Una ragione per leggere i classici? Eccola, invitante e convincente.
“Suvvia, dato che l’inviato è Aristofane, dillo subito che è uno scherzo. Si sa: Aristofane è vissuto in Grecia, ad Atene, durante la guerra del Peloponneso, nel V secolo a.C. ed era addirittura un comico, uno scrittore di commedie… Può darsi che facesse ridere, che scrivesse bene, che scrivesse di politica, ma quella di allora. Adesso, adesso è un’altra cosa”.
Non ne sarei tanto sicura.
La commedia antica, di cui ci restano solo i testi di Aristofane, è un unicum, credo a livello mondiale. Ad Atene infatti c’era un governo di tipo democratico (molto imperfetto: erano escluse le donne, gli schiavi, gli stranieri… Fatto oggi impensabile!!!) e, da quanto è dato capire, ci fu per un breve periodo una libertà di opinioni stupefacente, periodo che si concluse, più o meno, con la morte di Socrate.
Aristofane, da quel che si legge nelle sue commedie, non si tirò mai indietro, al potere disse tutto quello che c’era da dire e anche in modo non politicamente corretto. Ma quelli erano altri tempi e i politici erano diversi, si sa. Nonostante tutto, propongo qualche stralcio dalla commedia “I Cavalieri”, un esempio molto interessante di feroce satira politica.
Il testo di Aristofane mette in luce i lati deboli della democrazia, quella di allora naturalmente. Aristofane, un reazionario che voleva la pace e si opponeva alle mire imperialistiche di Atene, l’Atene di Pericle, quella democratica, s’intende, in tutte le sue opere chiede appunto la fine della guerra; i suoi eroi sia che siano poveracci, donne, contadini, animali vogliono la fine dei conflitti, perché da sempre la guerra colpisce soprattutto i più deboli. Il poeta analizza con uno sguardo davvero ferocissimo la situazione politica del suo tempo, la sua penna è crudele, caustica, le battute pesanti, ma Aristofane è, appunto, un poeta e quando si lascia andare al sogno di un mondo migliore allora il lirismo si effonde, il mondo è in mano alle donne, in mano agli uccelli in un mondo fantastico dove la guerra non arriva…
Per tornare ai Cavalieri, nella commedia Aristofane mette in campo due personaggi interessanti, due uomini politici che vogliono il potere (ma va’?). Uno è Cleone, effettivamente capo del partito democratico ai tempi di Aristofane, fautore della guerra e chiamato nella commedia Paflagone, l’altro è un immaginario avversario, un salsicciaio. Entrambi faranno una figura tremenda perché ogni loro incontro diventa una zuffa (il che vi ricorda qualche trasmissione televisiva di informazione politica?), perché non propongono mai nulla, perché il loro unico scopo è denigrarsi a vicenda.
Allora cosa fa ridere? L’impudenza, i due si accusano a vicenda delle cose più turpi e apertamente ognuno dice di sé di essere ladro, traditore e soprattutto di avere in pugno le decisioni del terzo personaggio, Popolo. È un’iperbole, ovviamente, giusto per far ridere!
Ecco un assaggio del testo:
PAFLAGONE: Io confesso d’essere un ladro: ma tu no.
SALSICCIAIO: Sì per Ermes, dei bottegai.
PAFLAGONE: E io spergiuro anche quando mi vedono.
SALSICCIAIO: Allora escogiti le arti degli altri.
(…)
SALSICCIAIO: Troppo sei convinto che il popolo sia cosa tua.
PAFLAGONE: Perché io so come imboccarlo.
SALSICCIAIO: E poi, come le nutrici, lo alimenti male: dopo aver masticato il suo cibo glielo imbocchi un poco; e tu, per parte tua ne hai inghiottito tre volte tanto.
PAFLAGONE: Certo, per Zeus, con la mia abilità io posso fare il popolo largo o stretto.
SALSICCIAIO: Una cosa simile l’ha escogitata anche il mio sedere.
PAFLAGONE: No, mio caro: non crederai d’avermi maltrattato in Consiglio: andiamo dinanzi al popolo.
Popolo è dunque l’eroe della commedia? NO, anche Popolo, che in democrazia, non dimentichiamolo, dovrebbe essere l’attore principale, si dimostra se non peggiore, uguale ai due politici.
Tra i due, infatti, vincerà chi saprà parlare al suo ventre. Alla fine Popolo avrà il governo che si merita e la guerra andrà avanti: la democrazia ateniese era ormai una demagogia. Poco dopo questa commedia di grande successo, proprio Cleone veniva rieletto! Una conferma della diagnosi di Aristofane di cui il commediografo avrebbe fatto volentieri a meno.
Povero Aristofane! E ancora non sapeva che, alla fine della vita, avrebbe scritto una commedia sugli arricchiti, niente più politica: nella demagogia (travestimento e caricatura della democrazia) il bavaglio è sempre pronto.