Di recente, filmati ed immagini, frutto di improvvisati operatori adolescenti, hanno suscitato allarme e sdegno.
Una macchinetta e un semplice clic con il dito di una mano sono sufficienti a catturare scene dal contenuto odioso che, in modo altrettanto facile e rapido, vengono riversate su internet e si offrono a sguardi di curiosità morbosa . “Penso che queste mani appartengono ad uomini che non sono più; che sono condannati ad essere mani soltanto: queste mani, strumenti. Hanno cuore? a che serve? Qua non serve. Solo come stru-mento di macchina , può servire, per muovere queste mani. E così la testa: solo per pensare ciò che a queste mani può servire.”
(L. Pirandello, “Quaderni di Serafino Gubbio operatore”, Milano, Garzanti, 1993, pp. 58-59)
L’innocuo video telefonino, si trasforma in uno strumento pericoloso che pare asservire chi lo usa:
“….dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni.”
( L. Pirandello, op. cit., p. 8 )
Facile e consolatorio pensare che la macchinetta sia un mostro che disumanizza chi la impiega e che basti disciplinarne o proibirne l’uso per sentirsi adulti solleciti e responsabili, che hanno compiuto il loro dovere e risolto il problema. “-…..A dir vero, la qualità precipua che si richiede in uno che faccia la mia professione è l’impassibilità di fronte all’azione che si svolge davanti alla macchina.”
(L. Pirandello, op. cit, p.7)
L’impassibilità, la mancanza di partecipazione emotiva, se non una lieve eccitazione divertita , mi pare caratterizzare gli improvvisati operatori. “ Per Frank lo sverginamento, quello vero, di qualche tempo prima, non ha avuto grande importanza: si era trovato nell’ambiente propizio. […] Che a diciannove anni Frank uccida il suo primo uo-mo è uno sverginamento appena più impressionante del primo. E, come il primo, non è stato premeditato: è successo così…[…]
Erano settimane, forse mesi, che diceva a se stesso, sentendosi quasi in condizione di inferiorità:
‹‹Bisognerà che provi…››”
(G. Simenon, “La neve era sporca”, trad. di M. Visetti, Milano Adelphi, 2003, p.17)
Sembra di trovarsi di fronte all’assenza di una qualunque distinzione tra bene e male, ma anche di un qualsiasi impulso che trattenga dall’azione e dal quale possa svilupparsi il ritegno e una qualche forma di pietà . Al loro posto una fredda indifferenza e la necessità, che sembra dilagare come per contagio, che crea nuovi autori di crudeli filmati.
Non può essere lo strumento a produrre questo distacco emozionale tra sé e gli altri, né ci si può rifugiare, per sentirsi innocenti, nel giudizio che sono questi adolescenti i mostri. “Nel deserto della comunicazione emotiva che da piccoli non è loro arrivata, da adolescenti non hanno incontrato, e nelle prossimità dell’età adulta hanno imparato a controllare, fa la sua comparsa il “gesto”, soprattutto quello violento, che prende il posto di tutte le parole che questi ragazzi non hanno scambiato né con gli altri per istintiva diffidenza, né con se stessi per afasia emotiva.”
(U. Garimberti, “Gli analfabeti delle emozioni”, La repubblica, 5 ottobre 2002)
E le odierne tecnologie consentono di fare, di quel gesto, spettacolo, di ottenere un momento di visibilità, esaltata, oggi, come massima aspirazione a cui tendere.