…Mando un testo scritto da un’ alunna di terza media. E’ una delle ragazze più in gamba della classe. Prima che scrivesse questo testo, sapevo solo che è figlia di immigrati e che è in Italia da 4 anni (pazzesco se vedi come parla e come scrive, e non è stata in una classe ponte!). Mi ha emozionato molto.
Quando è stato letto in classe, molti compagni stentavano a credere – l’ho visto nei loro occhi – che il padre di Dorina avrebbe potuto avere un passato così uguale al presente di tanti uomini che oggi vediamo respinti sulle coste dell’Africa…
Era il febbraio del 1996, quando mio padre partì per l’Italia. Le motivazioni erano tante, la principale era la povertà che c’era in Albania. Egli, assieme a quaranta persone, partì su un gommone per giungere in Italia, sperando in un futuro migliore. Il viaggio fu molto difficile, il gommone si fermò in mezzo al mare, perché era finita la benzina. Saranno state più o meno l’una di notte, il freddo si faceva sentire e la paura di dover morire era grande; c’erano bambini che piangevano e chiedevano alla madre quando avrebbero visto il loro padre. Gli scafisti riuscirono a risolvere il problema, continuarono il loro viaggio fino al mattino seguente. Sbarcarono a Brindisi, lontano però dalla riva, i vestiti erano tutti bagnati e l’acqua arrivava fino al collo. Nuotando arrivarono a riva, dopo si rifugiarono per due giorni nei boschi, senza cibo e con i vestiti bagnati. Fortunatamente riuscirono a sopravvivere. Passati i due giorni, papà partì per Firenze, con il treno, ma senza biglietto. Aveva paura di essere scoperto e rimandato in Albania, però riuscì ad arrivare a Firenze sano e salvo. Lì andò a vivere con degli amici. Passato un anno e mezzo, egli riuscì a prendere il permesso di soggiorno, subito dopo si trasferì a Bologna e dopo venne a trovare la famiglia ( noi) in Albania. Io avevo appena compiuto due anni e non lo conoscevo, quindi sempre quando mi prendeva in braccio piangevo. Gli anni passarono così, papà viveva in Italia e noi in Albania, ci veniva a trovare ogni tre mesi. Mi ricordo di una volta, avevo cinque anni, papà venne a trovarci, ma io non mi avvicinavo a lui, perché per me era una persona estranea. Poi, diventando più grande, le cose mi furono spiegate meglio e cambiarono totalmente. Questo è uno dei prezzi che si paga emigrando, lasciando dietro moglie e figli appena nati. Gli anni passarono in fretta, quando avevo 9 anni sono venuta in Italia, io lo desideravo tanto perché lì viveva mio padre e stare tutti insieme era bellissimo. Quando sono partita ho pianto moltissimo, mi dispiaceva per mia nonna, la quale dalla tristezza e dai pianti è stata ricoverata in ospedale. Il mio viaggio al contrario di quello di mio padre è stato in traghetto e molto tranquillo. All’inizio mi sembrava di essere un pesce fuor d’acqua, non mi sentivo a casa, ma poi con il passare del tempo mi sono abituata, mi sono fatta molti amici. Adesso in Albania vado una o due volte all’anno, dipende da quando i miei genitori prendono le ferie. Ancora adesso il ritorno è molto triste, io non vorrei mai piangere, ma c’è mia nonna che mi spezza il cuore.