“Alessia ha tredici mesi. È tonda, soda, colorita, provvista di due gambe corte e solidissime; ha gli occhi azzurri vivaci e mobilissimi ed è quasi pelata. Frequenta un nido da quando aveva pochi mesi e arriva ogni mattina felice, strappandosi di dosso il cappotto per la frenetica voglia di entrare. È traboccante di energie e di vitalità, di umore sempre allegro, ridanciano, attiva curiosissima, rumorosa, vivacissima. Ha imparato a camminare a dieci mesi, ora procede a gran velocità e cade spesso, anche con esiti rovinosi dei quali però non si lamenta mai.”
Alessia non era una bambina speciale, era una normalissima bambina che ci affascinava, un’immagine femminile, reale e ideale insieme.
“Alessia ha soltanto tredici mesi. È pugnace, energica, volitiva, sa quello che vuole e lo vuole subito. È testarda, tenace, paziente, fiera e dignitosa. Ha scarse debolezze, reclama autonomia, se le si aprisse la porta di casa lei andrebbe alla ventura senza incertezze, salvo cercare ogni tanto conforto alle sue stanchezze in braccia amorevoli.”
Così, nel 1973, in “Dalla parte delle bambine”(1) venivamo coinvolte da questa rappresentazione ed anche dalle domande che l’autrice si poneva di conseguenza: quale massiccia operazione poteva trasformare tutte le Alessie in donnette, e quale sforzo era necessario per costringere in un rigido busto esseri di tale vitalità.
Un libro, quello, che ebbe ampia diffusione, che venne letto e discusso, ma, allora, vi erano vivide speranze di cambiamento.
“ Cosa vogliono diventare le bambine? Intanto suggeriscono dove saranno: al chiuso. In un’aula scolastica o in un negozio di parrucchiera. I loro sogno sono rassegnati: le tante sbandierate eroine (archeologhe, cacciatrici di vampiri, pilote di astronavi) sembrano aver lasciato poca traccia nei loro desideri.[….] Affamate di gratificazioni, s’immaginano dove sanno di suscitare approvazione […]. Al massimo, ″per diventare famosa″ , c’è un futuro da ballerina, o in una delle professioni che permettono di investire su un valore già considerato indispensabile. La bellezza.”
Loradana Lipperini nel suo libro “Ancora dalla parte delle bambine” (2), così ci riporta l’immaginario delle bambine di oggi. E già quel titolo suona come un allarme, come la contestazione amara che il “rigido busto” non si è sciolto, continua a soffocare le donne.
Non mi sembra , però, che il libro abbia agito come catalizzatore di sentimenti, riflessioni, prese d’atto della situazione presente. O forse la mia è un’impressione che nasce dalla sconsolata meraviglia con cui interpreto il presente: le donne mi sembrano, per lo più, subire per assuefazione rassegnata o apatica incoscienza l’immagine che di loro si proietta, con insistenza e con spavalderia.
C’è un bellissimo documentario, intitolato “Il corpo delle donne”. Si può vedere in: http://www.ilcorpodelledonne.net/documentario/. Le immagini che scorrono ci mettono di fronte con brutalità al modello femminile che in maniera continua e insinuante, e per questo, poco avvertita, viene proposto e introiettano.
Una prima azione da intraprendere? Far vedere questo documentario in tutte le scuole e discuterlo con studentesse e studenti, anche i maschi perché non sono “faccende di sole donne”, senza voler imporre il proprio punto di vista, ma lasciando che la forza e l’affollamento delle immagini determini reazioni sempre più avvertite . Un piccolo gesto, apparentemente insignificante, ma che potrebbe rappresentare un nuovo inizio e una nuova speranza per tutte le Alessie.
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NOTE
1) E. Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 1973, pp.50-53
2) L. Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 103