San Pietro e San Marco nell’Oriente cristiano, Icone dalla collezione Intesa Sanpaolo. Vicenza, Gallerie di Palazzo Leoni Montanari 5 giugno – 10 ottobre 2010
Una mostra preziosa per meditare su un tema particolarmente stimolante: le diverse tradizioni di fede fra Oriente e Occidente, suggeriscono, infatti, all’attenzione di molti la rilettura della storia culturale dall’anno mille in avanti, invitandoci alla scoperta di quella che è la più importante collezione d’icone russe al di fuori della Russia.
Propone un percorso al tempo stesso pubblico e personale sulle possibilità di reciproco arricchimento fra culture diverse. Il tutto in un Palazzo, il Leoni Montanari di Vicenza, sede museale di Intesa Sanpaolo, dal 1999, che da solo merita una visita: è, infatti, un edificio-capolavoro dell’architettura barocca europea, arricchito da collezioni d’arte di particolare significato storico-artistico, trait-d’union tra Ovest ed Est nei secoli, tripudio di affreschi, arazzi, soffitti a temi mitologici, lampadari del settecento veneziano, telamoni, tritoni, cariatidi alle porte, tendaggi, festoni cornicioni dedicati alla musica e alle scoperte dei nuovi continenti.
Le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari propongono inoltre un’intera preziosa collezione (di Intesa Sanpaolo), dedicata alla pittura veneta del ‘700 con la celeberrima serie di dipinti di Longhi, le vedute venete di Canaletto e Guardi ed una notevole raccolta di ceramiche attiche, provenienti da Ruvo di Puglia, dedicate in gran parte alle “ ore delle donne”: il femminile nella Magna Grecia. I due nuclei di opere sono visitabili su richiesta.
Le rarissime tavole esposte nella mostra tematica La Pietra e il Leone, curata da Michele Bacci, provengono dal tesoro ancora più ampio dalla Collezione di icone custodite nel Palazzo Leoni Montanari, visibili ai piani superiori, dove, in un allestimento di grande suggestione, sono abitualmente presentate al pubblico circa 130 delle quasi 500 icone patrimonio della raccolta, frutto di acquisizioni iniziate a metà degli anni ‘90 da un collezionista privato
Siamo al piano alto delle Gallerie, a gustare otto secoli di pittura, con icone datate dalla metà del 1200 ai primi del Novecento provenienti dalle maggiori scuole della Russia medievale e moderna (con tavole realizzate a Mosca, Novgorod, Vladimir, Tver’, Pskov, insieme con quelle delle regioni “provinciali” della Russia centrale e settentrionale). Sono presentate in un unico percorso- allestimento, discretamente in penombra, che rimanda all’atmosfera raccolta e velata delle chiese ortodosse, ed allude all’essenza religiosa che le icone conservano.
Le vicende dell’antica pittura religiosa russa sono narrate seguendo il filo rosso dei racconti biblici e dei contenuti devozionali propri delle singole icone. S’inizia da una stupenda” Iconostasi” – quel particolare apparato architettonico – liturgico che nella chiesa ortodossa separa lo spazio del sacrificio (il Sancta Sanctorum) dall’aula dei fedeli -, sono due” porte regali”, del XVI sec, in tempera su tavola con profili argentei, narrano dell’annunciazione e dei quattro evangelisti. Le figure si stagliano eleganti, sottili su fondali solari.
Le tavole successive sono raggruppate per temi.
Ecco la sala delle Prefigurazioni, dove spicca la rarissima icona duecentesca con “l’Ascesa del profeta Elia sul carro di fuoco”, tratti incisivi ed elementari per un messaggio che rimanda al testo sacro e ai miti; poi i “calendari/memoriali delle Feste”, con la preziosa “Natività del 1475 proveniente dalla dispersa iconostasi della chiesa di San Nicola di Gostinopol’e presso Novgorod.
Suggestiva la serie di icone dedicate alla “Madre di Dio”, Varietà di scene e di temi dedicati a Maria Madre del bambino teneramente abbracciato, appoggiato alle gote ora di destra, ora di sinistra, nelle “Madri della Tenerezza“; poi a “Maria Regina “del popolo, e infine, la “Summa delle delle apparizioni di Maria”, centinaia di immagini diverse in un’unica Icona, da sfogliare una ad una.
Fra i “Santi” naturalmente “San Nicola”, “San Giorgio”, “Santo Stefano“, ai Santi singoli, Patroni delle varie Regioni, alle Iconostasi e ai Monologi multipli di figure e di racconti, alla celebrazione autorevole della “Sofia” trasfigurata in Maestà di Cristo o in Vergine martire. Ecco “le Festività” da” la Mesapentecoste “ai “Memoriali con Santi e Feste, “all’Iconostasi “pieghevole che li allude e le contempla.
Si raggiunge una sala dedicata alla procedura da seguire per scegliere, preparare, trattare il legno della futura icona, la tavola una volta sgranata e piallata viene ricoperta di bianco, su questo strato si pone il disegno, quindi il colore, infine le pieghe del panneggio le sfumature in oro e le ombreggiature diverse. Ogni passaggio è realizzato come in un rito, in profonda sacralità.
Il percorso si conclude con una specifica sezione dedicata ai preziosi rivestimenti (rize e basme), in argento decorato con pietre preziose, ori e smalti, talvolta anche con tessuti di seta e fili d’oro, nate per proteggere i disegni e le tempere e diventate nel tempo veri capolavori dell’arte orafa, con tanto di “assaggiatore”, esperto nel riconoscere il pregio dei metalli usati.
Ogni tavola fa rivivere l’ aura sacra propria di ogni passaggio rituale, che ha popolato in origine non solo le Chiese, ma anche le strade, gli ingressi dei villaggi, le case, dove le icone sono venerate in uno spazio loro dedicato, illuminato dall’esile baluginare di un lume, per creare una sorta di cappella domestica. Presenze vive di intensa spiritualità.
Scendiamo le scalinate per ritrovarci al tema della mostra odierna, sfociata nella pubblicazione del volume San Pietro e san Marco. Arte e iconografia in area adriatica (a cura di L. Caselli, Roma 2009).
Ecco San Marco raffigurato sulle” Porte Regali delle Iconostasi” assieme agli altri evangelisti poi nelle Icone dell’ordine della “Deisis”, Una funzione significativa è in soggetti di più denso contenuto teologico come la “Madre di Dio del Roveto ardente” spicchi di stelle a più colori e nuvole recanti angeli intorno alla Madonna con il bambino, e in quattro petali rosso fuoco gli Evangelisti immersi in meditazione. “I frutti della Passione di Cristo” in un caleidoscopio di angeli messaggeri di pergamene s’innalza Cristo in Croce, ai suoi piedi, in un angolo, protetti da archi di quattro cupole dorate, si susseguono i quattro evangelisti.
Pietro è una presenza imprescindibile in tutta una serie di raffigurazioni di eventi evangelici con un ruolo originale, in particolare, nella scena della “Trasfigurazione”.
La centralità di Pietro (e di riflesso anche del suo “discepolo e interprete” Marco) nella tradizione latina si collega direttamente col suo ruolo di primo vescovo di Roma e sul concetto del “Primato Petrino”. Proprio il Primato è da sempre oggetto di controversia tra la Chiesa Cattolica e il mondo Ortodosso, per cui il ruolo del pescatore di Bethsaida assume valore soltanto in associazione con l’altro corifeo degli apostoli, San Paolo. Tale rapporto di complementarità trova espressione soprattutto in composizioni complesse, come la “Grande Deisis “
Nel completare la selezione di opere raffiguranti Pietro e Marco, si esalta lo speciale rapporto di eguaglianza da cui i due personaggi sono abitualmente legati. Posizioni teologiche riconducibili alla storia della Chiesa d’Oriente, al suo distacco dalla Chiesa di Roma di cui il primo, Pietro, fu il fondatore e il secondo, Marco, il discepolo e l’interprete-segretario privilegiato del primo. Ben diverso, naturalmente, è il “peso” di queste due figure in tutto l’Occidente cristiano.
Fermiamo uno sguardo particolare su Marco, osannato sulle due sponde dell’Adriatico, ” il mare veneziano”.
(Nell’828 furono traslate le spoglie nel 1000 verrà costruita la Basilica, ricca di marmi, mosaici ed ori, volta ad onorare il Patrono di Venezia, il Leone alato che artiglia il Vangelo.)
L’ultima sezione, dedicata a san Marco e alla sua rappresentazione in icone anch’esse La mostra si completa con, testi biblici, opere d’arte altre, in edizioni a stampa al Museo Diocesano. Significativa una Bibbia poliglotta con caratteri in lingua greca, latina, siriaca, araba, etiopica, persiana, e una Bibbia in volgare del 1553. In esse incanta la finezza dei frontespizi, ricchi di allegorie, paesaggi, figure finemente rappresentate di alto valore artistico oltre che documentario.
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