Il Salone del Libro di Torino quest’anno ha assegnato un premio al grandissimo scrittore israeliano Amos Oz. Tra i suoi libri, editi per lo più da Feltrinelli, cito: Una storia d’amore e di tenebra, La scatola nera, Lo stesso mare, Non dire notte…
Oltre a ritirare il premio, Amos Oz terrà una serie di conferenze per gli studenti piemontesi delle scuole superiori in varie località della Regione sul tema del fanatismo. Parlerà del suo saggio recente Contro il fanatismo (Feltrinelli),
in cui in modo ammirevole e per nulla accademico -d’altra parte lui vive in mezzo ai fanatismi d’una guerra assurda come quella tra Israele e Palestina – Amos Oz scrive della sua passione di scrittore, di come guarire un fanatico e infine del conflitto israelo-palestinese.
L’ultima frase del saggio è illuminante. Dopo aver concluso che la pace arriverà e che l’unica soluzione cioè la creazione di due stati sarà bruciante per tutti, dice agli Europei:
“a voi europei tocca riservare ogni oncia di aiuto e solidarietà a questi due pazienti, sin d’ora. Non dovete più scegliere tra essere pro Israele o pro Palestina. Dovete essere per la pace”.
Amos Oz parlerà così ai ragazzi, dirà anche cosa contraddistingue ogni fanatismo e certo toccherà punti importanti anche per la nostra società sempre pronta a difendersi dal diverso.
Io ho avuto l’occasione e la fortuna di sentire Amos Oz ilo scorso 7 novembre in un’occasione particolare: prima della premiazione pomeridiana ad Alba, infatti, lo scrittore israeliano ha partecipato a un reading – incontro in un luogo incantevole delle Langhe, la tenuta vinicola, legata ad Eataly di Fontanafredda (presso Serralunga d’Alba). Nella tenuta vi è il “bosco dei pensieri”, una bellissima passeggiata in un bosco ai cui piedi si trova un laghetto, insomma un vero locus amoenus.
Proprio davanti al laghetto si è raccolto un gruppo non numerosissimo di lettori di Amos Oz che hanno potuto partecipare a questo evento.
Lo scrittore ha letto in ebraico brani dal suo ultimo libro, i brani sono stati poi recitati con la consueta straordinaria bravura dall’attrice Lucilla Giagnoni, quindi grazie all’aiuto di uno scrittore italo-israeliano Amos Oz ha dialogato coi suoi lettori presenti.
Ha parlato dei suoi libri, delle occasioni, dello stile, delle varie scelte narrative.
Ha parlato anche naturalmente del fanatismo.
Amos Oz è un uomo all’apparenza di una semplicità contadina, in effetti per 30 anni ha lavorato come contadino in un kibbutz, è un uomo di 70 anni con un volto aperto, gentile, bello perché segnato da una vita difficile ma piena di soddisfazioni. Ora vive in una casa che s’affaccia sul deserto del Negev e insegna all’università.
È stata una grande occasione anche aver potuto porre delle domande, lo scrittore si è rivelato pieno di ironia oltre che di saggezza, una saggezza conquistata sul campo.
A chi gli ha chiesto della sua esperienza nel kibbutz ha detto che questo esperimento unico di socialdemocrazia reale è stato determinante per la sua formazione e la sua vita e che, essendo su base volontaria, senza interferenze politiche, ha insegnato a tutti la mutua responsabilità.
A proposito dei suoi controversi rapporti con la famiglia (la madre si suicidò quando Amos aveva circa 13 anni, e da allora anche i rapporti col padre si fecero difficili), lo scrittore ha parlato in modo tale dei suoi morti che tutti i presenti si sono palesemente commossi. Dopo la ribellione, infatti, Amos Oz ha provato curiosità per la sua famiglia d’origine e poi un senso di empatia; è divenuto lui il genitore di suo padre e di sua madre… come spesso accade, almeno così è accaduto anche a me. Lo scrittore dice che ormai invita i suoi morti a bere un caffè, a parlare con lui, loro sono bene accetti, ma poi se ne vanno, come i sogni. E questo lo ha portato alla pace con la sua famiglia e con se stesso.
Ai complimenti di una signora molto commossa, ha detto che il lavoro dello scrittore è un lavoro solitario per molti mesi, ma è un conforto sapere che fuori delle mura della sua stanza molti lo leggono.
Fuori delle mura della sua stanza c’è il deserto; alla domanda cosa veda nel deserto, Oz ha detto come tutte le mattine appena sveglio vi passeggia per vedere la prima luce, pura, per sentire gli spazi e il tempo infiniti, indeterminati. Poi va a casa, beve il caffè, ascolta alla radio le notizie: i politici che parlano fanno promesse e dicono “per sempre”, “in eterno”, “d’ora in poi” e lui pensa alle pietre del deserto che ridono di loro!
Forse proprio grazie al deserto, alla capacità di vederci l’eterno, Amos Oz ha parole persuasive contro il fanatismo e di certo saprà infiammare i giovani anche con la sua cortesia d’altri tempi, con la calma e la gentilezza con cui ha firmato tutti i nostri libri di lettori grati ed emozionati.
Condivido con Maria Rosa l’essenziale presentazione dello scrittore che, anch’io ho avuto modo di ascoltare, ma a Mantova in settembre.Spesso nelle mie lezioni all’AUSER di Como – Università popolare – ho ripreso delle sue pagine: sulla vecchiaia la figura della nonna e del nonno, con la sua grande capacità di ascoltare (virtù molto rara); sul lettore, il cattivo lettore e il buon lettore dalle pagine di “Unas storia di amore e di tenebra”; ho regalato a molti miei alunni “Contro il fanatismo”, rivalutando con lo scrittore la parola “compromesso”, l’avvicinamento necessario tra posizioni lontane per cercare vie di intesa, indispensabili per la convivenza di tutti. Ho inoltre scritto la mia analisi del libro “Non dire notte”: intensi i due personaggi di Teo e Noa.Leggere per capire, leggere per riflettere su se stessi, leggere per condividere emozioni, riflessioni con altrri lettori e con lo scrittore dal volto intenso, semplice come uno di famiglia: questo e altro è la lettura.
Grazie
giovanna corchia