Senza dubbio sono i nostri sono tempi veramente bui: non solo vi è l’incubo dei precari della scuola che temono, non solo, di non diventare mai stabili, ma anche di perdere la loro incerta condizione, pure la possibilità di abilitarsi all’insegnamento sembra svanire in una nebbia disperante.
dove sono andati i tempi di una volta per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po’ di vocazione.
(F. De Andrè, La città vecchia)
E, pure, formazione…
È da diverso tempo che mi chiedo come la maggioranza della popolazione del nostro Paese non comprenda la gravità di tutto ciò che sta succedendo in Italia, immersa nello squallore (e non mi riferisco al recente sex gate nostrano): lo svilimento delle istituzioni – in primis il Parlamento, addomesticato come un cagnolino pronto a ringhiare contro e ad azzannare chiunque osi parlare contro il proprio padrone – e l’annullamento di qualsiasi forma di democrazia (dalla libertà di stampa alle discussioni parlamentari). Mi chiedo quale sia il motivo remoto di tutto ciò, mi domando perché gli italiani non riescano a guardare oltre la propaganda. E mi rispondo che questo atteggiamento è lo specchio della grave situazione in cui versa in Italia la scuola, il luogo in cui si dovrebbe acquisire lo spirito critico. Credo davvero che il “rimbambimento” della maggior parte della popolazione italiana sia dovuto, sì, agli ultimi vent’anni di televisione (Videocrazy docet), ma sono altresì convinta che esso vada in parte ascritto anche alle deficienze della scuola pubblica (in particolare della scuola superiore). Quando esistono scuole in cui i diplomi possono essere acquistati senza che l’alunno frequenti le lezioni, quando per decenni si tagliano fondi alla scuola e alla ricerca pubblica – mentre si continuano a stoccare finanziamenti a favore delle scuola paritarie gestite da ordini religiosi -, quando la tv di Stato e le principali tv private non fanno altro che propinare banalità, desiderio di consumo e di successo facile, perché ci meravigliamo che il Paese vada a rotoli senza che nessuno muova un dito? Solo la scuola (= scuola pubblica) ci salverà (sperare che la tv cambi rotta è da sciocchi), ma prima che essa salvi noi, bisogna che essa stessa venga preservata e ciò sarà possibile solo se lo Stato investirà tempo e denaro nell’istituzione scuola e nella formazione dei docenti. Allo stato attuale non viene fatta né l’una né l’altra cosa.
Il taglio, o meglio, la tabula rasa dei fondi è stata – come tutti sappiamo – furbescamente etichettata come cambio del modello pedagogico attraverso il passaggio dal modulo al maestro unico (cosa che nessun pedagogista affermerebbe neanche in preda ai fumi dell’alcool, e che è stata ampiamente bocciata anche dai genitori, prima ancora che dai sindacati e dagli insegnanti stessi). Nemmeno le scuole superiori sono state immuni dai tagli con la diminuzione delle ore (soprattutto quelle di laboratorio). Allo stesso tempo si assiste alla creazione di due nuovi licei, il liceo musicale e quello coreutica; dopo l’iniziale “Ah, che bello!”, non posso fare a meno di pormi qualche domanda: per attivare questi nuovi licei, non ci sarà bisogno di nuove strutture, adeguatamente fornite di strumentazioni particolari oltre alle aule presenti nelle scuole tradizionali (strumenti musicali, strumentazioni audio e video, ad esempio)? E i docenti delle materie più tecniche (come, per esempio, storia della danza, storia del teatro) come verranno reclutati? Forse attraverso un provino presso la “scuola” di Amici? Non dovrebbero esserci delle classi di concorso specifiche per loro? Non dovrebbero avere l’abilitazione come deve averla un qualsiasi insegnante di italiano, matematica, inglese? Insomma, non c’è bisogno di notevoli risorse per attivare questi licei?
Rinuncio a trovare una spiegazione coerente a tutto ciò e mi concentro sull’altro punto cui accennavo prima, a me molto caro: la nuova formazione degli insegnanti (mi riferisco agli insegnanti della scuola secondaria) annunciata e non attuata. Fino allo scorso anno, com’è noto, per ottenere l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria bisognava accedere, frequentare e superare la SSIS (Scuola di Specializzazione per l’insegnamento Secondario, e non Scuola di Insegnamento speciale superiore, come ha affermato la Gelmini in un’intervista a Il Giornale lo scorso 12 maggio http://rstampa.pubblica.istruzione.it/utility/imgrs.asp?numart=LVYE5&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1– senza peraltro essere corretta…), dopo i quali si poteva accedere alle graduatorie e iniziare la gavetta. Con la manovra finanziaria dello scorso luglio, però, (L. 133/2008 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria) è stata decisa la sospensione delle SSIS (art. 64 comma 4-ter), senza tuttavia provvedere a istituire nulla che le sostituisse e senza dare alcuna informazione sulle modalità per ottenere l’abilitazione. Dopo poco tempo è stata creata una commissione col compito di redigere le nuove regole per la formazione e il reclutamento dei docenti. Tale commissione, dopo diversi mesi di lavoro cosa ha prodotto? Nello scorso mese ha redatto uno schema di decreto (che, in verità circola già dal mese di febbraio). Quali grandi novità presenta questa proposta, dopo tutti questi mesi di lavoro? NESSUNA. Infatti, se si legge il testo del Regolamento, apparirà evidente a tutti che questo fantomatico TFA (Tirocinio Formativo Attivo) è soltanto una forma di SISS condensata in un anno. Le differenze rispetto a prima, dunque, stanno sostanzialmente solo nella durata; come prima, anche per il TFA saranno determinati i posti in base al fabbisogno di personale stabilito dal Ministero e dagli USR; come prima, anche per il TFA è previsto il tirocinio. A che cosa è servito un anno di blocco? A nulla! Solo fumo negli occhi… Ma sentiamo cosa dice la propaganda. La versione edulcorata di questa vicenda è quella che è stata riportata dai maggiori telegiornali nazionali: la Gelmini, in occasione del meeting riminese di Comunione e Liberazione (da notare!) ha affermato che, per quanto riguarda la formazione dei nuovi docenti, nessuno sarà più precario ma verranno creati nuovi abilitati ogni volta che ce ne sarà bisogno in base alle esigenze degli Uffici scolastici regionali. Wow, che novità! Non ci saranno più i precari, i giovani laureati avranno un corso abilitante alla professione di insegnante e tutti lavoreranno! No, non è affatto così, anzi è tutto il contrario: 1) Sono state definite le regole di questo famigerato Tirocinio Formativo Attivo (identiche a quelle della SSIS), ma se non viene fatto partire attraverso un decreto ministeriale, rimane solo carta straccia; 2) a causa dei tagli spalmati su tre anni non ci saranno nuove immissioni in ruolo e pochissimi contratti a tempo determinato; 3) per lo stesso motivo non si vede in che modo le graduatorie ad esaurimento possano esaurirsi e in quale maniera possano scomparire i precari (uccisioni di massa? Deportazioni?); 4) di conseguenza, non ci sarà bisogno di nuovi abilitati chissà per quanti anni. La situazione è ancora più grave se consideriamo che le modalità di reclutamento dei docenti che hanno ottenuto l’abilitazione non è stata ancora stabilita in via definitiva (se ne discute ogni tanto in Parlamento, il cosiddetto DDL Aprea).
Cari giovani laureati, che come me avete pensato o addirittura sognato di insegnare prima o poi le materie che vi hanno sempre appassionato: possiamo goderci vacanze a tempo indeterminato, almeno per i prossimi 5/10 anni (previsione ottimistica)! Dopotutto, che cosa dovremmo pretendere da una ministra che della scuola, della sua storia, del suo funzionamento non sa nulla? Che per abilitarsi alla professione di avvocato ha imboccato solo scorciatoie? Cosa pretendiamo da una ministra che si accoda prontamente ai tagli che le riserva Tremonti, alle affermazioni xenofobe e antiunitarie della Lega nord?
Un anno e mezzo fa ho conseguito la laurea specialistica in Filologia, letteratura e tradizione classica (dopo una laurea triennale in Lettere classiche) discutendo una tesi in Didattica del greco. L’ho dedicata ai miei Maestri, vecchi e nuovi, e ai miei alunni futuri, perché nel marzo 2008 speravo di potermi abilitare e dopo una decina o quindicina di anni di precariato, di ottenere il posto di lavoro che ho sempre sognato. Insomma, è paradossale ma aspiravo a diventare precaria, almeno all’inizio. Per fortuna la Gelmini mi ha salvata, ci ha salvati! Non ci saranno più precari, ha detto lei. Possiamo aggiungere: presto non ci sarà più la scuola pubblica.