostra dal Vittoriale, marmo su bronzo, (esiste anche una Maschera del l’idiota in bronzo su marmo ) sorride con tutti i denti superiori, non ha mento: maschera volta a sottolineare la volgarità di alcune risate: troverete che anticipa alcuni personaggi a venire, nostri contemporanei.
“maschere… un soffio e passano, per dare posto ad altre. ciascuno ci racconta la maschera come può – la maschera esterna, perché dentro c’è poi l’altra,che spesso non s’accorda con quella fuori.”
(L. Pirandello 1908)
Significativo il Monumento funebre ad Aroldo Bonzagni (1919 marmo) Tre maschere ai piedi di un alberello stilizzato come oreficeria. Tre maschere ironia,satira,dolore. Il dolore ha il volto contratto, il sorriso della commedia è ironico, la satira è una maschera del Teatro Romano. Il tutto rende innovativa e provocatoria l’interpretazione di un’opera funebre. Maschere premonitrici … leggono passato e predicono futuro ai presenti, a chi è rimasto, a chi osserva. Fino a quando l’alberello fragile durerà?
Seguono altre due opere funebri: Cesare Sarfatti (marmo) pensoso, un po’ sornione,garbatamente ironico; il Ritratto di Vittorio Grubicy de Dragon che nel marmo diventa un profeta,quasi un mago Merlino. Ma il monumento dedicato a Borzagni è sicuramente il più trasgressivo.
L’attenzione si volge a Filo d’oro , due copie in marmo , più una in gesso, del 1927i: un filo d’oro diversamente annodato è il tema che lega e segue le fanciulle nell’evolversi delle loro età, da bambina a madre: visi sempre delicati, marmo lisciato fino a diventare morbido come cera, lucido come onice.
Fulcieri Paolucci di Calboli –erma- suggestiva in marmo dorato , WIldt si richiama al Canova ma rende un ‘espressività originale ,arguta, autentica.
Il prigione marmo 1915 digrigna i denti, geme, come un antico guerriero, forse uno schiavo. L’uomo è diventato prigioniero?
Ancora dolore in Vir Tempori Acti (1911 marmo), militaresco ma ambiguo, gotico e barocco insieme, i capelli ordinatamente divisi in più striature, il seno a forma di fiore è un’ allegoria provocante … il viso è la maschera del dolore di un animale ferito.
Orecchio 1918,altro emblema della mostra nel cortile del museo, marmo su base in bronzo, ripreso nel 1922, surreale,plastico, barocco.
Per Augusto Solari presenta due Volti di fanciulli di una grazia e delicatezza squisite, così diverse da tante opere tragiche, aspre, esasperate. Serenità e dolcezza ricevono uno straniamento dal fatto che i due busti sono diventati simili a pedine, perché posti su una predella particolare, da pedone.
Un rosario – MCMXV Gesso con doratura nella treccia 1915, seconda copia in marmo dorato: un viso indimenticabile, gracile, esprime un intensità dolorosa , tormentata. Figura diafana e sottile. la treccia d’oro intorno al capo rimanda a Klimt. Sembra una figura anoressica, simbolo di un’ anima universale, ricattatrice e sofferente , non si sa se potrà reggere una maternità’ tanto è fragile , eppure ha toni da dominatrice.
La protezione dei bambini (Pargoli 1918 marmo due copie del 1916) L’anima e la sua veste , la madonna sembra bisbigliare nel vento una cantilena.
Madre adottiva disegno e opera in gesso 1917: la figura elegante, avanza con passo delicato, bacia la punta delle dita del piccolo, e sorregge un lume. Resa con straordinaria tenerezza
Maria dà luce ai pargoli cristiani 1918 una Maria con pochi tratti sempre più eterea e delicata .Le figure infantili si richiamano ad immagini di Bambini del Durer ma diventano piccole corolle protette dal manto della madre. Silfide moderna con drappeggio greco.
Del 1927 sempre marmo con nimbo dorato S. Lucia esprime una sincerità crudele con la bocca che grida e dall’apertura delle orbite, dove gli occhi che non ci sono più, scende una lacrima ,più convincente della Santa Teresa del Bernini. Chiede aiuto.
Del 1926 Pio XI, marmo con dorature, ritroviamo il doppio nello stesso soggetto , braccia e copricapo imperiali, come il trionfale Bonifacio VIII al Museo medievale di Bologna,alla posa da faraone si aggiunge un’ espressione di cattolicità guerriera, nelle due braccia espulse dal manto. Anche Pio XI dietro ha il vuoto, è reso vuoto, arrogante e svuotato. il Pontefice non volle l’opera, che fu regalata solo negli anni ‘70 a Paolo VI per la sua collezione di arte moderna.
Da contraltare, sempre nel 1926 , San Francesco in bronzo, poi in marmo, con nimbo dorato:un San Francesco ascetico con occhi e atteggiamento da pecorella smarrita da confrontare con il pathos della sofferenza del S. Antonio di Cosmè Tura.
Sono le parole stesse di Wildt a suggerire che esiste una provocazioni tra la fede dell’infanzia e i dubbi degli adulti.
La Concezione (La madre, testa ) altorilievo marmo dorato come La famiglia. (Sono presenti anche particolari Testa del figlio 1922 per la composizione della famiglia. Testa della madre )Esprimono una maternità arcana e surreale : un bimbo sospeso nel vuoto in solitudine dorata, mentre la madre ha le mani giunte ed il padre urla .
Intorno al tema di Parsifal lavorava da tempo, Il Puro Folle (particolare mano destra) 1916 poi testa, mano sinistra. Il puro folle (Parsifal)del 1930, in bronzo! è lontanissimo dalle categorie del regime, dal ghigno della la maschera del Vittoriale, è l’ ondeggiante sintesi manieristica delle tematiche precedenti: siamo mortali e fallibili, procediamo in un difficile equilibrio tra la vanità del mondo e la profondità dello spirito. Qui è reso da un’elegante figura di ermafrodito che appoggia il piede su un Graal ,ed il calice cede. Il messaggio gli è stato suggerito dal drammatico slancio in avanti del San Matteo del Bronzino, ma Parsifal dopo il passo in avanti, arretra inorridito. Sintesi di dubbio e dis-velamento.
La modernità nasce qui, nella celebrazione di molte allusioni e contraddizioni.
Testa di Margherita Sarfatti senza data in marmo “pensosa, forte ,delicata… un dolore contenuto che lei certo vede”, queste le parole di ringraziamento della stessa Sarfatti. Nel ritratto di Julia una dolcezza e fragilità ottenute con il continuo levigare il marmo fino a fargli perdere peso per renderlo come avorio .
Un discorso a parte merita la grande opera grafica Le grandi giornate di Dio e dell’Umanità 1925 a matita e carboncino su carta per tradurre Firmamentum con grandi bianchi, grandi neri , i sei giorni della creazione ci presentano un Dio che crea e che soffre, nel creare si priva della vista? Per dare la luce al mondo. Dalla Mente di Dio tutto proviene, anche il dolore…Dio ha bisogno dei nostri occhi per consentire all’umanità di proseguire una creazione sur-reale. Questo il motivo per cui , nella natività, Giuseppe appare privo della vista?
Accanto alle opere di Wildt, per aiutarci ad interpretarlo, troviamo:
L’esprit au travail / Lo spirito lavora (Autoritratto interiore) di Alberto Martini che interroga la tela sul senso della vita, con profili che si dividono e si sovrappongono;
Madonna della Pera 1516 e San Filippo apostolo di Albrecht Durer, e San Giacomo suggeritore di timbri gotici e realistici;
L’ autorevole Profeta Abacuc 1423 di Donatello , accanto a vibranti e drammatici Ercole e Anteo . in bronzo del Pollaiolo 1475ca;
Da la coperta di ritratto con maschera e cartiglio 1510 del Ghirlandaio i temi dedicati alle maschere,mentre le angosce si ispirano al grido di dolore del busto del Laocoonte, in marmo, del Bernini; la sofferenza è propria della Pietà Rondanini, qui in copia del 1875, da Michelangelo:la vita si è spenta ma la madre vuol ancora reggere il peso per adeguarsi lentamente alla tragica realtà, e si appoggia al morente .
Le spighe del 1903, le serpi, Ferro battuto con base in marmo e alberello, dopo il 1920 Maschera con i serpenti di Alessandro Mazzucotelli: tentativi di dialogo con l’artista suo contemporaneo.
I lavori di Fausto Melotti “ Canone orientale variato “sembra una composizione musicale resa con fili doro astrali
La Preghiera di Casorati, tempera su fustagno, stesa come se il manto e il prato fossero mosaico, trasformano l’orante in una Dama del Duecento . Sempre di Casorati, le maschere 1922del 1914 la maschera nera e la maschera rossa Impenetrabili. Grottesche, in dialogo variegato con le interpretazioni di Wildt .
Non poteva mancare la voce di Morandi Natura morta metafisica del 1918: espressione di un profondo sentimento contemplativo , anche qui la testa nel manichino è dimezzata .
L’eroica Trilogia di Previati: del fuoco e nel fuoco mentre l’eroe giace solitario e Fuochi fatui di Klimt: fiammelle diverse, come tasselli di un mosaico dove ardono visi femminili…Eros e Thanatos si incontrano e si scontrano sulla terra e nei cieli.
Wildt ispirato dall’arte dei secoli d’oro, ispiratore a sua volta per suoi contemporanei, celebra la Sacralità della scultura, raccoglie tutte le interpretazioni precedenti, le rielabora e le trasforma in una sintesi finale. Senza timore di raggiungere eccessi e dare alla follia la forma di una vita autonoma .
Scolpisce opere al limite tra il trasgressivo ed il reale, si regge sul crinale tra il presente e l’oltre, neogotico , classico, barocco, intimista al femminile ed espressionista in molte sculture maschili, sempre allusivo.
Grande esteta della materia è in grado di realizzare una plastica ascetica, al tempo stesso nei giochi di piani,volumi, capace di espressioni gesti di intensità e profondità sovrannaturali, si lascia tentare da visioni fantascientifiche.
I temi da lui privilegiati, quelli del mito e della maschera, gli consentirono di dialogare anche con la musica di Wagner e la letteratura a lui contemporanee, da D’Annunzio collezionista a Pirandello.
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