Federica Jacobelli, Uno studio tutto per sé. Storie di arte e di amicizia. Motta Junior, 2007.€ 18.
Tre giovanissime (tra i 16 e i 18 anni) si incontrano in un atelier parigino, a lezione di arte. Una di loro è la nipote dell’anziano insegnante. Alla fine delle lezioni, il filo non vuole sciogliersi e le tre ragazze, tre vite diversissime, cominciano uno scambio di mail – una è a Parigi ed economicamente non se la passa tanto bene, l’altra invece parte per un gran tour tra l’Italia e l’America, la terza trascorre l’estate in montagna col nonno. Sull’onda delle lezioni ricevute, il fuoco è sull’arte, e sull’arte delle donne. Si trovano così intrecciati il diario delle artiste- quelle reali, del passato e della contemporaneità, e quello delle aspiranti artiste, Dora, Bella, Clara, che ancora non sanno bene cosa vogliono fare…che hanno per talento la curiosità. “Ci scriviamo le nostre domande e i nostri sogni?” e così fanno, tra luglio e settembre.
Quello che consideriamo il mezzo espressivo più immediato e attuale, la mail, diventa l’occasione di una vera e propria enciclopedia di artiste dal rinascimento ad oggi: di ognuna di loro le ragazze scoprono e si comunicano- sui libri, e nei musei – la biografia, le opere, le vittorie e le sconfitte. Mettendole continuamente in relazione con se stesse, con la difficoltà di essere donne nel mondo dell’arte, di non essere plagiate, censurate, limitate nelle proprie scelte espressive. “Essere artisti significa essere chiamati artisti”, si dicono, e si interrogano sul fatto che l’arte possa essere un mestiere, un lavoro con cui mantenersi. Nelle biografie femminili sperimentano la protezione paterna di Sofonisba Anguissola, la censura, l’esclusione, l’ardore disperato che porta alla follia come in Camille Claudel, schiacciata dal maestro amante Rodin; ma anche la ribellione di Leonora Carrington, la dolcezza di Mary Cassatt, che femminilmente inventa in America il collezionismo. Si interrogano sul primato del vero rispetto al riprodotto, si chiedono se fare l’autoritratto è solamente ritrarre se stesse come il mondo vuole vederci o rappresentare un po’ di sé in una scena, in una visione, in un soggetto. Ma “io non conosco ancora il mio soggetto. Non ancora”. Così l’idea del romanzo nel romanzo arriva a toccare punti nodali di critica d’arte. Eppure si tratta di un libro per adolescenti: presente nel catalogo Motta junior, nella collana “occhiotattile” curata da Grazia Gotti della bolognese Giannino Stoppani, libreria visiva e tattile quant’altre mai. E il libro è vivacissimo, sghembo nelle riproduzioni colorate, nella grafica diversificata. Davvero stimola un’intelligenza prensile, che cattura. In onore al fatto che le “le opere non sono reliquie. Sono pensieri mai perduti. Sono sguardi che, rimasti impressi, permettono al mondo di conoscersi più a fondo e a noi di incontrarci”. E’ il nonno G. che induce a queste riflessioni e che nel finale porterà un po’ più avanti i sogni delle ragazze, ne farà progetti.
Dietro a questo anziano maestro, dietro alle tre ragazze e alle artiste sta l’autrice Federica Jacobelli. Che abbiamo letto in delicatissime e sognanti storie tratte dalla vita di Andersen o di Astrid Lingren; o in traduzioni e messe in scena da Rodari o da Pommerat, appassionata interprete di bambini e di storie. Che sa che “il vedere viene prima delle parole”, ma conosce anche le parole che fanno vedere, quelle che facendo pensare incantano e lasciano la scia. Le parole che recintano il nostro perimetro, e ci danno lo spazio per esprimerci. Federica con la sua eterna grazia di folletto shakespeariano anche questa volta ci ricorda di pretenderle, queste parole speciali, che hanno dentro sguardi e persone. E indica alle giovani che leggeranno questo bel libro un modo per costruirle.