Alcune considerazioni sul primo ciclo d’istruzione, senza la pretesa di completezza.
A settembre le scuole hanno ricevuto L’Atto di indirizzo in cui sono indicati i “Criteri generali necessari ad armonizzare gli assetti pedagogici, didattici ed organizzativi con gli obiettivi previsti dal regolamento emanato con D.P.R. del 20 marzo 2009 n. 89 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione.” (http://www.tecnicadellascuola.it/index.php?id_tip=34&view=norm&id=24582)
Il compito che ogni scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (primaria e secondaria di primo grado) deve ora affrontare è quello di predisporre un curricolo che armonizzi gli obiettivi stabiliti dal governo (D.P.R. 89/2009, che attua l’art.64, comma 4 del decreto-legge 112/2008 convertito con modificazioni nella L.133/2008) con le Indicazioni Nazionali (Moratti) e le Indicazioni per il curricolo (Fioroni). Anche perché si prevede che per i prossimi tre anni rimangano in vigore le suddette indicazioni.
Il documento consta di una parte generale riferita all’intero ciclo (1- L’autonomia delle istituzioni scolastiche: un quadro di riferimento irrinunciabile sull’autonomia; 2 – L’armonizzazione delle “Indicazioni” e l’essenzializzazione dei curricoli: un’opportunità progettuale per le scuole dell’autonomia ; 3 – I criteri ) e di disposizioni specifiche che riguardano la scuola dell’infanzia, la scuola primaria (ex elementare) e la scuola secondaria di primo grado (ex media).
Sull’Autonomia e l’essenzializzazione
L’atto sembra presentare un richiamo forte all’autonomia delle istituzioni scolastiche: si tratta di passare da una logica prescrittiva calata dall’alto “ad una scuola che tenga a riferimento indicazioni essenziali, che possano essere sviluppate nel pieno esercizio delle responsabilità di scelta pedagogica.”
Le scuole sono presentate nel documento come libere di “adottare metodi di lavoro, tempi di insegnamento, soluzioni funzionali alla realizzazione dei piani dell’offerta formativa e alle esigenze e vocazioni di ciascun alunno.” Di predisporre, anche, un servizio caratterizzato da flessibilità organizzativa.
Leggendo queste parole mi è sembrato trovarmi nel finale di una favola in cui, dopo mille traversie, i protagonisti, finalmente, “vivranno felici e contenti”.
Le traversie, in effetti, sono state tante e, a dire il vero sembra che non siano ancora finite.
Da dieci anni a questa parte gli insegnanti sono stati coinvolti in ben quattro progetti di Riforma, che sono stati varati e, poi, cancellati o profondamente modificati a seguito dei mutamenti di governo, l’ultimo è quello della Gelmini che sta diventando operativo. Questo non può non aver prodotto nei docenti un certo spaesamento, se non un vero e proprio rigetto. A questo si è aggiunto un progressivo depauperamento delle risorse, sia economiche sia umane, che, con l’attuale governo, ha subito una brusca accelerazione.
Le scuole come tanti Penelopi affannate hanno dovuto tessere e disfare la tela organizzativa e didattica, e i fili per l’uso si sono spezzati, consumati, e non ci sono più soldi per comprare nuove matasse. Ora la tela, sempre incompiuta, si presenta piena di nodi, ha perso l’armonia dei colori, i disegni si sono rarefatti e appaiono un po’ sghembi, dai contorni incerti. E, forse è venuta meno anche la speranza di un possibile esito positivo di tutto questo lavoro.
L’impressione è quella di una scuola che “sta navigando a vista, sta procedendo giorno dopo giorno arrangiandosi, letteralmente abbandonata a se stessa.””Che fluttua grazie soltanto alle buone volontà individuali messe a dura prova giornalmente dall’esigenza di supplire, tamponare, economizzare…”
Questo è il ritratto impietoso, e, purtroppo, per niente esagerato che disegna Claudia Fanti ( http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=13406)
È certo che le scuole hanno subito dovuto dar prova di flessibilità organizzativa e d’inventiva didattica, come appare evidente in questo esempio di configurazione dell’orario degli insegnanti in una classe di scuola primaria a tempo normale: “9 ore a uno, 4 a un altro, 7 a un altro, 2 a un altro….di cui gli ultimi tre intervengono in una o due altre classi non parallele o contigue.” (http://www.pavonerisorse.it/dibattiti/triste_avvio.htm)
L’inclusione?
Continuando nella lettura, una certa perplessità è sorta al punto 1.3 dei Criteri, intitolato “La massima attenzione all’inclusione”. Nei confronti degli alunni stranieri si prevedono “interventi intensivi…– specie ma non solo verso quelli di recente immigrazione -, la loro accoglienza e il loro equilibrato inserimento a scuola.” Si specifica che è prioritario fornire “una adeguata conoscenza della nostra lingua e delle nostre regole di convivenza civile.”
L’espressione “ interventi intensivi” che cosa vuole prefigurare? Che possa nascere qualche sospetto è naturale viste le recenti prese di posizione nei confronti degli alunni immigrati, avvalorato dal fatto che nel testo sono previsti, mi pare, per tutti, non solo per quelli di recente immigrazione.
Poi, vi è lo strano accostamento tra la conoscenza della lingua italiana e quella delle regole di convivenza civile. Ora, compito della scuola è far conoscere e praticare le regole a tutti, italiani e stranieri, e non solo ai secondi, a meno che non li si consideri, sotto sotto, come novelli barbari e, pertanto, senza distinzione alcuna, incivili.
Una scuola secondaria di primo grado indefinita
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, subito si mette in luce come la sua funzione si sia profondamente modificata: “La ex scuola media non è più, anche in riferimento all’obbligo, scuola terminale; ha il compito di assicurare ad ogni allievo il consolidamento delle padronanze strumentali (lettura, scrittura, matematica, lingue…) e della capacità di apprendere, oltre ad un adeguato livello di conoscenze e di competenze, che formano la piattaforma su cui costruire il successivo percorso.”
Dopo di che se ne indicano le criticità: la problematicità dell’impatto nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria; la “perdita di incisività, derivante dal tentativo di assicurare un livello di formazione esaustivo, attraverso un ventaglio di insegnamenti tendenzialmente enciclopedici e onnicomprensivi”; la significativa dispersione dei giovani una volta usciti.
Mi sembra che siamo ai buoni propositi destinati a rimanere sulla carta, non si dice nulla di sbagliato, ma prima sarebbe stato necessario costruire le fondamenta: stabilire con chiarezza la funzione o le funzioni che deve svolgere questo segmento scolastico. Non essendo più terminale, occorreva ricostruirlo in profondità: nella struttura, nel curricolo, nell’organizzazione del lavoro. Questo non è stato fatto e, quindi, rimane in un limbo nel quale destinazione e fine sono vaghi e nebulosi, il modello non è stato modificato se non per una riduzione della consistenza oraria.
Forse è anche per questo, che vi è solo un richiamo generico alle consistenti difficoltà di apprendimento riscontrate negli alunni. Si pensa che a questo si possa sopperire grazie all’ingegno dei docenti, alla loro capacità progettuale e di organizzazione di percorsi flessibile? Debbono essere veramente ingegnosi questi docenti in una scuola che mantiene la sua architettura rigida e con scarse possibilità di arricchire le proprie dotazioni, che, anzi, vengono ridotte.
E veniamo ad un altro punto dolente: la funzione orientativa della scuola secondaria di secondo grado. Avrebbe dovuto, infatti, diventare orientativa in modo serio, perché lo studente e la sua famiglia fossero in grado di scegliere in maniera oculata tra indirizzi già diversificati dal primo biennio delle superiori .
Orientare significa rilevare le attitudini specifiche di ogni studente, e dare ad ognuno di essi la possibilità di sperimentarle, per acquisirne un’adeguata consapevolezza. Si sarebbe dovuto, pertanto, definire un ventaglio di opportunità formative e integrative, di laboratori, d’insegnamenti elettivi in cui trovasse rilievo e consistenza anche l’attività pratica, che, a dire il vero, si presentava nella scuola media alquanto secondaria e poco qualificata.
La riforma questo non lo ha previsto. Nell’atto di indirizzo si invoca, in modo del tutto generico, quanto segue: “l’attività orientativa andrà indirizzata sullo sviluppo delle conoscenze e
competenze che possono garantire buone probabilità di successo nei percorsi scelti dallo studente tra quelli che la scuola secondaria di secondo grado offrirà con i nuovi ordinamenti.”
Compare a dire il vero un altro riferimento: “particolari interventi, dalle nuove tecnologie alla musica anche strumentale, dalla promozione della pratica sportiva all’approccio sperimentale e laboratoriale nell’insegnamento delle scienze e della scrittura creativa, possono contribuire a far emergere potenzialità, talenti e creatività”. L’unico commento a questo richiamo è quello di stringersi nelle spalle con sconsolata rassegnazione.