D.Grossman, A un cerbiatto somiglia il mio amore, Mondadori, Milano, 2008, Traduzione di Alessandra Shomroni, pp. 780, € 22,00
Ancora una volta Grossman pubblica un romanzo dal titolo poetico, tratto dal Cantico dei Cantici, un romanzo nel quale si entra pian piano, a fatica, dopo un’anticamera di cento pagine circa, ma dal quale è ancor più difficile staccarsi. Lungo le cento pagine dell’incipit, in cui prevalgono i dialoghi, incontriamo Orah, Avram e Ilan, tre sedicenni ricoverati in un reparto di isolamento di un piccolo ospedale di Gerusalemme.
E’ il 1967, fuori il dramma della guerra dei Sei Giorni, dentro, nell’ospedale, il silenzio, la solitudine, il buio del coprifuoco. Nell’oscurità Avram cerca Orah, impara a conoscerla e la spinge a conoscere Ilan, il suo compagno di scuola che vaneggia per la febbre altissima.
In Grossman i nomi sono molto importanti, credo non sia un caso che la ragazza si chiami Orah, “luce” in ebraico: per i due giovani Orah è, infatti, come un faro nelle tenebre.
Avram s’innamora di Orah, ma è molto legato anche a Ilan; Ilan s’innamora di Orah, ma è anche un grande amico di Avram; Orah li ama entrambi.
Viene il 1973, scoppia la guerra del Kippur, i due giovani vengono mandati a combattere sul fronte egiziano; Avram è fatto prigioniero, torturato fisicamente e psicologicamente. Dopo un anno è rilasciato, distrutto nella mente e nel fisico. Ilan e Orah si sposano, hanno un figlio, Adam, e si alternano al capezzale dell’amico. Ancora una volta sarà Orah a far emergere dalle tenebre Avam, cercando di riportarlo a un’apparente normalità. In entrambi si risveglia l’antica, reciproca, attrazione che genererà un figlio, Ofer, il cui significato in ebraico è “cerbiatto”.
Adam e Ofer crescono insieme, ignorano di avere due padri diversi, sono complici nei giochi e nella vita. Un giorno, come spesso avviene in Israele, l’azione militare richiama i riservisti e Ofer parte per il Libano.
Orah si rifiuta di restare a casa ad attenderlo, di rischiare che un ufficiale, un medico militare e uno psicologo vengano a bussare alla sua porta per informarla della morte del figlio. In cuor suo è convinta che, rendendosi irreperibile, la morte non potrà mai colpire Ofer.
p. 140 “E dentro di lei balenò un’idea: se non l’avessero trovata, se fosse stato impossibile rintracciarla, a Ofer non sarebbe successo nulla di male.”
E allora Orah parte, prende due zaini, convince Avram a seguirla e con lui percorre Israele da nord a sud, dall’Alta Galilea a Gerusalemme. Durante il lungo viaggio a piedi, Orah parla di Ofer, cerca di far vivere in Avram il figlio, che lui ha sempre rifiutato di conoscere.
Il romanzo racchiude tutta la storia, la sofferenza e la precarietà di Israele, in esso i sentimenti privati si confondono, si mescolano agli avvenimenti pubblici. Durante la stesura del romanzo, Grossman perse il figlio Uri, impegnato in un’azione militare in Libano, e con lui caddero due suoi compagni.