Consola la mobilitazione multicolore in difesa dell’inno nazionale e la sua tempestiva distribuzione alle scuole, consolano il tempo e lo spazio ad entrambi dedicati: ne avremo gran giovamento noi professori meridionali (da aosta a trapani).
Forse allevierà la depressione – socialmente fastidiosa – che ci assale quando insieme ai nostri studenti ragioniamo sulla conoscenza con l’ausilio di tavolette di cera e penne d’oca. Forse fornirà slancio identitario e professionale ai futuri insegnanti che, grazie alla lungimirante chiusura delle scuole di specializzazione – sopruso di questi giorni estivi, tecnica sofisticata – eserciteranno chissà quando il loro marginale lavoro privi di ogni pericolosa formazione e lontani dal contagio con i colleghi tutori del tirocinio.
Forse rianimerà qualcuno di quegli adolescenti smarriti e confusi che inghiottono pastiglie e patatine (effetti dubbi sull’esercito-ombra dei brillanti e impegnati).
Imbambolati davanti ai prodigi del serpente che si morde la coda, attendiamo di essere chiamati a cantarlo, l’inno, su qualche rete in prima serata.