Non è solo una petizione: il testo rivisto e modificato da Dario Fo è davvero efficace, ben scritto e merita di essere letto. Se poi si vuole , si può aderire con la propria firma.
Il sistema scolastico e universitario italiano è in grave pericolo. Un pericolo serio, reale, non dovuto al dilagare della tv spazzatura, non provocato dal terrorismo islamico e stranamente neppure causato dai mutamenti climatici; la scuola e l’università italiana sono a rischio perché si tagliano drasticamente le risorse che, pur tra mille difficoltà, hanno permesso fino a oggi il loro funzionamento e garantito l’esistenza di insegnanti e ricercatori convinti di star svolgendo un compito importante.
Forse è per questo senso profondo di autostima e di fiducia verso se stessi che insegnare non è un lavoro come un altro. Fare ricerca non è una comoda pratica per timbrare il cartellino e poi subire un lavoro più o meno tollerato o detestato: è spendere sogni, anni, fatica e sudore per studiare, interpretare, valutare, elaborare ipotesi, fare confronti, trasmettere conoscenze e gli strumenti per elaborarle.
In tutti i Paesi dell’Unione europea l’insegnamento, dalle scuole materne alle università, è considerato attività degna del massimo rispetto, in quanto riserva strategica di competenze e sapere; nel nostro Paese l’insegnante è screditato agli occhi di un’opinione pubblica resa sempre meno responsabile verso il futuro, il docente universitario viene visto come un comodo elefante parcheggiato in una placida savana, mentre il ricercatore viene considerato un tipo strambo prossimo al disadattamento.
Non è esagerazione dare queste definizioni, sono le stesse che possono spiegare il progetto di mutazione antropologica del Paese che vari governi hanno portato avanti nel tempo. Prima, con la campagna di tagli indiscriminati all’istruzione, all’Università e alla ricerca avviata nel giugno 2008; poi, con il DdL per l’università che, in questo momento, sta arrancando alla Camera, dove gli è stato imposto un salutare “stop”: una riforma strategica non si può fare senza risorse.
In totale, alla formazione scolastica e universitaria italiana vengono sottratti in cinque anni 10 miliardi di euro. Si tratta di una cifra paragonabile all’entità degli aiuti inviati in Italia col Piano Marshall dal 1948 al 1952. Quattro anni che allora cambiarono in meglio un Paese devastato dalla guerra, cinque anni che oggi possono distruggere quello che rimane di un sistema scolastico e universitario che un tempo era reputato tra i migliori al mondo.
Un piano Marshall al rovescio che rappresenta il più complesso e strutturato attacco al sistema dell’istruzione inferiore, media e superiore attuato in Italia dalla nascita dello Stato unitario. Una campagna che da un lato mira a dequalificare i docenti accorpando le classi di insegnamento – nel caso della scuola media inferiore e superiore – e dall’altro a colpire le università come centri di ricerca e studio. Viene infatti accentrato il controllo degli Atenei nelle mani dei rettori e dei Consigli di amministrazione; si precarizzano ulteriormente i canali di accesso alla docenza; ogni rappresentatività negli organi di governo degli atenei viene ridimensionata; viene prevista la possibile trasformazione delle università in fondazioni dalla natura giuridica ambigua, libero campo di speculazione e di profitto per consorterie di furbetti e rapaci. Infine, non vengono previste assunzioni per sostituire i pensionamenti e vengono lasciate inalterate retribuzioni che, soprattutto nel caso dei «giovani» ricercatori appena assunti, rasentano il ridicolo per un lavoro di alta specializzazione: 1.200 € al mese. Insomma, l’Università e la Scuola vengono relegati in un ruolo secondario, mentre in tutta Europa, si combatte la crisi investendo in istruzione e ricerca per garantire un futuro.
I firmatari di questa lettera denunciano questo scempio scellerato a tutti i cittadini coscienti del ruolo fondamentale che la scuola e la università hanno giocato nella formazione di ciascuno di loro, richiedono al governo di recedere dall’azione di impoverimento dell’istruzione e ricerca pubblica; chiedono una riforma del sistema universitario condivisa e ragionata e non improvvisata su logiche aziendalistiche fuori luogo, dicono sì alla tutela della professionalità e al riconoscimento dei meriti ma chiedono anche l’adeguamento delle retribuzioni ai livelli degli insegnanti e ricercatori dei Paesi dell’Unione europea.
Un paese nel quale chi insegna o ricerca è costretto ad andarsene o vergognarsi di ciò che fa, perché sottovalutato, denigrato e offeso proprio da chi dovrebbe garantire la sua professionalità, non è un paese né per giovani né per vecchi: è un paese di anime morte.
Primi firmatari:
Dario Fo
Franca Rame
Jacopo Fo
Stefano Benni
Luciano Gualandri
http://www.petizionionline.it/petizione/per-non-rinunciare-al-futuro/2314
La crisi economica che ha attraversato il nostro paese investe anche la scuola: in altre parole tagli, tagli, tagli. E’ vero, sono un’insegnante e ne sono consapevole, oltre che personalmente colpita nella quotidianità.
Talvolta però mi chiedo se tutti si rendano davvero conto degli sprechi che sono avvenuti nelle scuole italiane negli anni “grassi” e che ancora avvengono. Non sono un politico e non voglio fare politica, sono soltanto un’insegnante con una coscienza e con il profondo desiderio di svolgere bene e a pieno la missionarietà della propria professione. Non posso stare zitta e chiudere gli occhi davanti alla realtà di situazioni alle quali io, maestra nella scuola primaria, ho assistito. Ci lamentiamo del fatto che non abbiamo più compresenze, allora perchè quando le avevamo vedevo colleghi andare a far pausa caffè, preparare le lezioni per il giorno dopo, correggere quaderni, svanire nel nulla e rimaterializzarsi magicamente al termine della lezione. Lo scorso anno una mia collega, durante un’ora di compresenza con me, è andata a casa a cambiarsi le scarpe: i tacchi a spillo le dolevano troppo. E’ tornata dopo un’ora con un bel paio di stivali.
Perchè si ordinavano innumerevoli scorte di materiali, forse utili, ma che erano destinati a giacere in armadi polverosi per anni?
Perchè molti colleghi facevano passare come progetti a pagamento attività che io ho sempre fatto rientrare nella mia funzione docente?
Perchè i collegi docenti approvavavno progetti irragionevolmente costosi? Erano veramente così utili ed indispensabili?
Perchè le lezioni iniziano alle 8.30 e ho visto più volte, in una delle scuole nelle quali ho lavorato, colleghe mandare igli alunni a prender loro il caffè e starsene in corridoio a berselo per più di 20 minuti lasciando le classi incustodite. Mi è capitato di entrare in una appena suonata la campanella di inizio delle lezioni. I bambini si erano organizzati a giocare a carte e a scacchi. Considerato che le loro ricreazioni si protraevano oltre l’orario per un’altra ventina di minuti, tre persone venivano pagate ogni giorno per 40 minuti o più per bere il caffè e chiacchierare amabilmente. Il risultato? Indovinate un po’… classi con numerosissimi problemi di rapporti tra i bambini, per forza…
Perchè nella scuola dove insegno un posto di sostegno è scoperto, ma vengono pagate ben quattro persone? Quattro stipendi tra maternità e malattie, ma non c’è nessuno. Per carità, la maternità è un sacrosanto diritto di ogni donna, ma è giusto accettare una supplenza, tra l’altro sul sostegno di un caso grave e particolare, sapendo in partenza di non potere restare? Questa cosa può accadere per ben quattro volte a ben quattro persone diverse? Indovinate chi ne risente? Ma naturalmente l’allievo disabile, sballottato tra figure nuove che prendono servizio per un giorno o due e poi se mne vanno e tanti cari saluti a chi ha bisogno, più di tutti, di stabilità.
Perchè mi è capitato più e più volte di vedere gente che se ne va a casa prima del termine delle ore di programmazione settimanale? Chi paga tutte quelle mezz’ore mai lavorate?
Perchè se l’insegnante di sostegno è sulla classe, e se il neuropsichiatra stesso consiglia di far lavorare in gruppo quel bambino, l’insegnante di sostegno si rifiuta di farlo, e non lo fa per l’intero anno scolastico? Perchè quella stessa insegnante non prepara mai le attività per il suddetto bambino, ma, per sopperire a tale mancanza lo fa l’insegnante prevalente che non ha l’abilitazione per il sostegno, ma che è molto più un sostegno? Mi è capitato di vedere anche questo.
Chi sono veramente gli insegnanti oggi?
E’ una professione importante, come dice la lettera, è una missione, è un investimento sul futuro. Ma il rispetto per tale professione bisogna guadagnarselo!!!
Non voglio fare certo di tutta l’erba un fascio. Ho incontrato molte persone eccellenti, insegnanti meravigliosi che per me sono un esempio ed un’occasione di stimolante collaborazione. Ma credo sia giusto volgere lo sguardo anche all’altra faccia della medaglia, perchè lo dobbiamo, con sincerità, anche a noi stessi e alla nostra professione.
Katia cerchiari.