Qualche giorno addietro, un lungo articolo di A. B. in un quotidiano si lagna della frecciata che P. C., in un altro pezzo, aveva lanciato su una sua opera. Nel suo articolo B. è scorrevole, preciso, puntuale, è uno scrittore che sa come attirare l’attenzione del lettore.
(Negli stessi giorni – “Amor che nullo amato amar perdona”…
Che emozione sentire versi fra i più belli che sono stati scritti da un autore italiano, echeggiare sotto le volte della chiesa del Santo Sepolcro in Santo Stefano a Bologna.)
Oltre a lagnarsi di C., B. scaglia qualche strale anche verso G. F. per un analogo trattamento che il cattedratico gli avrebbe riservato dalle colonne di un altro quotidiano.
(Sì, ascoltare Dante è sempre un’emozione, ma la voce calda e profonda di Vittorio Sermonti aggiunge quel quid in più che incolla gli spettatori alle sedie, che blocca quasi i colpi di tosse, impedisce i movimenti, fa guardare per terra o in alto, mai verso il compagno casuale che ti sta accanto.)
Il giorno seguente, la pagina centrale del quotidiano è interamente dedicata al problema. Risponde F., intervengono S. F. e E. S., scrive un articolo anche N. A. con il suo tono discorsivo e gradevole.
(Noi si è lì, seduti, un po’ infreddoliti, le parole sono quelle lette e spiegate mille volte ad alunni distratti e ti sembrano diverse, nuove, come bastasse una voce e un luogo per farne un oggetto misterioso da scoprire poco a poco.)
Immagino allora il caporedattore delle pagine culturali che per due giorni ha chiuso senza fatica il suo lavoro, e magari si aspetta che anche C. invii un pezzo. E il dubbio si insinua nella mia mente: tutto spontaneo o tutto costruito?
(E pensi che quello è il modo giusto per ascoltare Dante, quello attraverso il quale i suoi contemporanei impararono a conoscere Paolo e Francesca e Pia e Ugolino e Beatrice. Si torna indietro nel tempo e, miracolo, non un cellulare ha squillato durante la lettura!)
(libera interpretazione di una proposta di Patrizia Franceschini – le Voci ringraziano)