Quali ragioni vi possono essere, per noi che non siamo studiosi di antropologia o di altre discipline, per non dimenticare Claude Lévi-Strauss, morto nel mese di novembre? In verità è bene per tutti che continui a proporci verità scomode, a costringerci, quasi, a prendere coscienza di ciò che non vogliamo sapere o cerchiamo di dimenticare.
Sì, sono parole veramente scomode le sue: sulla diversità, sulle pesanti responsabilità di cui l’Occidente deve farsi carico, sulla nostra distruttività, che può essere anche inconsapevole, nei confronti di altre popolazioni.
“Oggi le isole Polinesiane, soffocate dal cemento armato, sono trasformate in portaerei pesantemente ancorate al fondo dei Mari del Sud, che l’intera Asia prende l’aspetto di una zona malaticcia e le bidonvilles rodono l’africa, che l’aviazione commerciale e militare viola l’intatta foresta americana o melesiana, prima ancora di poterne distruggere la verginità, come potrà la pretesa evasione dei viaggi riuscire ad altro che a manifestarci le forme più infelici della nostra esistenza storica? Questa grande civiltà occidentale, creatrice delle meraviglie di cui godiamo, non è certo riuscita a produrle senza contropartita. Come la sua opera più famosa, pilastro sopra il quale si elevano architetture d’una complessità sconosciuta, l’ordine e l’armonia dell’Occidente esigono l’eliminazione di una massa enorme di sottoprodotti malefici di cui la terra è oggi infetta. Ciò che per prima cosa ci mostrate, o viaggi, è la nostra sozzura gettata sul volto dell’umanità.” (1)
“La nostra scienza è giunta alla maturità il giorno in cui l’uomo occidentale ha cominciato a rendersi conto che non avrebbe mai capito se stesso, finchè sulla faccia della terra, una sola razza, o un solo popolo, fosse stato da lui trattato come un oggetto. Solo allora l’antropologia ha potuto affermarsi per quello che è: un’impresa, che rinnova ed espia il Rinascimento, per estendere l’umanesimo a guisa dell’umanità” (2)
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NOTE
- C. Lévi-Strauss, Tristi tropici, (1955), Milano, il Saggiatore, 1999, trad. it. di B. Garufi, p 36
- C. Lévi-Strauss, Elogio dell’antropologia, Torino, Einaudi, 2008, trad. it. di P. Caruso, p. 50 (Si tratta della lezione inaugurale pronunciata da Lévi-Strauss al Collège del France il 5 gennaio 1960, quando gli venne affidata la cattedra di antropologia sociale.)