Salgo con la macchina verso l’Amiata. In un tratto disabitato un vecchio corre all’impazzata per la discesa sotto la pioggia. Proprio mentre sta oltrepassando la mia macchina cade a terra sulla strada.
Mi fermo, lo aiuto a risollevarsi: la faccia coperta di sangue, pronuncia frasi sconnesse. Poco dopo sopraggiunge una macchina che si ferma accanto a noi. E’ il figlio che inizia ad offendere il vecchio padre che è di nuovo scappato dall’ospizio dove l’hanno rinchiuso.
Il vecchio non correva per sua scelta: la sua capacità di controllare le gambe non era più sufficiente per frenarsi lungo quella discesa così ripida.
Tutto questo gli era già successo: sapeva di essere imprigionato dagli anni assai più che dalle mura dell’ospizio, eppure tentava di nuovo la fuga.
Un vecchio fuori di testa, mi dice quel figlio sgradevole. Io voglio pensare, invece, a una testa fuori dal recinto, al sogno caparbio di sfuggire ad un destino già scritto.
A scuola l’altro giorno un bambino ha disegnato l’orizzonte del mare mosso dalle onde e coperto di barche. Sapeva che una barca diretta verso il largo sparisce alla vista ma c’è sempre, così come le onde che si rompono sulla spiaggia. Disegnava quello che sapeva esserci, non quello che vedeva davvero.
Piano piano imparerà che l’orizzonte è una semplice riga.
Sarebbe molto bello se ci fosse un luogo dove i bambini possono continuare a sognare e gli adulti sognarsi di nuovo.
Questa sarebbe una scuola per tutti.