Fratta Polesine (Ro), Villa Badoer Dal 25 febbraio 24 giugno 2012
In concomitanza con “Il Divisionismo. La luce del moderno” (raccontata QUI )allestita a Rovigo, in Palazzo Roverella, dal 25 febbraio al 24 giugno 2012, possiamo scoprire una versione delle arti applicate nel periodo divisionista, nella palladiana Villa Badoer di Fratta Polesine: le ceramiche di Galileo Chini.
Nella mostra convergono, grazie a prestiti concessi da collezionisti italiani e stranieri, e dalle collezioni della Manifattura Chini, le più belle ceramiche create
dall’artista toscano negli anni che lo videro avvicinarsi al Liberty e alla Secessione Viennese, al Divisionismo. Grandi vetrate e piccoli scorci angolari, le ceramiche di Chini riverberano di vita e colore spazi cinquecenteschi della dimora ideata da Andrea Palladio, creando una ambientazione di grande suggestione.
Per approfondire il legame di Chini con la ceramica suggerisco la lettura della sua più ampia biografia sul sito Windoweb …
(Chini si era fatto artigiano- imprenditore a Firenze nel 1896 nella fabbrica nella quale aveva iniziato a operare bambino, della ceramica ha fatto un’arte , secondo i principi dell’Art Nouveau: trasformando altri artisti in artigiani e gli artigiani in artisti. Simbolo della manifattura una melagrana, emblema del contributo di tanti per creazioni prestigiose…Nel 1906 insieme al cugino, Chino Chini, aveva acquistato “la Manifattura Fornaci San Lorenzo” a Borgo San Lorenzo,
La sua fama cresce e si diffonde, collabora con l’architetto Michelazzi per la decorazione a ceramica di facciate e interni liberty a Firenze, poi gli interni a Salsomaggiore, le palazzine sul lungomare di Viareggino, molto altro ancora)
Il successo riscosso alla Biennale di Venezia del 1907 (con le decorazione della Sala del Sogno, citata nelle precedenti recensioni sul simbolismo) e nel 1909 con la realizzazione della grande decorazione a tempera della cupola della sede della Biennale lo porteranno ospite del re a Bangkok per decorare la sala del trono . Raggiunge un ulteriore trionfo, cui segue, al ritorno in Italia, l’ invito alla Biennale del 1914. Ma per questo tema riferiremo nelle righe successive trattando della mostra in corso a Cà Pesaro ( Venezia) Spirito klimtiano: Vittorio Zecchin e Galileo Chini e la grande decorazione a Venezia.
Diamo ancora uno sguardo alle ceramiche scintillanti di Chini, le prime, con le quali celebra l’arte classica, poi, al suo ritorno dal Siam, le successive opere, ricche di rimandi alle arti decorative orientali.
Così ai piatti, alle anfore, alle coppe decorati con pavoni, salamandre,meduse, pesci farfalle blu verdi, rettili, si aggiungono ceramiche con disegni astrali e fregi e fiori tratti dall’iconografia presente sulle pareti dei palazzi sacri e profani, di Bangkok, ancora citata oggi, per i suoi giardini di pietra rara e variopinta.
Vasi alti con coperchio, ispirati a porcellane cinesi, ma sono di profondo rosso, di terra di siena bruciata, decorati con rami fioriti, dipinti a mano, resi con tonalità diverse, grazie a diverse cotture con le quali raggiunge sfumature di volta in volta più originali. Poi invetriature ispano moresche, lustri metallici per uccelli risaliti in volo, foglie ed alberi stilizzati. Di ispirazione viennese un pannello di più piastrelle con figura femminile allungata tra rampicanti e girasoli ed orchidee.
Queste ceramiche che sono il crogiolo di Antico e nuovo, occidente classico e oriente esotico, fusi insieme con un gusto ineguagliabile …..mi hanno obbligato a raggiungere Venezia per ammirare due importanti cicli.
Oltre alla Primavera di Galileo Chini (proveniente da Roma, ma dipinta per la biennale Veneziana del 1914) è stato collocato di fronte l’ampia successione di teleri da Aladino e la lampada meravigliosa , di Vittorio Zecchin.
Chini stesso ci racconta della sua Primavera
“…Mentre attendevo a questo lavoro, venivo pensando a tante cose, diverse nelle loro apparenze, ma consentanee nel loro spirito. Pensavo alle logge fiorite delle città italiane, ai giardini della nostra patria, immenso giardino del mondo, al sole che indora e vivifica, alla luna che inargenta e carezza, alla primavera che allieta questa dolce Venezia quand’essa accoglie gli artisti di tutto il mondo, all’arte, primavera spirituale che eternamente rispunta; e ricordando le ingenue e schematiche figurazioni della nostra arte rusticana, ho dipinto a suo esempio….”
Il ciclo de La Primavera, realizzato per il Salone centrale alla Biennale di Venezia del 1914, semplifica le sfaccettature di un mito, in diciotto pannelli di quattro metri per due, realizzati dall’artista in meno di un mese e per i quali poco era stato anche il tempo di elaborazione ideativa.
Chini trasportò i pannelli da Firenze a Venezia per ultimarli, ma anche per soprintendere alla decorazione completa del Salone. Ristrutturato per l’occasione, con piatte lesene alternate agli stessi motivi di fondo dei grandi pannelli, specchiature di impronta secessionista, in modo da armonizzare il tutto non solo con il resto della decorazione, ma anche con i sedili per il pubblico, con le sculture della personale di Ivan Meštrovic, con vasi in ceramica sobriamente disposti a caratterizzare l’ambiente, prodotti dalla sua manifattura Fornaci di San Lorenzo.
Le tele di lino presentano un sottilissimo strato di preparazione bianca, sul quale si individuano i disegni a matita delle sagome di alcune figure. La pittura è poi realizzata a tempera, con inserimento di numerosissimi elementi a rilievo in stucco, poi ricoperti da piccoli fogli dorati e argentei. Sul sottile strato pittorico si svolge una ristretta gamma cromatica, con predominanza di verde in varie gradazioni, di rosso vivo, di blu e di giallo. Grazie all’ esperienza tecnica acquisita nel tempo nella grande decorazioni
Il tema della Primavera è scandito da Chini in La fioritura della Primavera italica (Le ninfe e le fanciulle delle foreste), La Primavera classica (Ninfe e fanciulle nella primavera classica), L’incantesimo dell’amore e la primavera della vita , La primavera delle selve, La primavera che perennemente si rinnova La vita e l’animazione dei prati sono i titoli di Chini per le diverse declinazioni della sua Primavera.
L’effetto dichiarato che voleva ottenere dall’insieme era
“di suscitare e diffondere in una sala dell’Esposizione un senso di pacata letizia, mediante una pittura decorativa che si fondesse in armonica semplicità e si equilibrasse con un’architettura altrettanto parca. Non soggetti ardui ed astrusi, non quadri! Soltanto gamme e forme di colore e composte tonalità gradevoli; il grafico analitico di un fiore e di una foglia simile a quello di una figura umana; al pilastro materiale architettonico uno corrispondente di fiori, di foglie, di frutta, di colore aureo od argenteo: questo fu il mio proposito.” Possiamo anche noi confermare che l’ha raggiunto.
Fra cascate di triangoli d’argento, margherite multicolori, che celebrano le murrine veneziane, varie figure geometriche dorate che ora si sfumano, ora si alternano, una colonna neoclassica, poi figure femminili nelle diverse età della vita: una Giunone in peplo scuro, poi come appartenenti ad unica colonna una Venere nuda alza le braccia al cielo in un canto alla vita, alla primavera fulva e dorata che l’ammira dall’alto.Un tappeto rosso fuoco separa le figure classicheggianti, mentre una grande ala le abbraccia ed un caleidoscopio di forme mutevoli coloratissime le incornicia.
I pannelli di Chini presentati a Ca’ Pesaro provengono dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che ne conserva il nucleo di maggiore rilievo, Grazie alla preziosa collaborazione del Museo di Valle Giulia e del Museo Boncompagni, dove nel mese di settembre transiterà tutta la mostra, un pezzo di storia dell’arte italiana del primo Novecento suggestionata dalla secessione viennese.
Di fronte alla Primavera altrettanto“ imperdibile” un’opera che in pochi conoscono, le mille mille e una notte di Vittorio Zecchin.
Sei di questi teleri, appartengono alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, assieme a due piccoli lacerti, con alcune parole tratte dal racconto Aladino e la lampada meravigliosa che spiegano il tema del dipinto: “ed Aladino disse al genio adunami quaranta schiave bianche e polite …”. Zecchin vi fa confluire pittura, vetro, arti decorative, in modo magico. Sui teleri si svolge il Corteo delle principesse, poi le Principesse nel giardino , principesse e i guerrieri, si snodano verso la promessa sposa, ed il Tripode degli incensi con ambientazione “notturna” in grado di rendere le atmosfere orientali e l’interpretazione Secessionista.
L’affascinante dipinto era stato realizzato da Zecchin per l’albergo Terminus su commissione di Giovanni Indri, nel periodo subito precedente all’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, per rimodernare l’aspetto del suo albergo. Zecchin adotta lo stile che appariva all’epoca “moderno” per antonomasia, il Liberty. per decorare la sala da pranzo, di circa ventidue metri lineari, di pianta stretta e lunga, con una parete completamente libera ed altre tre interrotte da aperture varie. Vi ha realizzato un ciclo in cui i colori ad olio, stesi uniformemente, si sposano con l’oro applicato a pastiglia. Il tema è tratto dal racconto Aladino e la lampada meravigliosa, incluso nella famosissima raccolta di novelle Mille e una notte.
L’artista gioca su un fondale scuro, con blu, viola rossi scuri dei mantelli, sui quali trionfano gialli e oro, come grandi murrine con i loro cerchi concentrici, sono stelle, i fiori inscritti, accostati o diffusi in microscopici mazzi multicolori. Valorizzate da piccole capocchie di chiodi ramati, volti a riverberare magia.
Gli abiti sono lunghi, medievali ed orientali allo stesso tempo, le Figure femminili stilizzate avanzano portando doni, sotto gli occhi vigili di guerrieri dalla pelle scura, come loro ingioiellati, fino al Tripode degli incensi….
Nonostante il film di animazione di Ocelot,Azur e Asmar nasca e si sviluppi in un caleidoscopio di colori intensi e vivaci, credo si sia ispirato alle figure bidimensionali di Zecchin che sfumano verso l’astrazione.
Nella sala allestita oggi ci lascia incantati il contrasto di questa teoria elegante e severa con i pannelli di Chini tripudio di colori solari , entrambi esprimono in modo personale una risposta simultanea allo stimolo prodotto dalle ventidue opere esposte da Klimt alla IX Biennale,. con opere di grande impatto decorativo, oggi riscoperte.
In Vittorio Zecchin (1878 – 1947) sentiamo l’influsso de Le tre spose di Jan Toorop,dove le teorie di figure femminili mostrano profili privi di tridimensionalità ed ampie chiome “cotonate”; la suggestione del ciclo di Chini alla biennale, ma rimanda anche all’ambiente culturale in cui Zecchin si è formato: Venezia, la Laguna veneta, Murano. La straordinaria tradizione vetraria della famiglia,Il padre era infatti un tecnico del vetro, Inoltre le vaste decorazioni musive antiche che la Basilica di San Marco, la Cattedrale di Torcello e della Basilica dei SS. Maria e Donato a Murano.
Il risultato è di una modernità assoluta, nel segno di un decorativismo più leggero di quello del grande Gustav Klimt, prettamente made in Italy.
Oltre al Corteo di VITTORIO ZECCHIN, alla Primavera di GALILEO CHINI nel salone sono esposti la Maschera del Dolore (Autoritratto) 1909 , ADOLFO WILDT…. Nudo di donna (o Susanna), 1909 di GIUSEPPE GRAZIOSI, Bagnante, di MAX KLINGER.
L’evoluzione elicoidale del clima culturale artistico della fine ottocento e del primo novecento viene via via completandosi nel susseguirsi delle diverse mostre e delle loro recensioni : Prossima tappa Gustav Klimt
“Le ceramiche di Galileo Chini”
Villa Badoer, Fratta Polesine (Ro)
Ca’ Pesaro
Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia
31 Marzo / 8 Luglio 2012