Veramente il titolo dell’articolo di Enrico Franceschini (1) manca del punto interrogativo, per me, invece, necessario perché, in questo caso, la pluralità delle lingue non porta alla dispersione, all’impossibilità di stare assieme, anzi è alla base della costruzione di uno spazio di condivisione.
Questo luogo è una scuola: la Woodside High Shool di Tottenham, un quartiere nella parte Nord di Londra, frequentata da un migliaio di studenti dagli 11 ai 16 anni che parlano 64 lingue. Quello che meraviglia e che mette allegria, di quell’allegria che nasce quando si materializza quello che sembra, a molti, una fantasia d’ingenua stoltezza: e che questa eterogeneità di allievi, che non è solo di lingue, ma di costumi e dialetti, non viene vissuta come problema da calmierare in quantità e presenze, ma come punto di forza.
E dire che le condizioni non sono certamente ottimali, almeno secondo i nostri parametri: percentuali di studenti stranieri che raggiungono l’80 per cento, continui ingressi in corso d’anno di scolari, provenienti da famiglie neo- immigrate, che non conoscono una parola d’inglese.
Neppure si può dire che siano mancati in passato gli scontri, anni fa erano continue le risse tra due minoranze rivali: turchi e somali. La risposta al problema è stata di preparare gli studenti dell’ultimo anno a diventare mediatori per prevenire i conflitti.
Risultati nell’apprendimento scadenti? Neppure per sogno. “ I risultati sono così buoni che proprio in questi giorni la scuola di Tottenham è finita sui giornali: da quando ha introdotto le misure pro-multiculturalità, i suoi studenti registrano una media di voti più alta del doppio rispetto a quella nazionale. E alcuni sono addirittura tra i migliori d´Inghilterra, come Divita Kumari, 14enne, che ha ottenuto il quinto miglior voto su 23 mila studenti in francese: non la sua lingua madre, essendo una ragazzina albanese.”
Per curiosità, sono andata su internet a cercare notizie sul quartiere di Tottenham, non sembra proprio un’isola felice: noto, o tale lo era fino a pochi anni fa, per i numerosi problemi sociali, popolato, prevalentemente, da persone a basso reddito provenienti dai più diversi paesi.
Ad un certo punto ha preso il controllo la mia componente terragna, ha prevalso, prima, una certa incredulità, poi l’idea che veniva descritta una realtà unica e irripetibile. Forse in questa scuola si è sviluppata un’atmosfera, delle vibrazioni che influenzano profondamente coloro che la frequentano. Può essere frutto di una personalità spiccata e carismatica che imprime le proprie peculiarità umane all’insieme; oppure è stato l’incontro di persone che, per uno strano caso del destino, hanno trovato una consonanza d’intenti e si sono valorizzate l’un l’altra.
È bello, comunque pensare che questa sia una scuola conglomerato, dove ciottoli tutti diversi portati dalle correnti marine si sono uniti tra loro grazie ad una matrice che ne ha reso stabile la coesione, pur lasciando ad ognuno la sua diversità.
Scrollo il mio ancoraggio alla terra e penso che anche in Italia si trovino scuole conglomerato come la Woodside High Shool, basta cercare con pazienza.
NOTE
1) E. Franceschini, Quelle 64 lingue della scuola-Babele di Tottenham, “la Repubblica” 31 marzo 2009
L’articolo può essere letto al seguente indirizzo:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/03/31/quelle-64-lingue-della-scuola-babele-di-tottenham.html