Piccola grammatica immorale della lingua italiana.
A. De Benedetti, Val più la pratica – Piccola grammatica immorale della lingua italiana, Roma-Bari, Laterza 2009, pp. 189, € 14,00
De Benedetti chiarisce subito qual è il suo bersaglio: “Una legione di insegnanti, vetero-puristi e neo-cruscanti impegnati a vario titolo in battaglie quotidiane contro i tanti subdoli nemici che metterebbero a repentaglio l’integrità della lingua di Dante…A ispirare e a sorreggere queste devote sentinelle di una lingua “buona”, la fede cieca assoluta nelle virtù salvifiche della Grammatica, entità quasi metafisica che tutto spiega, tutto classifica e tutto dispone.” (p.IX)
Ecco allora con disinvolta allegria avventurarsi nel terreno di una grammatica con la g rigorosamente minuscola, che “ha un indole relativamente mite e un’intima – e apprezzabile – vocazione al dubbio.” (p.5)
Non pensate, però, ad una persona pervasa da odio nei confronti della “buona forma”, la ama appassionatamente, di un amore che si è manifestato fin da quanto era piccolo, e, quindi, con tutta la serietà, ma anche la gioia e la duttilità che la passione comporta. Per questo tratta in ogni capitolo come birilli i neo-crusc, così decide, e ci informa di questo, di chiamarli con evidenti ed esplicitati intenti allusivi.
“Guai ad usare un congiunzione dopo il punto” (p.17). Ho letto il capitolo: “Senza << e>> e senza << ma>>, che tratta, appunto, del divieto di utilizzare una congiunzione come inizio di una frase con profonda immedesimazione, perché, io educata ad una Grammatica dogmatica, sentivo il brivido della trasgressione tutte le volte che lo facevo. Certo, quel momento di sospensione, in cui riflettevo: “ Lascio o non lascio?”, mi portava a pensare se conferiva un significato più puntuale a quello che volevo dire. Mi sembra che De Benedetti voglia proprio spingerci a questo: “l’intento del libro non è quello di destare scandalo, bensì di far riflettere.” (p.X)
A vostro conforto vengono riportati diversi esempi, uno per tutti: quella << e >> scritta da Pascoli
nell’incipit del Gelsomino Notturno: “E s’aprono i fiori notturni/nell’ora che penso a’ miei cari/… (p. 22).
Quindi, sulla scorta di queste prime piacevoli scoperte si può procedere ed imbattersi, nella “Dislocazione fatale” e nell’uso che ne può essere fatto, come nella traduzione in italiano di una battuta di John Belushi nel film i “Blues Brothers”. La frase inglese “ I hate Illinois nazis” viene così resa: “Io li odio, i nazisti dell’Illinois”. (p. 43) Che è un’efficacissima dislocazione a destra. E sentire un certo compiacimento perché in inglese non c’è la dislocazione, non è possibile, essendo una lingua poco “flessiva”, diversamente dall’italiano che ce la permette.
Oppure avventurarsi ne “La congiuntura del congiuntivo” e in tutti gli altri capitoli successivi.
Un libro, era questo almeno che volevo dimostrare, che affronta la grammatica con grande serietà e, appunto per questo direi, in modo piacevole, con brio. Un libro da adottare nelle scuole, per spingere gli studenti a riconciliarsi con lei. Ah, dimenticavo! Servirebbe molto anche agli insegnanti.
Il problema, secondo me, non sono le modeste audacie stilistiche del periodo iniziato col ‘ma’ o che ‘che’. Quello che mi spaventa sono i giornalisti che scrivono “capace a” “accordarsi a fare”, i decreti presidenziali emanati “sulla proposta del ministro”, i prodotti “immessi sul mercato”, “paventare” come “minacciare”, la spianata dove si svolgevano gli spettacoli del Colosseo chiamata “plateatico”, il restauro del Colosseo definito ‘restyling’, lo pneumatico e gli pneumatici etc.etc. Ignoranti scrivono per ignoranti, e a poco e poco nasce e dilaga una nuova lingua senza padri né madri, povera e inespressiva, marcatamente meridionale.