“Il caos dei corsi di recupero 7 ragazzi su 10 con ‹‹debiti››”, questo il titolo di un articolo comparso sul quotidiano la Repubblica il 6 marzo 2008.
Nel testo si precisa che “Dopo gli scrutini, presidi e insegnanti hanno fatto i conti con i “nuovi debiti” scolastici: le insufficienze nella pagella del primo quadrimestre di cui la scuola, alla luce delle novità introdotte dal ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, deve farsi carico. I primi dati, non ancora ufficiali, sono davvero sconfortanti. Coloro che hanno riportato almeno una insufficienza sono il 75/80 per cento: quasi 2 milioni di ragazzi per i quali gli istituti devono organizzare il «recupero» portando a termine la normale attività didattica.”
Vi è da domandarsi se questo risultato “sconfortante “ non fosse già previsto anche da chi è stato il promotore di tali interventi e da tutti coloro che li hanno approvati. Sarà una cattiveria gratuita, ma solo per insipienza, che mi sembra improbabile, o per la volontà il varare qualcosa, tanto per mostrare che si sta agendo con decisione per risolvere i problemi della scuola, si poteva dar luogo a simile provvedimento.
Le percentuali di studenti, bocciati o promossi con debito negli anni passati, sono dati noti a tutti, così come tutti sanno che per cultura scientifica e matematica e comprensione testi gli studenti italiani risultano, dalla più recente indagine Ocse-Pisa, agli ultimi posti.
Questa la situazione, per “rimediare”la scuola ha dovuto predisporre corsi di recupero dopo il primo quadrimestre, altri corsi dovrà programmare alla fine dell’anno e, per dimostrare la sua serietà, sottoporre gli studenti ad un esame finale che accerti la loro effettiva preparazione e decida se possono passare alla classe successiva.
Nella realtà le scuole si sono trovate ad organizzare classi di recupero molto affollate, per un numero di ore esiguo. Come il solito, si è detto che i soldi erano pochi. Si può ipotizzare che lacune e difficoltà della maggioranza degli studenti si fossero già cristallizzate da tempo, allora è impensabile la loro risoluzione in un massimo di quindici ore, così mi risulta, ad anno scolastico inoltrato, in un rapporto così sperequato tra docente – allievi. Mi domando anche se, per gli studenti con tre o quattro insufficienze, si sia prevista, oltre ad una assidua presenza pomeridiana, pure una frequenza serale.
I corsi di recupero nelle scuole superiori sono come una pagliuzza che serve, nel suo piccolo, a concorrere ad una costruzione complessiva, altrimenti diventa una pagliuzza inutile.
Affiancato all’articolo, un commento di Marco Lodoli dal quale dissento nella conclusione. “Forse sarebbe meglio avvertire i ragazzi che è ora di mettersi a studiare sul serio a casetta propria: che è finita la pacchia, che ognuno deve darsi da fare, che la scuola non è un´arca di Noè dove chiunque si imbarca può tranquillamente mettersi a prendere il sole, tanto l´elica gira.”
Mi sembra più dettato dalla stanchezza rabbiosa di chi ha vissuto la realtà della scuola, nell’accrescersi di difficoltà, e, anche nella progressiva deresponsabilizzazione di studenti e famiglie. La colpa di un insuccesso era sempre di docenti impreparati, pigri e incapaci di stabilire relazioni appropriate se non feconde con i propri allievi, ai quali, quasi nessuno si sognava di dire che l’impegno è reciproco, che non tutti possono riuscire in tutto o più, semplicemente, che un debito è un debito, che non può venir abbonato per impulso caritativo o per arrendevolezza di fronte all’andazzo corrente.
Rimane il fatto che il tentativo di recuperare situazione di difficoltà di apprendimento rappresenta uno dei compiti che la scuola si deve assumere. So bene che tale azione non si può limitare a un corso o due in un anno scolastico e che richiede interventi di ben altro spessore e di natura politico, ma non si può liquidare il problema dicendo agli studenti che la pacchia è finita e si debbono arrangiare.
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Note
L’articolo Il caos dei corsi di recupero 7 ragazzi su 10 con “debiti”è accessibile al seguente indirizzo:
L’articolo di Marco Lodoli, No ai salvataggi È ora di studiare è reperibile ai seguenti indirizzi: