Venezia, Museo Correr San Marco 52 30124 Venezia
24 marzo – 8 luglio 2012
Dopo aver presentato i due grandi cicli decorativi ospitati, in questo periodo, a Cà Pesaro (Le mille e una notte di Vittorio Zecchin e La Primavera di Galileo Chini) come promesso nelle precedenti recensioni, è tempo che racconti del loro grande ispiratore visionario, colto, decoratore di grande valore: Gustav Klimt. Artista che tanto incise sulla cultura figurativa veneziana e italiana nei primi due decenni del secolo scorso. L’omaggio veneziano a Gustav Klimt è volto a celebrare i 150 anni dalla sua nascita (1862), ad un secolo dalla sua partecipazione, da protagonista, alla Biennale di Venezia del 1910.
(la mostra nei saloni del Correr è frutto di una collaborazione tra la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Museo Belvedere di Vienna, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e Arthemisia Group. curatore scientifico è di Alfred Weidinger, è capo curatore e direttore associato del Belvedere di Vienna, uno dei massimi esperti dell’artista austriaco.)
La rassegna veneziana, presenta un ciclo di dipinti significativo, disegni preziosi, mobili e gioielli raffinati, interessanti documenti storici, ma anche elaborate ricostruzioni volte a documentare la genesi e l’evoluzione, in ambito architettonico e pittorico, dell’opera e di Klimt e di quanti con lui diedero vita alla Secessione viennese, soprattutto Josef Hofmann, l’amico di tante avventure progettuali. Con lui sono presenti Jan Toorop, Fernand Khnopff, Koloman Moser.
La prima sezione è dedicata proprio agli esordi della Secessione, di cui facevano parte con Gustav Klimt, il fratello Ernst, e Franz Matsch.
I primi lavori di Gustav, del fratello e di Matsch si ispirano all’accademia e sfiorano i preraffaelliti, poi come sospinti da Khnopff , anche nei loro dipinti i visi cominciano a evaporare. a lasciare solo l’impronta di alcuni dettagli: occhi, bocca, timbri appartenenti ad una terra di confine imprecisabile, le figure diventano volutamente sfuocate, proiettate verso un” oltre” .
La seconda sezione consente la visione di una serie di importanti apparati, tra cui foto, documenti , biografie,modellini.
Nella terza e quarta sezione vengono messi in luce due aspetti dell’arte secessionista: la figura e il paesaggio. Vi si trovano opere quali La Medusa di von Stuck e varie opere di Klimt.
Due diversi ritratti di signora: una imponente altera, in piedi con spalloni rigonfi, la seconda, è una Lady davanti al caminosembra sul punto di volatilizzarsi, raccolta in una mise nera.
Seguono altri studi, volti appena accennati, visti di fronte o di profilo .preparatori per sirene o silfidi che agilmente si abbandonano nelle onde in movimento d’acqua, o come fuochi fatui ascendono assecondando spire aeree.
Per il mondo terreno: Ritratto di Maria Henneberg fronte alta, sguardo intenso e diretto, mento altero. viso di un incarnato pallido, incorniciato da una folta capigliatura. La figura avvolta in chiffon azzurrino, con splendido fiore turchese sulla spalla, sembra incorporea.
Ritratto di Hermine Gallia coperta da balze di velo bianco, vaporoso, lievemente appoggiata nel vuoto … sicura di sé, amabile o sfuggente?
Ecco la svolta celebre: La Giuditta I (1901, Belvedere di Vienna), A proposito di questa opera molto famosa Alfreid Weidinger – curatore del volume e della mostra – afferma:
«La Giuditta di Klimt illustra dettagliatamente il tratto moderno del suo lavoro: il modo in cui prende una figura dal tempo presente, di una vivacità così calda da inebriarlo, e il modo in cui poi la porta nell’ombra magica di secoli lontani, il fatto che essa, con tutto il suo essere reale, appare sublimata e trasfigurata».
Giuditta vibra di sensualità, nel petto e nell’ombelico scoperti, la tensione erotica viene aumentata dal contrasto tra la sontuosa decorazione d’oro e pietre colorate e la nuda pelle rosata .. Ha rinunciato completamente agli attributi tradizionali che avevamo visto ripetuti in Caravaggio ed Artemisia (la spada, la serva che l’accompagna), qui la testa di Oloferne è spinta fuori del quadro, con colori scuri, come se K. accondiscendesse a celebrare una femmina scaltra che elimina il rivale, restando un’odalisca altera e sensuale, una femme fatale, con sfumature decadenti ed intonazioni quasi malinconiche.
Già poco tempo dopo l’esecuzione del dipinto si disse che i tratti fisiognomici della sua Giuditta erano quelli del prestante soprano Anna von Mildenburg. Fino all’incirca al 1897, la celebrata interprete wagneriana aveva avuto una relazione con Gustav Mahler; dal 1901 era “imperial-regia cantante da camera” all’Opera di Corte viennese. Tra le sue numerose storie gliene si attribuì anche una con Klimt. Dal confronto tra il volto della Giuditta e fotografi e coeve di Anna von Mildenburg si rileva senz’altro una certa somiglianza. …
Allo scrittore austro-ungarico Felix Salten dobbiamo una descrizione contemporanea delle componenti mondane di questo dipinto:
«La Giuditta di Klimt illustra dettagliatamente il tratto moderno del suo lavoro: il modo in cui prende una figura dal tempo presente, una vivacità così calda da inebriarlo, e il modo in cui poi la porta nell’ombra magica di secoli lontani, il fatto che essa, con tutto il suo essere reale, appare sublimata e trasfigurata. Questa Giuditta vien voglia di pensarla in un abito di paillettes proveniente da un atelier della Ringstraße, ed è una bella jour-dame come la si può incontrare ovunque, quella che attira gli sguardi maschili alle première, incantevole nel suo vestito di seta. Una femmina snella e flessuosa, con un fuoco conturbante nei suoi sguardi tenebrosi, con una bocca crudele e con pinne nasali che scatenano passioni. In questa femmina seducente sembrano sonnecchiare forze misteriose, energie, impeti che, una volta accesi, un bravo borghese non potrebbe più spegnere. Qui, un artista sfila a una di queste donne le sue vesti eleganti e ce la mostra nello splendore della sua nudità senza tempo»
Nella sesta sezione, Il trionfo dell’oro, è centrale Salomè, Giuditta II (1909) confrontabile con la citata Giuditta I (1901), è l’ opera, presente alla Biennale del 1910, che venne acquistata per la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, anche Giuditta II” esibisce voluttà e narcisismo: attira e respinge: coinvolge e detesta. Novella Circe, colta, di profilo, sfrontata, sensuale con mani che artigliano la testa del sacrificato … femme fatale, portata del fato ad esprimere amore e odio, accattivante, indomita tra gioielli coloratissimi incorniciata da oro fuso
La parte superiore del corpo piegata in avanti, i colori stesi come un mosaico variopinto di smalti alle spalle, danno enfasi alla gestualità complessiva. le ramificazioni spiraliformi sullo sfondo ricordano la Danzatrice del Fregio Stoclet. La testa dell’amato assassinato penzola senza valore al suo fianco, Originalissima nonostante si colga il contesto culturale preparatorio e propulsivo di tanto vigore artistico
Nata dopo la Salomè di Oscar Wilde, (rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1896, il racconto biblico della figlia di Erodiade. verso la fine del XIX secolo si diffuse moltissimo come tema da celebrare con la danza (fra le ballerine famose anche Mata Hari.
«La signorina Marberg appariva, nei panni di Salomè, assolutamente incantevole e si prestava a quella parte perversa con una furia naturalistica che soddisfece in sommo grado ogni aspettativa”: così recensiva Hanns von Gumppenberg nelle “Münchner Neueste Nachrichten»
Gustave Moreau, per esempio, entusiasmò il pubblico con esotiche rappresentazioni di una Salomè coperta da abiti trasparenti e sensualmente decorati. ispirato dalla Hérodiade di Stéphane Mallarmé. Klimt sicuramente conosceva anche la scultura policroma della Salomè di Max Klinger del 1887-88, e alla Salomè con la testa del Battista dipinta da Lovis Corinth nel 1900 , presentata alla seconda mostra della Secessione berlinese, pochi anni dopo la prima rappresentazione del dramma di Wilde.Come probabilmente conosceva la Manon di Jules Massenet, la Tosca di Giacomo Puccini e la Salomè di Richard Strauss.
«Con la Giuditta e la Salomè, che sono senza dubbio tra le opere più famose di Klimt, … la simbiosi, che è propria di questi dipinti, tra l’arcaico e il mondano, e col teso dialogo tra morte e sessualità, tra eros e thanatos, che esse esprimono, Klimt ha arricchito di nuove sfaccettature le possibilità offerte all’arte dalla figura della femme fatale. Il potere seduttivo della vita è ulteriormente, e significativamente, rafforzato dalla minaccia della morte che pure i due dipinti evocano… Dalla Giuditta e dalla Salomè di Klimt trapela un desiderio di felicità in cui per la prima volta trovano espressione le aspirazioni e le paure di un’epoca”.(Alfred Weidinge)
Negli anni intercorsi fra i due dipinti appena citati era cresciuta la collaborazione di Klimt con Josef Hoffmann, architetto e interior designer, conosciuto da Klimt ai primi germogli della Primavera viennese. La loro produzione è tema centrale della rassegna (sezione 5 e 8), nella quale si conferma, come in breve tempo, questi due straordinari artisti, (pittore e architetto), fossero capaci di condividere incarichi, clienti, amici, grazie alla tensione verso il Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale, che nel Fregio di Beethoven (1901-1902) e nelle decorazioni di Palazzo Stoclet a Bruxelles trova uno dei punti più alti della sua realizzazione.
Nel 1902 la Secessione Viennese aveva deciso di fare la XIV mostra del movimento, con un’esposizione in cui la scultura di Max Klinger, in marmo policromo, dedicata a Ludwig Van Beethoven, fosse il leitmotiv. Con direzione artistica affidata a Hoffmann, il quale crea tre grandi sale. In una di queste Klimt dipinge su tre pareti il Fregio di Beethoven. Oggi esposto, in buona parte, nelle sale del Correr, a dominare con forte impatto scenografico tutta la mostra… non c’è Mahler a suonare la Nona sinfonia… ma si può rimediare….
Il Fregio, lungo trentaquattro metri e sviluppato su tre pareti della sala del Palazzo della Secessione, fu progettato da Klimt nel 1902 in occasione della citata esposizione, come una delle cornici per la grande scultura di Beethoven . Il grande Musicista era considerato, da Klimt e dai suoi compagni, l’incarnazione del genio e degli ideali secessionisti. Ispirato alla Nona Sinfonia, il Fregio fu concepito come parte di un percorso espositivo in cui la visita si trasformava in una celebrazione corale, dove la musica diventava parte costituente e fondamentale dell’opera. In occasione dell’inaugurazione della mostra fu infatti eseguito l’Inno alla Gioia con la direzione di Gustav Mahler. Klimt riprende i temi fondanti: L’anelito alla felicità, Forze ostili e Inno alla Gioia. Nell’opera di Klimt, volta a confermare queste tematiche, emerge in più fasi la contrapposizione tra bene e male, l’aspirazione al riscatto ideale attraverso l’arte e nella relazione uomo- donna. L’uomo, rappresentato nei primi pannelli da un Cavaliere, con armatura dorata e possente, affronta nella ricerca del bene, una sorta di viaggio agli Inferi dei miti greci, per raggiungere l’amata: E’la Poesia la protagonista femminile del dipinto?. Il viaggio è immersione nel tortuoso processo di tentazioni e di dolore, ci sono in agguato le Gorgoni, donne bellissime, attorcigliate da catene e da serpenti, le Parche malvagie, un grande mostro digrignante, ingordigia e vizio, la miseria e la sofferenza, la fame, ma grazie alla protezione di figure rarefatte, che diventano corollario angelicato, si giunge all’abbraccio finale. Il Cavaliere, ora, senza armatura, denudato, si lascia travolgere dall’ estasi amorosa. La felicità è raggiungibile oltre il possesso , in un nuovo modo di vivere le relazioni. Gli ornamenti fluttuano come note musicali e dalle pareti emergono colori sapientemente accostati. Linee sinuose e oro valorizzano un messaggio allegorico significante…desiderio di felicità e paure epocali, compresenza di eros e thanatos da inconscio individuale (Giuditta) a inconscio collettivo. Nelle espressioni mitiche non mancano cenni ironici rivolti a questa goffa umanità in cammino . ma nell’ultimo pannello Klimt sentenzia: “Il mio regno non è di questo mondo”, la stessa citazione biblica che Wagner riportò nel proprio saggio del 1846 dedicato a Beethoven per sottolineare la funzione liberatrice della musica dalla corruzione del mondo terreno.
Alla settima sezione la mostra racconta quindi anche la fertile liaison di questi Pionieri del Moderno, per i quali architettura, pittura e arti applicate si mescolarono fino a diventare arti tra loro inscindibili,: “Kurvilinear o Stilemi curvilinei. Tra simbolismo e secessione”.
“Palais Stoclet 1905-1911” è il titolo dell’ottava sezione, interamente dedicata al lavoro che Hoffmann e Klimt intrapresero per il banchiere Adolf Stoclet. Lascia trapelare quanto abbia inciso il fascino degli splendidi mosaici all’interno della basilica di San Marco e della basilica bizantina tardo-antica di San Vitale a Ravenna che Gustav Klimt trasse infine ispirazione per il suo “periodo d’oro”.
Di Hoffman si celebrano oltre le visioni architettoniche ricostruite con modellistica precisa, i raffinati gioielli d’oro, argento, lapislazzuli, pietre di luna, accattivanti progetti per tappeti, tendaggi, un vero tavolino bianco, con sedie in velluto rosso del boudoir di Gallia, geometriche , scrivanie, librerie, camini.
Altri artisti, tra cui Toorop, Stöhr, Khnopff, parteciparono a quell’esposizione e anche essi sono presenti nella quinta sezione: “Beetohvenausstellung o L’utopia della Gesamtkunstwerke: Moll racconta di boschi e betulle e Moser colloca arbusti su terreni invernali. Toorop in fatalisme racconta di donne immortali grazie alla trasformazione in e con serpenti ed altre liberano la loro anima verso il cielo, Stor le riduce a fantasmi artiglianti“meduse”o “ vanitas”
Le Sculture di Minne garantiscono una grazia speciale: pudica e lasciva al tempo stesso
Torniamo a Klimt il girasole si impone con forte impronta di angoscia: soffocato dal fogliame verde. costretto in un abito lungo oltre il quale si affaccia, con innaturale vertigine il capo-fiore.
Delicatissima ed intonata la foglia dì alloro con un messaggio di poche righe, steso a mano per la tomba dell’artista. Come si legge dalla dedica, è stato il vento a portarla fino al sepolcro, incorniciata come un omaggio all’artista evoca la cupola di alloro di Palazzo Stoclet, ma soprattutto è come se l’anonimo ciascuno di noi partecipi di questa visione dell’arte totale .
Durante il percorso, ripetuto tre volte, sono invasa una pluralità di dubbi: ho visto un racconto simbolico cui corrisponde una ricerca di spiritualità, o mi seduce l’accattivante ambiguità di K., la capacità di rendere inscindibili il fascino della sensualità, del piacere, dalla proiezione verso l’oltre, arte compresa ? Il male è purificato dall’amore anche se restiamo attorcigliati da sinuosi fili d’oro che corteggiano autore e osservatore? Non facilmente decifrabile, Il Bacio di Palazzo Stoclet a Bruxelles: le figure umane si individuano appena, coperte da preziosi manti ricamati, Nascondimento o esibizione? Sensibilità emotiva o ornamentale? K. è un narcisista raffinato o un decoratore sensibile, capace di dar volto immortale al clima del suo tempo?
Per rispondere, non è sufficiente, anche se necessario, collocare l’artista nella Vienna della Belle Epoque, ammirata in tutto il mondo al pari di Londra e Parigi la Vienna di Sigmund Freud, Gustav Mahler, Arnold Schöenberg e Stefan Zweig, di Strauss, di Josef Hoffmann e di Adolf Loos. Di Ludwig Wittgenstein di, Oskar Kokoschka ed Egon Schiele,
Non basta ricordare come la sua produzione portò al Trionfo del design nella riviste d’arte, a partire da VER SACRUM . Nelle sale del Correr, completano l’esposizione alcuni numeri della celebre rivista, lo strumento divulgativo più alto realizzato dagli artisti appartenenti al movimento secessionista, custode della poetica dell’arte totale – Gesamtkunstwerk.
Per sciogliere dilemmi tanto significativi, dvrete scoprire tutto di persona, dopo esservi immersi nelle note di Beethoven, così da essere pronti a godere di opere tanto inebrianti.