I ponti mi piacciono, in genere, tutti.
I ponticelli in legno o in pietra che eliminano anche il più piccolo impaccio nel camminare, segno di una continuità distesa.
I ponti tesi sopra uno strapiombo, da attraversare con un brivido per le vertigini. Con generosità, consentono un andare oltre, altrimenti spezzato.
Amo i ponti lunghissimi, magari grandiosi. Richiedono tempo per essere attraversati. All’inizio non sai cosa troverai dall’altra parte, ma, man mano, che avanzi, il paesaggio si fa sempre più nitido; prima scorgi i contorni e, poi, affiorano con precisione tutti i dettagli. Questi sono i ponti, che nella mia immaginazione, ti accompagnano verso il nuovo.
Continuità e discontinuità, passaggio, superamento di una situazione di stallo, essi rappresentano questo ai miei occhi.
Il ponte di Fioroni, anzi, più precisamente l’Anno Ponte, mi lascia perplessa. È, senza dubbio, molto lungo, grandioso non direi, ma per il resto é un enigma. Ogni tanto, lungo il suo percorso, compare qualche segnale, ma si tratta di forme astratte che non si riescono ad identificare, che non permettono di capire dove si stia andando.
Troveremo l’identico o il diverso? Ma sì, è un ponte punto interrogativo: dalla parte uncinata è ancorato alla sponda attuale della scuola e dall’altra si protende in direzione del nulla o, forse, di un puntolino di spessore inconsistente.