Da Internazionale, Opinioni
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A stare a Google, “primi a scuola ultimi nella vita” bisogna proprio suggerirlo all’editore Laterza che il 18 settembre ha presentato la nuova collana Idòla (con accento sulla o, ha spiegato dottamente Luciano Canfora, ma la spiegazione è incompleta e si può dir bene anche ìdola). I due luoghi comuni sbeffeggiati dai primi volumetti della collana sono È l’Europa che ce lo chiede (Canfora) e Non ci possiamo più permettere uno stato sociale (Federico Rampini), ma nei risultati di Google sono battuti 5 a 1 e addirittura 60 a 1 da “primi a scuola” (20 milioni di pagine).
Certo chi ha fatto il liceo ricorda compagni di classe somarissimi ma poi di grande successo in età adulta oppure, al contrario, qualche mitico primo della classe finito neet a cinquant’anni. Ma nell’insieme non è così. Anche i dati dell’ultimo rapporto Ocse, Education at a glance 2012, non lasciano dubbi. In media in tutti i paesi ai livelli più alti di istruzione corrispondono retribuzioni più alte (specie in Italia).
Se guardiamo all’occupazione, nella media Ocse persone con livello inferiore di istruzione sono disoccupate al 12,5 per cento, con punte massime in Spagna, Ungheria, Repubblica Ceca (oltre 20 per cento), Estonia (oltre 25), Slovacchia (oltre 40), ma persone con istruzione universitaria sono disoccupate in genere a meno del 5 per cento, punte minime nella Repubblica Ceca, Norvegia, Svizzera, Corea, poco sopra il 5 solo Estonia, Spagna, Turchia, Grecia, Irlanda, Cile, Italia.
Più algebra o greco e buon lavoro!
Internazionale, numero 968, 28 settembre 2012