In un sabato sera di maggio, uno spettacolo teatrale, che si intitolava “Sogno” ha proposto riflessioni sui 150 anni dell’unità d’Italia.
Era uno spettacolo che, nonostante affondasse le sue radici nella memoria dei grandi fatti che hanno portato all’unità d’Italia, guardava però al futuro, al sogno di un futuro per l’Italia come nazione e per gli italiani come veri consapevoli cittadini.
Che il sogno e la speranza fossero elementi predominanti derivava forse dalla particolarità dello spettacolo.
Il testo, la regia, l’organizzazione si dovevano, infatti, a un gruppo di giovanissimi, che frequentano la classe V Ginnasio del Liceo Classico D’Adda di Varallo sesia. In quell’Istituto io ora lavoro.
Questi stupefacenti ragazzi, coadiuvati da due docenti e dall’ottima orchestra dell’Istituto D’Adda, mi hanno stupita, commossa e soprattutto mi hanno fatto pensare.
In primo luogo mi ha meravigliato che ragazzi così giovani sentissero tanto importante il senso di appartenenza all’Italia e che cercassero un senso del futuro nella storia.
Poi mi ha colpito la passione civile, in cui mi sono riconosciuta perché anch’io fin da giovanissima ho sentito questa passione, anche se nella mia gioventù non era tanto l’Italia oggetto delle mie speranze quanto un discorso più sociale e globale.
Inoltre ho dovuto superare un certo cinismo e lasciarmi trasportare dal sogno di questi giovani, dal loro entusiasmo. E soprattutto mi sono ritrovata come tutti nella sala ad alzarmi quando è stato intonato l’inno nazionale.
Non avrei mai immaginato di sentirmi orgogliosa dell’inno, della bandiera, di sentirmi commossa all’elenco terribile di quanti sono morti per fare l’Italia nel Risorgimento, per rafforzarla nella prima guerra mondiale e per rifondarla su basi insuperate (la Costituzione) nella Resistenza.
Molto azzeccato e coinvolgente il ritornello che sottolineava i punti salienti degli avvenimenti storici: a turno gli attori dicevano di questi Italiani e Italiane “Morti per un’Italia, unita, repubblicana, democratica”.
Insomma il messaggio di questi ragazzi, bravissimi nel recitare, nelle scelte registiche e dei testi, è stato di grande forza politica, nel senso più alto del termine, morale e anche culturale.
Uno spettacolo che forse, ma spero di sbagliarmi, potrebbe indurre i nostri governanti a pensare che la scuola pubblica deve essere estinta per evitare la conservazione della cultura e la progettazione di un futuro diverso da quello di semplici sudditi.
Un messaggio che, secondo me, dovrebbe essere portato anche in altri ordini di scuole, dove purtroppo l’abitudine al pensiero è meno coltivata; un messaggio che ha fatto bene ai ragazzi, ma soprattutto a noi adulti, che pensiamo ai giovani come a una mandria scomposta; che poco pensiamo al futuro e che abbiamo urgente bisogno di un sogno.