Un articolo su “la Repubblica” (1), che riporta alcuni indicatori del rapporto“Education at a Glance 2009” relativi alla situazione della scuola italiana, già nel sottotitolo evidenzia la sua condizione disastrosa.
La prima reazione è uno sbuffo annoiato: “Sai la novità!”
Poi, lo leggo, la sintesi che viene fatta è la seguente: “Dei professori il rapporto dice: “Pagati poco e senza un sistema di valutazione moderno, abbandonati a se stessi – mentre della scuola in generale – “Eccessivo il numero delle ore d’insegnamento. Troppi i docenti rispetto agli studenti: uno ogni 11 rispetto ad una media di 1 a 16. L’Italia, è vero, investe meno degli altri Paesi nell’istruzione e nell’università. Ma i risultati dei livelli di apprendimento relegano l’Italia nelle parti basse della graduatoria internazionale”.”
Anche queste considerazioni sono note, sentite e risentite innumerevoli volte.
L’articolo prosegue con il commento del ministro dell’istruzione che afferma che il rapporto Ocse convalida pienamente le sue analisi e il suo operato perciò “è indispensabile accelerare le riforme”.
Che il ministro faccia un uso strumentale dei dati è cosa che non suscita alcuno stupore. Mi preme un’unica osservazione sul “ragionamento gelminiano”,che potrebbe essere così schematizzato: il numero degli insegnanti e il numero delle ore di lezione in Italia sono superiori alla media Ocse, nonostante questo i livelli di apprendimento degli studenti sono molto bassi, quindi “non sempre la qualità della scuola è legata alla quantità delle ore di lezione e alle risorse investite.” Fin qui, siamo di fronte ad una conclusione inconsistente, ma che questa serva per convalidare i tagli presenti e futuri, che rappresentano “la riforma” che sta attuando, è la piena dimostrazione di uno di un uso illecito della logica argomentativa.
Proseguendo la lettura, devo dire che il senso di fastidio è aumentato. Si dice che non è possibile la comparazione tra numero degli insegnanti italiani e quelli degli altri paesi, così come sul totale delle ore di lezione.
In Italia sono conteggiati gli insegnanti di sostegno e quelli di religione, perché a carico del Ministero dell’istruzione, mentre nelle altre nazioni europee non lo sono e anche il calcolo delle ore di lezione viene fatto dall’Ocse su quelle passate in classe, che sono la stragrande maggioranza per l’Italia, mentre in altri paesi più della metà “ si fanno in laboratorio o all’esterno della scuola”.
Perché, si potrà domandare, questo senso di fastidio? Lo posso spiegare, parafrasando un’affermazione, contenuta nel poema di Parmenide (2): al giovane che vuole raggiungere la sapienza la dea dice di non credere, ma di giudicare sulla base delle argomentazioni che gli espone; vorrei anch’io essere messa in questa condizione, vorrei che mi si fornissero dati precisi, direi incontrovertibili, sugli altri paesi, non su tutti, evidentemente, ma su di un numero significativo, sì.
So bene che scomodare Parmenide, per una questione di questa natura, può risultare eccessivo e che mi si potrebbe ribattere: “Cerca tu le prove di quanto viene detto!” Però, fornirmele sarebbe – non credete? – un supporto prezioso, un esercizio di democrazia .
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1) Mario Reggio, L’Ocse: i prof in Italia sottopagati e lasciati soli, in “la Repubblica”, 9/settembre, 2009
http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/prof-rapporto-ocse/prof-rapporto-ocse/prof-rapporto-ocse.html
2) Parmenide, Sulla natura, fr.7-8