Verona, Palazzo Forti
Dal 9 aprile al 10 luglio 2011
Dopo l’ottocento elegante, veniamo travolti da una ventata che investe il mondo e lo ribalta: la prima guerra mondiale, la rivoluzione d’ottobre, poi la seconda guerra mondiale, possiamo pensare erede e protagonista consapevole di questi avvenimenti Marc Chagall.
Sono opere provenienti dal Musée national Marc Chagall di Nizza, dal Musée national d’Art Moderne Centre Georges Pompidou e da importanti collezioni private, A Verona la mostra giunge dopo essere stata presentata, con grandissimo successo, al Musée national Marc Chagall di Nizza e all’Ara Pacis di Roma per celebrare i venticinque anni dalla scomparsa di Chagall (1887 – 1985) una vita che si rinnova nelle opere proposte, e passa il testimone di una vita vissuta intensamente.
Chagall con i personaggi, gli animali, gli oggetti che popolano i suoi paesaggi sfida la legge di gravità, ci pone come visitatori in una prospettiva inusuale: “Mi tuffo nelle mie riflessioni e volo al di sopra del mondo”, così scrive e racconta nei dipinti. E’ un mondo ”sottosopra”, alla rovescia, “Un uomo che cammina ha bisogno di rispecchiarsi in un suo simile al contrario, per sottolineare il suo movimento”, così come “un vaso in verticale non esiste, è necessario che cada per provare la sua stabilità”, annotava l’artista.
Emergono le affinità che l’artista condivise con i Surrealisti cui si è accostato nel corso della sua vita, ma da cui si è poi sempre distinto, sottolineando la sua identità.
Egli esprime il suo forte sentimento religioso, sviluppa i temi legati alle sue origini russe ed ebraiche e i relativi contenuti spirituali, aderisce fortemente ai racconti biblici, con varie opere dedicate alla “Genesi”, in cui il caos iniziale per intervento divino si trasforma in ordine, “all’Esodo” delle folle erranti negli episodi sconvolgenti della storia che veniva piombandogli addosso con esili, persecuzioni, diaspore, al “Cantico dei cantici” un canto all’amore -passione
Il mondo che Chagall raffigura è, un mondo “sottosopra” in cui “il tempo non ha sponde”; fidanzati, sposi, rabbini, musicisti, orologi a pendolo, carretti, asini, galli e il pittore stesso – si abbandonano ad audaci acrobazie come fossero circensi, e insieme con loro un mondo capovolto che è senza dubbio il frutto di una visione coniata da molteplici esperienze culturali e di vita vissuta.
Alla rivoluzione d’Ottobre Chagall prese parte, venne esaltato e poi fu espulso. Le immagini che l’artista crea restituiscono i temi di “rivoluzione” e “capovolgimento” nella loro piena accezione fisica ed emotiva. Si rappresenta immerso nei contesti vitali: Vitebsk, il ghetto, Parigi, New York, ancora Parigi. si colloca facilmente tra le tradizionali stampe popolari russe, (i racconti dei padri) e le immagini derivanti dalla visione di un mondo nuovo, surreale.
Sconvolta, con lui e in lui, la sua concezione di arte, forgiata dalle rivoluzioni, dal dolore, dalle guerre, affascinato dal bello e impegnato a valorizzare il piacere degli affetti, supera negli anni mille difficoltà e con esse le frontiere fra pittura e grafica, fra vita e morte, passato e futuro. I personaggi appartengono ad un’epoca senza tempo, abitano spazi improbabili, con gli animali (incroci di specie diverse) sono posti in architetture improvvisate, come di chi è nomade, e le scene, se pur quotidiane diventano spettacoli magici.
Ogni singola tela di Chagall contiene episodi nei quali gli esseri umani, gli animali e perfino gli oggetti sono stati spostati, mossi, collocati in un luogo “altro”. La loro immagine si è liberata da ogni tipo di realtà contingente e da ogni punto di ormeggio, così da risultare più facile per lo spettatore lasciarsi trasportare in un mondo “sottosopra”. Provocato non solo da componenti esterne, ma da necessità interiori, spirituali.
Considerazioni su alcune opere in mostra
All’ingresso ci accoglie“L’uomo con la testa rovesciata” 1919 olio su cartoncino Collezione privata. L’opera fa parte di una doppia serie di autoritratti con la testa rovesciata. La prima serie, dipinta durante il soggiorno dell’artista a Parigi tra il 1911 e il 1914, è composta da più varianti dello stesso tema, in seguito il pittore adotterà questa modalità di presentazione dell’opera.
Diritto, rovescio, sottosopra, chiedeva che fosse appeso così, con l’uomo seduto come tutti gli altri, con la testa capovolta. Senza dubbio il modo in cui è dipinto lo pone in uno stato di capovolgimento dinamico, a dominare la città natale,Vitebsk, Si tratta di un autoritratto, in cui veste i panni del dandy, in un bell’abito bianco. Il tutto dà alla composizione una dimensione onirica, irrealistica, attirerà naturalmente l’attenzione degli altri pittori, espressionisti tedeschi e, ed il nascente gruppo surrealista.
Questa prima serie verrà in seguito ripresa per la scenografia del Teatro nazionale ebraico di Mosca, dove Chagall lavorerà nel 1918-1919. E’ un lavoro portato avanti con coerenza e continuità, Lo vediamo negli “acrobati” e nei tristissimi “arlecchini” neri saltellanti tra la neve.
“Al cavalletto” acquaforte e puntasecca su carta giapponese (o di riso), tavola n. 18 delle illustrazioni per Paul Cassirer, Ma vie, Berlin 1923 Collezione privata
Dopo il fallimento della sua partecipazione al rinnovamento della vita artistica di Vitebsk come direttore di una scuola d’arte nata in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre –, Chagall lascia la sua città natale e si trasferisce a Mosca. Qui incontra un certo successo di critica col suo lavoro presso il Teatro nazionale ebraico. Tuttavia la necessità di far vivere dignitosamente la sua famiglia lo induce a partire: nel 1922 lascia la Russia e raggiunge Berlino, Ben presto l’editore Paul Cassirer propone di pubblicare il testo poetico – autobiografico “Ma vie” con delle illustrazioni, saranno poi pubblicate autonomamente nel 1923. Per la realizzazione di questo progetto Chagall impara la tecnica dell’incisione, maturando rapidamente una notevole abilità tanto che diventerà così un mezzo di espressione privilegiato dall’artista, che lo applicherà per illustrare, su richiesta del mercante parigino Vollard, grandi opere letterarie (Le anime morte di Gogol, Le favole di La Fontaine, la Bibbia,le sue Poesie, come testi di amici scrittori. L’incisione in oggetto deriva dallo spirito universalistico di Chagall. L’artista si raffigura nell’atto di praticare la sua arte: sottolinea la modernità del suo percorso ribaltando la sagoma del personaggio: prevale la volontà di infrangere le regole iconografiche classiche, ma i volti sono due è consapevole della sua duplice interpretazione della realtà.
“Schizzo per L’aire du temps (L’aria dei tempi), logo della mostra – inchiostro di china, acquerello e gouache su carta.
Nel 1942, con la partecipazione all’allestimento del balletto Aleko per il NewYork City Ballet, Chagall è incaricato della realizzazione di costumi e scenografie. Per la realizzazione dello spettacolo, la compagnia si reca in Messico, dove Chagall scopre il barocco messicano, che provoca in lui un ritorno alle scene fantastiche della giovinezza,
Nasce questa graziosa gouache sotto la doppia influenza dei ricordi russi,da una parte, e della scoperta della vita messicana dall’altra: i colori vividi si alternano a quelli tenui, primaverili, al tempo stesso; un animale ibrido, metà gallo e metà capra, con la testa affondata nella mangiatoia e, soprattutto, capovolto, con la testa in basso; il personaggio femminile nudo, di un rosso acceso, che osserva dall’alto la scena agreste.
Ricorda le gouache preparatorie per le Favole di La Fontaine, a metà fra surrealismo e stile primitivista.
“Resistenza”(parte del trittico la Rivoluzione) 1937-1948 olio su tela, in deposito presso il Musée national Marc Chagall di Nizza
Nel 1937 Chagall celebra a modo suo il ventesimo anniversario della Rivoluzione russa dipingendo un grande quadro intitolato appunto “La Rivoluzione”, che porterà con sé nell’esilio statunitense del 1941. A memoria indelebile delle sofferenze patite dal popolo ebraico durante la guerra, egli decide di tagliare l’opera in tre parti, trasformandola in un trittico. Nella parte superiore permangono alcuni personaggi che brandiscono fucili, il cui dinamismo viene accentuato dal loro slancio verso destra, la minaccia della guerra è resa metaforicamente da un grande animale che sostiene una torcia. Da un villaggio russo ancora addormentato nella calma di una notte ingannevole scappa già confusamente una folla di ebrei sconvolti, uno dei quali – il tipico ebreo errante col fagotto in spalla – porta con sé la Torah. Più in là una donna porta in braccio il suo bambino. Compare anche il pendolo della casa di famiglia che non scandisce più il tempo. Il Cristo in croce al centro della composizione, simbolo di un’umanità sacrificata, ha la vita cinta dallo scialle di preghiera degli ebrei. Lungo la croce e ai piedi del Cristo, due figure femminili, (allegorie dell’amore divino e dell’amore terreno?), sembrano essere l’ultima speranza possibile di fronte alla barbarie incombente. Una figura femminile nuda, sola, a testa in giù, immagine della disperazione, sembra voler tendere le braccia verso la sposa radiosa lontana, in basso, per proteggerla.
Il Cristo in croce, che già nel 1939 Chagall pone al centro di un’altra opera, La “Crocifissione bianca” (Art Institute, Chicago), diventa durante la guerra il personaggio principale dei suoi quadri.
Questa figura rinsalda l’espressione del dolore e dell’inquietudine del pittore davanti allo sterminio del popolo ebraico dell’Europa dell’Est, di cui prima presagisce poi ha conferma della scomparsa quasi totale. Comincia infatti per il pittore un periodo di intensa attività rivolta all’arte spirituale che egli porta avanti fino alla fine dei suoi giorni.
“Resurrezione” 1937-1938 in deposito presso il Musée National Marc Chagall di Nizza. Si tratta del secondo pannello del trittico ottenuto da Chagall a partire dal quadro “La Rivoluzione”, realizzato nel 1937.
Compaiono ancora, qui, tracce dell’opera originale Ad una atmosfera infuocata si contrappone il resto del quadro, un paesaggio innevato dai colori glaciali su cui spicca, ancora una volta, l’immagine dominante del Cristo crocefisso. Egli sostituisce il personaggio capovolto dell’opera precedente con quel Lenin che avrebbe dovuto rivoluzionare il mondo vecchio. Attorno al Cristo sono disseminate alcune figure riprese dalla “Crocifissione bianca”: una madre sconsolata col bambino in seno tende una mano al Cristo; un vecchio ebreo con in mano la Torah sembra voler attendere la volontà di Dio, senza tentare di fuggire; in alto, compaiono case in fiamme da cui fugge del bestiame. Lungo il corpo del Cristo compare la sagoma spettrale dell’artista testimone, con pennello e tavolozza, di un universo sconvolto.
Il pittore si percepisce come una sorta di doppio del Cristo, sofferente e solitario: “Come il Cristo, io sono crocifisso, fissato con dei chiodi al cavalletto“ scriveva a sua moglie. Il ventre arrotondato del Cristo nel centro della tela ricorda un ventre materno e protettore che attrae l’alone di luce della lampada alla sua destra, o è un bersaglio facile? La lampada galleggia, ha smarrito ogni punto di appoggio; ma continua ad emettere chiarore come la presenza divina mai negata agli uomini. Il trittico è emblematico della dualità caratteristica di Chagall, che consiste nell’intrecciare orrore e amore, speranza e disperazione, distruzione e dolcezza vitale , come testimonia l’ultimo pannello del trittico, “Liberazione”.
Il furore rivoluzionario della parte sinistra del dipinto, la violenza e la morte, cedono ad una scena più placida sulla destra, dove l’amore, la musica e la poesia si manifestano come veri motori del cambiamento. Eppure sono periodi, di intenso inasprimento sociale dal fronte popolare in Francia e dalla guerra civile in Spagna, che ricordano all’artista il suo stesso impegno durante la Rivoluzione d’Ottobre e le delusioni successive. Sembra interrogarsi sempre sulla trilogia politica-religione-arte: “La Russia si copriva di ghiaccio. Lenin l’ha messa sottosopra, proprio come io ribalto i miei quadri”. E “il giorno 25 ottobre, in tutta la città, le mie bestie multicolori sventolavano, gonfie di rivoluzione.”
“Gli operai avanzavano cantando l’Internazionale. A vedere come sorridevano, sono certo che mi avevano capito. I capi, i comunisti, sembravano meno soddisfatti. Perche la mucca è verde? E perché i cavalli volano in cielo?”
La slitta sulla neve 1944 olio su tela, Collezione privata
Le rimpatriate con gli artisti ebrei russi conosciuti prima di lasciare la Russia ridestano in Chagall i ricordi di gioventù. Anche i paesaggi innevati degli inverni a Cranberry Lake, rimandano a un repertorio russo.
In un paesaggio invernale, una slitta guidata da una delicata figura femminile e trainata da un cavallo alato trasporta un gallo giallo, sollevandosi sull’intenso candore della neve. Una finestra in alto a destra buca la distesa innevata: è la finestra dei ricordi, l’artista rivive una scena lontana nel tempo. Nella parte bassa del quadro, un villaggio russo capovolto, rischiarato dalla luna, con le case di mattoni, le staccionate di legno e sull’estrema destra, il santuario ortodosso: è Vitebsk. E la profonda nostalgia dell’artista dà vita ad una visione onirica, Il 1944 è uno degli anni più difficili per l’artista, a causa della perdita della moglie, alla quale era legatissimo e per la preoccupazione per gli ebrei rimasti in Europa.
Bella, la moglie, aveva appena concluso la stesura delle memorie della sua giovinezza, pubblicate con il titolo “Lumières allumées” che vengono illustrate dall’artista, ultimo omaggio alla donna amata. “Neanche un secondo per riprendere fiato. Siamo trasportati come se avessimo le ali”.
“Cavallo blu nel cielo” 1946 gouache su carta, Collezione privata. La guerra è finita.
Chagall ha trovato una nuova compagna,Virginia, con la quale ha un figlio, David. La coppia acquista una casa nelle foreste a nord di New York. L’artista ritrova la felicità e lavora alle illustrazioni per le “Mille e una notte” (Four Tales from Arabian Nights) opera litografica, cifra che assumerà sempre più importanza nel suo lavoro futuro. Questo disegno unisce le reminiscenze russe alla cromìa misteriosa e vibrante delle litografie delle “Mille e una notte”, in cui l’atmosfera fiabesca contempla numerosi cavalli volanti. Il contrasto tra il grande cielo notturno di un blu pieno e la tonalità d’un rosa intenso dell’uccello ricorda i colori violenti di altri disegni di animali es. “Aleko, il gallo rosso” (collezione privata).
Un grande cavallo blu, in un cielo ancora più blu sembra tuffarsi in direzione del villaggio, con le tipiche isbe e le staccionate di legno, la coppia di innamorati con le teste accostate, l’orologio a pendolo.
“La Resurrezione in riva al fiume” 1947 olio su tela, Collezione privata
Nel periodo in cui Chagall dipinge questo quadro, insieme a un’intera serie di opere – tra cui “L’Autoritratto con orologio a pendolo” – che lo rappresentano al lavoro, l’orrendo sterminio programmato del popolo ebraico è realtà. L’artista non potrà non raccontare questa tragedia, ma con il timbro della nostalgia narrerà anche la dolcezza del modo di vivere di una società ormai scomparsa, alla quale apparteneva. Sofferenza e nostalgia si mescolano in questo quadro intenso e complesso. Una grande diagonale divide la scena in due parti dal significato ben distinto.
In alto, in una luce incendiaria, la città di Vitebsk si consuma sulla riva della Dvina. Un Cristo in croce cinto in vita dallo scialle della preghiera plana sopra questa scena di distruzione, simbolo universale della sofferenza dell’umanità e testimone dello sconforto delle genti strappate alla città natale. Una luna nera, ai suoi piedi, si specchia nel fiume, sul quale una famiglia cerca di fuggire con una barca, la stessa già vista nella “Crocifissione bianca” del 1939, Sotto la diagonale, si nota un omaggio agli scomparsi della Bielorussia; il colore malva accentua la malinconia di questa parte del dipinto, incentrata su figure umane spettrali, uomini e donne abbracciati e preceduti da un angelo recante una manciata di fiori. Un’ombra chiara, un’anima vorrebbe elevarsi e tendere lamano verso quella del Cristo posto in alto. Un violinista, sdraiato nella parte bassa del quadro, atterrito, vuol cullare con la sua musica tanto dolore.
Infine, sulla destra della composizione l’artista al cavalletto: testimone dolente della tragedia degli ebrei. La doppia testa, quella umana che guarda il cavalletto e quella animale rivolta alla scena, sottolinea la dimensione religiosa del quadro. L’artista è quindi solo un messaggero la cui mano è guidata da una Volontà Superiore.
“ll circo rosso” 1956-1960 olio su tela, 130 ×97 cm Collezione privata
La pittura dell’artista riflette dall’inizio alla fine il suo interesse per il circo e i saltimbanchi, come testimoniano le ricorrenti raffigurazioni di violinisti, tanto importanti nella vita culturale degli ebrei russi, e di acrobati. Nella scenografia del Teatro nazionale ebraico di Mosca si rivela l’ entusiasmo per la vita circense , confermato in numerose pitture e litografie fino al volume scritto e illustrato da Chagall nel 1967ed edito da Tériade.
Per Chagall lo spettacolo circense è un sunto metaforico della vita, in cui l’essere umano si evolve con le sue paure, le gioie e gli amori. Di questo mondo in cui acrobati e cavallerizze si librano sulla pista, l’artista rivela naturalmente un’immagine capovolta. Segnali dei rivolgimenti cui la vita ci costringe.
La dimensione religiosa, evidentemente, è pure parte integrante della concezione che Chagall ha del mondo del circo; l’accostamento tra la rappresentazione di acrobati e angeli, come avviene nelle litografie con soggetti sacri, dal Sogno di Giacobbe alla Creazione.
Se si raffronta questo quadro con “Il circo blu” di poco precedente, e i suoi numerosi disegni preparatori (collezione privata), risultano evidenti i diversi modi di operare adottati da Chagall in uno stesso decennio.
Nel primo, il blu profondo della notte, i contorni netti dei personaggi e la loro studiata collocazione sulla superficie della tela mettono l’accento sul ruolo centrale dell’acrobata e fanno della scena una cerimonia misteriosa. Nell’altro, un rosso saturo enfatizzato da macchie in contrasto, il disegno meno preciso e la moltiplicazione dei personaggi danno all’insieme una dimensione più caotica e complessa, proprio per questo rappresentativa della vita stessa.
Schizzo per Il Cantico dei Cantici I 1960 olio su carta intelata Nizza,Musée National Marc Chagall
Il ciclo di cinque quadri dedicati al Cantico dei Cantici fa parte integrante del “Messaggio Biblico”, l’opera religiosa più completa di Marc Chagall. Come i dodici grandi quadri sulla “Genesi “e quelli su “l’Esodo” illustrano molto da vicino il testo biblico, così le opere sul Cantico dei Cantici rappresentano un’interpretazione libera e intimista dei versi del celebre poema .Questo canto d’amore, dall’innegabile potere evocativo, erotico è stato inserito nella versione definitiva della Bibbia dagli ebrei in quanto espressione dei legami fra Dio e il suo popolo, dai cristiani come manifestazione dei legami fra Gesù Cristo e la sua Chiesa.
L’evocazione di Chagall si basa tre dimensioni: musicale, religiosa e naturalmente erotica del testo.
Per i cinque quadri egli crea un mondo, meglio un movimento rosso, le cui tonalità variano dal rosa più tenue al rosso violento, passando dal bordeaux intenso.
La coppia, in cui l’artista riconosce David, identificato dall’arpa, e Betsabea è qui teneramente abbracciata in primo piano. la donna affascinante è visibile nei suoi seni rosati e rotondi di profilo. E’ presente la città santa, Gerusalemme, nei cinque quadri, è qui richiamata verticalmente, sul bordo destro della tela, in una sorta di immagine onirica (come in “Dovunque, fuori dal mondo” ed “Il mostro di Notre-Dame”, 1953, n. 73).
Cerchi e forme triangolari,ripetizioni della figure, contribuiscono allo smarrimento della nozione di “orizzonte”: la coppia sembra volare in un paesaggio alberato dove compaiono animali, ibridi,dalla gazzella all’uccello in alto a sinistra che suona la lira. Il tutto contribuisce a dare l’impressione di assenza di gravità .
“Poesie, decima illustrazione” 1968 xilografia 32,3 ×24,8 Solo nel 1968, su richiesta dell’editore Gérald Cramer, Chagall pubblica le sue Poesie, scritte per lo più fra il 1910 e il 1922. Illustrandole… ritroviamo lo spirito surrealista immaginifico dei suoi testi.
Egli, infatti, con le illustrazioni, restituisce l’atmosfera evocativa dei testi, le vivide impressioni della giovinezza, le seducenti immagini della sua città natale,Vitebsk, Parigi, i primi amori. Le paure,i dolori.
La decima illustrazione è un ritorno alla casa paterna, ma la memoria si trova a esitare tra il sogno e l’incubo. sono al tempo stesso espressione della felicità dell’infanzia e della tragedia della perdita di luoghi e persone care.
La visione pare travolta da un terremoto che fa vacillare la casa paterna con la facciata di mattoni rossi, comunque rappresentata nel modo solito dell’artista, con la madre sull’uscio –La città continua sulla sinistra, si arrampica lungo il bordo della tela e invade il cielo. Nel cielo e dietro la casa, la corte è raffigurata come nei disegni dei bambini: ciò che sta dietro è in alto. Inoltre, le proporzioni delle figure non sono rispettate, il che contribuisce alla percezione caotica della scena. Il padre, figura austera, porta una pesante e scura levita tipica degli ebrei di Vitebsk e dà da mangiare a un gallo dalla testa rossa. il becco sulla mano del padre manifesta l’intenzione di un gesto affettuoso.
Chagall si è spesso rappresentato sotto forma di gallo (Il gallo, 1947, Musée des Beaux-Arts de Lyon); Una capra blu cielo si impone con le sue smorfie in primo piano: essa simboleggia il focolare infranto.
Nell’angolo inferiore sinistro, davanti alla rappresentazione del santuario con la cupola verde, simbolo per eccellenza della città natale di Chagall, un personaggio col braccio alzato sembra essere inchiodato su una croce; rivolto verso la madre, con il braccio alzato al cielo. la seconda guerra mondiale ha distrutto definitivamente la civiltà yiddish nella quale Chagall è cresciuto. il simbolo di una umanità martoriata.
La scrittura di Chagall
Dalla realtà alla tela alla pagina, le poesie si inseriscono all’istante nel quadro: “Accadde che, per via del bel tempo, il nonno si era arrampicato sul tetto, si era seduto sui tubi e si gustava delle carote. Niente male come quadro”15;
“E tu, mucchina, nuda e crocifissa nei cieli, sogni”16;
“Talvolta la candela sale verso la luna, talaltra la luna scende verso le nostre braccia volando. Anche la strada prega. Le case piangono”17;
“Estasiato, coi piedi affondati nel terreno, un maiale trasparente se ne sta qui, davanti a me”18; “Stringo con più forza i corrimani, le mie mani gelano. Io volo e il treno vola con me”.
Leggiamo le poesie scritte da Chagall, immagini simili volteggiano verso di noi:
“Je marche par le monde comme dans une foret / Sur les pieds, sur les mains, de-ci de-la / D’arbre en arbreles feuilles tombent / Elles me reveillent, j’ai peur” 20 (“Cammino per il mondo come in una foresta /Sui piedi, sulle mani, di qui di la / Di albero in albero le foglie cadono / E mi risvegliano, ho paura”);
“La ou se pressent des maisons courbees / La ou monte le chemin du cimetière / la ou coule un fleuve elargi / La j’ai reve ma vie”21
(“Laddove si accalcano case ricurve / Laddove sale il cammino al cimitero / laddove scorre un fiume e s’ingrossa / Là ho sognato la mia vita”).
Come spiega Philippe Jaccottet, che ne ha realizzato la traduzione in francese, le poesie di Chagall ritrovano spontaneamente i grandi temi di cui si nutre la sua pittura: La città russa (Vitebsk), gli innamorati, i profeti, i rabbini, lo stesso artista e tanti altri soggetti non nominati che pure appartengono al suo universo.
Interessantissimo il video con le interviste autobiografiche all’artista, che spaziano dall’arte alla vita e tornano all’arte. Confermano impressioni/emozioni del percorso espositivo. Nel quale siamo rapiti e traghettati oltre il contingente verso nuove visioni del mondo.
Per Chagall, il lavoro stesso dell’artista deve liberarsi da qualsiasi precetto teorico troppo rigido, sempre suscettibile di limitarne la portata poetica. Ricordiamo la frase che gli ha fatto da bussola per tutta la vita: “Mi tuffo nelle mie riflessioni e volo al di sopra del mondo”. L’artista rivolge una supplica a Dio, interpellandolo cosi: “Rivelami il mio cammino. Non vorrei essere come gli altri; io voglio vedere un mondo nuovo”. Colui che cammina è il creatore poiché il suo percorso è invenzione.