Fare esercitare sulle prove Invalsi o riflettere sulla propria didattica di comprensione del testo?
Sento dire – nel corso delle prime riunioni per materia e/o per classi parallele di questo nuovo anno scolastico – frasi del tipo: “A fine marzo o al massimo entro aprile, sospenderò, per almeno una settimana, la normale programmazione didattica (sic!) per far esercitare i ragazzi sulle vecchie prove Invalsi, se no durante gli esami faranno una pessima prova”…
E’ indubbiamente utile, in generale, proporre ai ragazzi le prove Invalsi degli anni precedenti, ma credo che occorra andare oltre.
Le prove Invalsi, penso a quelle di italiano, valutano la competenza di lettura degli alunni dei vari ordini di scuola, ritenendo che la comprensione dei testi sia uno dei compiti primari della scuola: da quella dipende, infatti, lo sviluppo delle conoscenze personali, il successo nello studio e, in ultima analisi, la partecipazione attiva alla vita sociale e democratica nella futura vita adulta.
Per poter comprendere completamente un testo, è necessario che un insegnante sappia mettere in atto, attraverso delle domande, alcuni processi cognitivi nello studente.
Ma quali sono i processi cognitivi ottimali che ogni insegnante deve attivare nei suoi studenti?
Su questo punto la normativa indica certamente delle piste sulle quali inoltrarsi, ma lascia perlopiù agli insegnanti la libertà e la responsabilità di informarsi a modelli teorici diversi.
L’istituto Invalsi, così come le rilevazioni internazionali (Ocse Pisa e Iea Pirls), sulla comprensione del testo scritto hanno individuato – nei seguenti sette processi – quelli essenziali da stimolare e sviluppare sui banchi di scuola, anche attraverso la lettura e la comprensione dei testi, per una futura partecipazione attiva dello studente alla vita democratica (literacy):
- riconoscere e comprendere il significato letterale e figurato di parole ed espressioni;
- individuare informazioni date esplicitamente nel testo, anche se rielaborate in forma parafrastica o sinonimica;
- fare un’inferenza diretta, ricavando un’informazione implicita da una o più informazioni date nel testo e/o tratte dall’enciclopedia personale del lettore;
- cogliere le relazioni di coesione testuale;
- a)ricostruire il significato di una parte di testo, integrando più informazioni e concetti; b) ricostruire il significato globale del testo;
- sviluppare un’interpretazione del testo, riflettendo sul suo contenuto e/o sulla sua forma;
- valutare il contenuto e/o la forma del testo alla luce delle proprie conoscenze.
Credo che sia importantissimo, quando vengono formulate le domande di comprensione di un testo, che l’insegnante rifletta su ciascuna domanda che propone, proprio per rendersi pienamente consapevole del processo cognitivo che essa andrà a toccare e, quindi, per cercare di formulare domande che sollecitino quanti più processi possibili.
Alla luce di questa breve riflessione e con riferimento alla frase che ho riportato all’inizio, credo che, più che proporre le prove invalsi degli anni passati come un momento didattico a sé stante, sia opportuno, piuttosto, ripensare alla propria didattica di comprensione del testo attraverso una sistematica riflessione che consenta sempre di individuare i processi cognitivi che si intende sviluppare e potenziare nei ragazzi, al fine di riuscire, così, a formulare domande di comprensione (o ad integrare le domande di comprensione del testo proposte dalle antologie) che vadano congruentemente a sollecitare e ad attivare proprio quei processi.
Questo contributo è un interessante e utile spunto di riflessione da proporre nelle scuole. Grazie
Una forte riflessione che indubbiamente ci dovrebbe condurre tutti a un’attenta valutazione del nostro operato. Gli insuccessi degli studenti sono in realtà i nostri. Abbiamo molto su cui riflettere ma soprattutto, impariamo a metterci in gioco. Rendiamo utili queste prove invalsi per testare la bontà o meno del nostro lavoro e, rimbocchiamoci le maniche!
Bravo Antonio!
Forse anche attraverso le prove InValsi ( ma non solo) si può mettere in moto un percorso virtuoso di riflessione sulla didattica della lettura e di analisi disciplinae dell’insegnante di italiano come “insegnante di lingua”; ciscuna scuola poi , autonomia, dovrebbe provare a ragionare sui risultati e ad uscire dalla referenzialità. C’è molto da lavorare ma ancora una volta la chiave è la “formazione in servizio” dei docenti.. Un invito, per chi vuole approfondire si può visitare il sito GISCEL..