Padova, Palazzo Zabarella, 2 ottobre 2010 – 27 febbraio 2011
La mostra ripercorre la straordinaria vicenda del ritratto nel corso del XIX secolo. Periodo in cui si sono manifestati grandi mutamenti di gusto, di stile, di cultura, nei contesti socio culturali del territorio italiano. Proprio dagli intrecci culturali emerge l’energia nuova tanto che di volta in volta la letteratura influenza l’arte e altre volte è questa a sollecitare la poesia, diventando lo specchio di un’umanità in profondo mutamento: da Italia degli stati all’Italia unita.
La mostra di Palazzo Zabarella ha il fascino di un grande ammaliante racconto per immagini, narra storie, esprime sentimenti nelle diverse personalità, con un particolare, uno sguardo, un volto; sono re e regine, generali o prelati poi uomini e donne della borghesia, sembrano uscire dai romanzi di Stendhal, Mann ma soprattutto di Manzoni, D’Annunzio, Pirandello, fino ai film di Visconti.
Dal “Bello Ideale” di Canova espressione della perfezione classica, che trasforma i potenti in moderne divinità con tutto il loro spessore psicologico di protagonisti politici e intellettuali della nascente modernità, si procede lungo otto sezioni fino a Modigliani che propone, in pittura, una nuova dimensione-sintesi della modernità di Picasso e Matisse dopo de Nittis o Boldini: un secolo di artisti. Appiani, Hayez, Boldini, Boccioni, Thorvaldsen, Bertolini, Ingres, Molteni, Piccio, Fattori, Lega, Zandomeneghi, Cremona, Ranzoni, Pellizza da Volpedo, Tito, Corcos, Balla e Severini raccontano di una società in rapida trasformazione verso l’unità politica italiana in grado di intrecciarsi con le culture straniere.
SEZIONE I: TRA IDEA E NATURA. IL RITRATTO IN SCULTURA
Ci fa gli onori di casa il conte Nikolaj Dimitrievich Gouriev (ritratto eseguito nel 1821 da Jean-Auguste- Dominique Ingres) ci accoglie con un energico saluto e sguardo acuto accanto al gradevole volto di Maria Gourieva poi una suggestiva sequenza di figure altisonanti di Papa Pio VII, di Napoleone – Primo Console, il compositore Domenico Cimarosa, Lord Byron: belli e irraggiungibili accompagnati da dolcissime figure femminili. Granduchesse e marchese. Canova e Thorvaldsen ne sono autori raggianti.
SEZIONE II: DA APPIANI AL PICCIO. TRA LA GRAZIA NEOCLASSICA E IL NATURALISMO ROMANTICO
Dalla Milano napoleonica a quella rivoluzionaria. Una prima, decisiva rivoluzione nel genere del ritratto, volta dare più spessore psicologico-intellettuale a nobildonne, a coppie, a giovani signori della nascente modernità. Si giunge all’intimo naturalismo di matrice romantica, con l’apertura a istanze sentimentali e al culto degli affetti.
Tra i tanti visi, ci resta in memoria un altezzoso “Conte Manara” giovane intraprendente in abito militare, rosso sgargiante da cerimonia, e in abito borghese da ricevimento privato; sullo sfondo, alle spalle, il negretto attendente. Opere significative de” il Piccio”. Sfumature e sottintesi compresi.
SEZIONE III: LA POETICA DEGLI AFFETTI NEI RITRATTI DI FAMIGLIA
Completata la conoscenza dei nobili Veniamo introdotti ai ritratti di gruppo, alla poetica degli affetti familiari, molti di famiglie borghesi. Pietro Ayres nel monumentale “Ritratto della famiglia Ferrero della Marmora”, con centro il cane, conferma l’attitudine delle figure femminili a relazionarsi tra loro; di Ciseri “Gruppo della famiglia Bianchini”, sullo sfondo una tenda quadrettata, figure spaesate. Giovanni Pagliarini, tratteggia la famiglia dell’ing. Lavaiolo, bello lo sguardo che si intreccia tra madre in poltrona e il figlio militare giovanissimo, le altre figure sembrano comparse. Straordinarie le sculture di Vincenzo Vela. In particolare”Leopoldina D’adda” la bimba gioca col cagnolino”, graziosa e spigliata. Opere che segnano le tappe di un cammino straordinario verso la conquista del vero e la restituzione quanto più intima e realistica del legame affettivo che lega i personaggi rappresentati e gli artisti che li immortalano.
SEZIONE IV: IL RITRATTO D’ARTISTA E L’ATELIER
Siamo pronti a curiosare negli atelier degli artisti. È nella rappresentazione di se stesso che il pittore sperimenta soluzioni di grande audacia inventiva e compositiva. Si va così dall’unicum de”l’Autoritratto con il fratello” di Giuseppe Tominz due figure contrapposte: uno garibaldino, scamiciato, l’altro in completo scuro, vicini e opposti, quanti sottintesi!
SEZIONE V: RITRATTI IN SCENA
Eccoci in grado di penetrare nel mondo del teatro, della musica e delle lettere una ideale gara con le arti sorelle. Il ritratto scolpito di Verdi, vigoroso. Seguito da due ritratti divinizzati, della disinibita ballerina Carlotta Chabert, come Diana e come Venere usciti dai pennelli di Pelagio Palagi, in equilibrio fra ciò che è e che potrebbe divenire, in perfetto canone neoclassico, la stessa ballerina di Francesco Hayez, che con spirito realistico e audacia compositiva che rende Carlotta bellissima. Hayez pienamente in grado di immortalare “Alessandro Manzoni”, severo nell’abito scuro,un leggero sorriso sulle labbra, in un momento di intimità, (durata decine di sedute) la tabacchiera tra le mani rilassate. Trècourt ci propone “Lord Byron “ai confini dello spazio: mare-cielo-inferi.
SEZIONE VI: DAL CONFRONTO COL VERO ALLA FOTOGRAFIA
Arriviamo a uno snodo cruciale… Dalle pose anticonvenzionali, dovremmo dire appunto “fotografiche”, di Federico Faruffini al “ritratto della prima moglie” del grande Giovanni Fattori, un viso sicuro di sé con lo sguardo profondo, subito veniamo distratti da “Nerina Badioli”… che si volta bruscamente verso lo spettatore, sfrontata, sorriso spavaldo, colta come in una istantanea fotografica da Antonio Puccinelli, nel ben calcolato contrasto tra il rosso della sciarpa e i neri di baschetto, colletto, occhi e riccioli.
SEZIONE VII: NUOVE ESPERIENZE NELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA VITA MODERNA
Una nuova ventata, La Scapigliatura lombarda, nuove risorse formali, contorni sfrangiati e tratti decisi, ormai oltre l’Unità d’Italia e alle soglie del nuovo secolo, gli artisti affrontarono la sfida alla modernità. e delle effigi sfumate, e le inedite frontiere del Divisionismo, la pittura sempre più abbandona gli intenti mimetici e l’immagine retinica in nome di ulteriori indagini sulla sua stessa essenza.
Immagini e figure nuove, estrapolate dal divenire quotidiano della vita cittadina (altro straordinario elemento di novità) divengono le protagoniste di dipinti indimenticabili: il fantastico “Ritratto di un dottore” di Federico Zandomeneghi emerge con una simpatica energia consolatoria, il “Ricordo di un dolore” di Giuseppe Pellizza da Volpedo ritrae una donna languida nei gesti, occhi lucidi, tormento esistenziale che si fa malinconia davanti ad un testo ed un fiore.
“Sogni “di Vittorio Corcos, qui è una ragazza anticonformista, disinvolta, sicura di sé, volta a diventare icona della Belle Epoque; quasi da manifesto cinematografico, e perciò stesso logo della mostra, bionda, bella di una bellezza autorevole. seduta sulla panchina in abito verde polvere con libri accanto e le mani inguantate sotto il mento: tutti i colori sembrano sfumare tra una nebbia leggera.
Espressione di un mondo internazionale fatto di aristocratici, intellettuali, artisti e spiriti decadenti, dell’insuperato Giovanni Boldini “Mademoiselle Lathen” tra mille sfumature di grigio un fiore rosa che rimanda al viso appena incipriato con la stessa tonalità ,mentre riverberano di bianco vaporosi mantelli di struzzo.
SEZIONE VIII: ITALIA-FRANCIA. GLI ALBORI DEL NOVECENTO
Boccioni, Balla e Severini sono gli esponenti maggiori della prima, vera avanguardia artistica del XX secolo: il movimento del Futurismo che, insieme al Cubismo, avrebbe completamente rivoluzionato il modo di intendere l’arte figurativa nel secondo decennio del Novecento.
La tecnica divisionista messa a punto nel nono decennio dell’Ottocento, è apertamente adottata da Boccioni in “Autoritratto”, dove si rende come in un fotogramma che torna indietro di un passo, per inquadrare meglio l’immagine di una spia con colbacco russo e torna indietro tra mille righe parallele identificabili nel paesaggio e mille pennellate alla Van Gogh per tratteggiare il volto. Strategia adombrata da Severini in “Monsieur Pautrot.” Nei dipinti scelti per questa sezione, si anticipa come i futuristi giungeranno di lì a poco a definire la poetica figurativa della sintesi dinamica. Questo straordinario linguaggio plasmato dai futuristi si imporrà in breve tempo in tutto il mondo.
Conquista in quegli anni il pubblico parigino la pittura di Amedeo Modigliani; con grande autorevolezza, ultimo araldo e testimone di una storia figurativa. profondamente amato nella nuova capitale mondiale delle arti. Come un ritorno alle forme antiche del Trecento e del Quattrocento, per proiettarsi verso l’altrove: ”Hanke Zorowska”. il collo si è allungato oltre le tesi del Parmigianino, il colletto di pizzo lo avvolge oltre le orecchie ma lo lascia sapientemente scoperto
SEZIONE IX: IL PARADISO DEL CATAJO E I MISTERI DELLA MINIATURA
Un ruolo a sé nel percorso espositivo gioca la piccola sezione dei ritratti in miniatura.
In questa ottica di preziosità si giustifica la presenza delle miniature neoclassiche di Gigola. Eccentrico miniatore bresciano, assai ambito dall’aristocrazia giacobina bresciana, cui nel 1802 addirittura Ugo Foscolo chiese due ritratti miniati di sé e dell’amante Antonietta Fagnani Arese da potersi scambiare in vista della loro separazione, come lo stesso Foscolo riconoscesse alle miniature di Gigola la dote di modulare attitudini pensose e sentimenti esistenziali appropriati.
Info: www.palazzozabarella.it