rtemisia Gentileschi- Storia di una passione
Milano, Palazzo Reale, 22 settembre 2011 – 29 gennaio 2012
Le giornate dedicate all’impegno, per estirpare la violenza contro le donne, vorremmo durassero settimane e mesi. Per dare a questa lotta una dimensione più ampia, mi è sembrato opportuno cogliere l’occasione per recensire la mostra a Palazzo Reale a Milano, dedicata ad Artemisia Gentileschi: artista che più volte subì violenze e pressioni fisiche e psicologiche,in famiglia dal padre padrone, dal Tassi, coordinatore di lavoro del padre, dal tribunale durante il processo successivo, dall’opinione pubblica, e fu capace di reagire ogni volta con rinnovata energia.
(Erano i tempi in cui la tortura veniva usata come strumento di prova atte a sostenere la veridicità delle affermazioni … erano i tempi in cui la contessa Cenci venne decapitata e il fratello squartato nella pubblica in piazza!)
Artemisia ha avuto un padre violento, così crudele da attivarsi per favorire l’incontro con il Tassi, incontro al quale seguì la violenza. La denuncia contro il Tassi per stupro alla figlia venne consegnata solo nel momento considerato più opportuno da Orazio Gentileschi, interessato più a privare il Tassi del suo ascendente artistico onde succedergli presso i ricchi committenti, piuttosto che tutelare la figlia, come un ricatto praticato alcuni anni dopo l’accaduto. Nonostante il processo si fosse concluso con la condanna del Tassi , Artemisia deve fuggire da Roma, dopo aver accettato un matrimonio riparatore con un amico di famiglia, fratello del loro legale, Stiattesi, a tutela di un minimo di onore.
(Com’è noto, la legislazione e i rigidi precetti religiosi del tempo assegnavano a ogni padre o marito la responsabilità legale della propria figlia o moglie e d’ogni sua azione pubblica)
In casa, era diventata ingombrante per un genitore in carriera, particolarmente rude e insofferente ed egli indirizza una lettera alla Granduchessa Cristina di Lorena, il 3 luglio 1612, perché la accolga. I Medici la accolgono. Sta superando molti orrori, può contare solo sulla capacità ed il desiderio di coltivare il suo talento artistico.
(Erano tempi in cui non esisteva la psicoterapia,la funzione terapeutica venne per lei assolta dall’arte e dalla scrittura)
Le lettere sono preziosissime quanto le opere, per capire vicende personali, famigliari, artistiche, amorose (Recentemente sono state rinvenute trentasei lettere autografe di Artemisia e del marito Pierantonio Stiattesi a Francesco Maria Maringhi : sono pubblicate integralmente in “Lettere di Artemisia (1619-1651”, edizione critica e annotata per cura di Solinas con la collaborazione di Michele Nicolaci e Yuri Primarosa, 2011).
Nonostante l’ortografia sia scorretta, le lettere hanno un fascino particolare, in esse il vigore, la passione, la combattività e l’autostima appaiono palpabili.
Ci sono lettere che consentono di ripercorrere la storia della ragazza pittrice, altre che celebrano con passione l’amore di lei per il nobile fiorentino Maringhi, amore che durerà tutta la vita.
La corte fiorentina viveva una delle stagioni più splendide: Artemisia si adegua con naturalezza alla vita di corte fatta di rappresentazioni teatrali, i drammi in musica, e feste (La reggia brulicava di artisti d’ogni nazionalità, di musicisti, poeti, scienziati) Nelle sue opere toscane coglie e rappresenta queste atmosfere E’sempre assistita e controllata, dal marito factotum, improvvisatosi agente della moglie prodigio, e lei lo utilizzerà come “cavalier servente”.
Si adegua alla vita di corte, crea, e spende capitali che non ha, si indebita,nonostante le sovvenzioni del Maringhi, la realizzazione di diverse opere per i principi medicei e per alcuni sofisticati collezionisti privati. Viene ammessa all’Accademia del Disegno (19 luglio 1616), organo di controllo e promozione delle arti toscane), arricchendosi di una nuova esperienza, ed ulteriore inedita vena caravaggesca.
Risalgono agli anni fiorentini, le due versioni della Giuditta che decapita Oloferne.
La pittrice sentiva di appartenere a un livello sociale più alto, vicino a quello del suo nobile amico e amante Francesco Maria. Aumentano i creditori, per sostenere un alto tenore di vita, tanto che negli stessi giorni riceve dai medesimi ufficiali medicei il sigillo alla casa, ed un’oncia e mezza di “azzurro oltremarino”, (cospicua quantità di puro lapislazzulo del valore di ben 50 scudi romani), destinato alle pitture per il Granduca Ercole 1 ,purtroppo oggi smarrito, e Giaele e Sisara.
I pettegolezzi sulla sua relazione adultera erano cresciuti. Per non rischiare oltre fugge con il marito da Firenze, prima verso Prato poi per Roma … «haver vergognia al tornare, rispetto al caso seguito del sequestro statogli fatto, et inoltre allega di potere mal vivere in Firenze» . Nonostante le pressioni economiche ha la capacità di cogliere i tempi giusti per allontanarsi dalla corte toscana verso Roma, principesca sede papale , in quei mesi Cosimo andava aggravandosi, la vita di corte e le arti, andavano gradualmente spegnendosi con lui.
«Io so risoluta de no venire più costì perché mi pare de no avere fortuna in questa città, io so’ disposta de andare sino a Bolonia e qui volio vedere se ci trovo melior fortuna, perché se venissi più lì, io non averei pace e no mi parrebe di potere andare per le strade”… “che già che la gente ha cominciato a dire, è melio che finiscono di dire.»
Il ritorno a Roma, ai primissimi di marzo 1620, segna la seconda tappa della sua eccezionale fortuna. Il 2 marzo del 1620, da Roma, Stiattesi annuncia al Maringhi: «Siamo per dio Grazia arrivati a Roma venerdì sera a ore 23 sani e salvi—.subito pigliammo casa da noi e stiamo dalla Chiesa Nuova in una bella casa e l’aviamo fatta mettere a ordine per adesso di quel pocolino che si è posuto».
Maringhi risponde agli appelli angosciati dell’amata, sorveglia la sua abitazione e i beni,segue i suoi due figli Cristofono e Prudenzia, a lui stati affidati per facilitare la fuga. A Roma li attendono due problemi antichi: le reazioni negative dell’irascibile Orazio, che non tarderanno a manifestarsi in tutta la loro violenza, e “non è vero che Agostino Tasso sia in galera, pure staremo a vedere quel che segue …”
Ancora presente a Roma, il Tassi, condannato, ma libero e al lavoro per clienti prestigiosi, costituiva una reale minaccia per Artemisia, ma ecco una provvidenziale imboscata tesa al Tassi, ferito da due archibugiate, così ben assestata da frenare non solo lui, ma anche padre e fratello. Chi il mandante?
Artemisia, dopo ben quattro gravidanze in sei anni, ambiva a condizioni di vita agiata, (com’è evidente dalla lista degli arredi e dei dipinti rimasti nella sua casa in piazza Frescobaldi) a Roma cercava una nuova libertà e inseguiva il successo, artistico ed economico, e lo raggiunse.
Per essere ben accolta le prime opere di questo periodo alludono allo stile bolognese, dei Carracci, di Lavinia Fontana, particolarmente gradito ai papi, alcuni dei quali di origine bolognese.
Dipinge alcune amanti-mito , quelle sensuali Lucrezie, Cleopatre e Danae nelle quali la perdutamente innamorata Artemisia si identificava, autocelebrandosi, e che diventano le migliori ambasciatrici della sua fama europea. Tanto che diviene richiestissima. Accoglie gli ordini di cardinali e principi per nuove e inedite storie delle sue eroine e riceve giovani nobildonne, appartenenti a famiglie dalle storie antiche, che le commissionavano i propri ritratti.
(A quel tempo, le sedute di posa di una donna con una pittrice erano certamente più facilmente accettabili che presso pittori, da parte della nobiltà romana.)
Per superare il successivo dolore, dovuto alla perdita del figlioletto, si dedica ad un’attività quasi forsennata. Artemisia ripeteva e variava frequentemente le proprie invenzioni utilizzando cartoni e spolveri, avvalendosi spesso di assistenti che le preparavano le tele e i colori , con immensa fatica, riusciva a riscattare la stima di sé inorgogliendosi.
All’apice della gloria può far fare anticamera ai nobili…e superare vincoli sociali e convenienze, tanto che nel 1623, a Roma, allontana definitivamente Pierantonio Stiattesi, per accogliere l’ uomo che ha sempre amato, e forse addirittura sposare in segreto.
Nel 1635, la vediamo a Napoli, a capo d’una popolosa bottega formata da giovani di eccezionale talento, meno le figlie che in pittura la deludono, detta lettere da toni sbalorditivi a Francesco I d’Este Duca di Modena (25 gennaio) e al Granduca Ferdinando II de’ Medici. A Napoli soggiornerà decenni, nonostante un periodo in Inghilterra del 1637-39, dove chiamata dal padre, e soprattutto dal Re, giunge in qualità di agente diplomatico dei Barberini. Tornerà a Napoli a concludere il percorso artistico. Muore nel 1654.
L’ evoluzione artistica e terapeutica di Artemisia emerge nelle sale della mostra. Emerge una personalità forte, talvolta dura, ma leale e appassionata, di profonda intelligenza e grande ambizione.
L’antefatto è reso dalla scenografia teatrale di Emma Dante: lettere di Artemisia sono sparse per tutta la prima stanza, disseminate ovunque, sospese sul soffitto e sparpagliate su un letto che fa memoria della violenza…ed insieme percorsi di vita e di dolori.
Procediamo dalla gioiosa partecipazione agli affreschi di Casa Buonarroti “l’Inclinazione” di (allegoria dell’inclinazione), di una delicatezza di gesti e forme arrotondate, sorrisi lieti, a scene teatralmente violente Giuditta e Oloferne …(tema ripreso in più versioni, negli anni). la prima è particolarmente truculenta: la spada , come fosse il pugnale che avrebbe voluto conficcare nel cuore del Tassi( così nella sua testimonianza). serve a scannare il reo con veemenza animalesca. In altra copia cambia il colore dell’abito di Giuditta , da nella versione blu – amaranto capodimonte ad intenso a giallo oro, ma il gesto resta traumatico. Suggerisco di osservare la diversa forza impressa nella meno sconvolta fantesca, energica ma più pacata. Anche nelle opere successive, con lo stesso tema, la parte più equilibrata è sempre trasmessa da e alla serva complice “accompagnatrice”. Come avevano già suggerito Botticelli, nella sua resa elegante e Caravaggio offrendo le fattezze anziane e rughe vere ad Abra.
Artemisia si compiace di poter ghermire col pennello il nemico, maschio, come le audaci e determinate protagoniste dell’Antico Testamento l’ uccidevano ad arma bianca,
Eppure, quando presenta Sisara e Giaele. ,( l’eroina conficca un chiodo nella testa del nemico addormentato), il risultato è più freddo, senza aggressività, rarefatto, incompiuto. Sono trascorsi gli anni fiorentini , conclusi con un’altra fuga! E l’opera resta in corso di elaborazione, forse ha perso il valore evocativo delle vicende personali . un dramma a due privo d’ambientazione. il gesto sospeso del martello brandito, a un passo dall’ omicidio , un congelamento del delitto.
L’artista torna dopo il 1620 al tema di Giuditta e Abra con la testa di Oloferne, ma in queste opere la testa è già spenta, raccolta nel cesto, le due donne si voltano a destra in un moto di sorpresa e di attesa. La mano impugna l’arma. Emerge l’elsa e poi il profilo greco di Giuditta. Nelle successive Giuditte, grazie a giochi di lumi e di ombre, scorci prospettici originali , la scena si fa più intima, il silenzio e i gesti sono misurati. L’artista ha elaborato il dolore ed ha superato il desiderio di vendetta?
Negli stessi periodi ha dipinto più copie di Maddalena…gradualmente meno penitenti, da santino religioso, ancora madonne tormentate dal dubbio, o nobildonne agitate in ansiosa attesa di conforto … ricco di pieghe sovrapposte di abiti in broccato d’oro, camiciola di seta bianca, con la manica delicatamente accartocciata su braccia rosate, visi addormentati col capo reclinato.
L’Ester fiorentina sembra finta tanto era teatralmente sussiegosa davanti ad un Assuero elegante e curatissimo nelle decorazioni di Blu artemisiano degli abiti, da nobile francese , viene sostituita da ritratti autocelebrativi di sante e divinità alle quali impone le proprie fattezze. La bellezza di Artemisia è confermata dal ritratto di Voulet : la pittrice è rappresentata trionfante, sicura di sé, fascinosa, con pennelli e tavolozza in mano, guarnita di orecchini di perle e collana poggiata sulla spalla sinistra.
Intrigante il suo Autoritratto allo specchio con l’effigie di un cavaliere. dipinto a Napoli? Trionfale la sontuosa”Santa Cecilia”, è lei che suona il liuto?
A Roma Artemisia ritrae donne della nobiltà, passando da tocchi enfatici a sottofondi ironici … Cleo, Protettrice della Storia, anticipa di secoli il ritratto frontale di Napoleone con l’alloro in testa, ma esprime una fragilità incredibile per un’artista che esprime spesso donne vigorose come Lucrezia: occasione di un ritratto della pittrice intenso, carico di drammaticità , e di sontuosa carnalità.
Altre figure storiche evocano le vicende personali ed il carattere fiero dell’autrice. Il tutto è stato eseguito con sorprendente ricchezza di materiali, fino ad azzurri lapislazzuli e preziose lacche. Ecco un ritratto di Gonfaloniere delineato con una cura del dettaglio preziosa, collocato scenograficamente su un pavimento di scorcio, per aumentare l’ incisività della posa
Le copie di Susanna ed i vecchioni sono diverse nel numero e nel contenuto, Interessantissimo confrontarle, dove l’ultima Susanna è più altera , non si lascia dominare dalla cupidigia maschile , mantiene una giusta distanza
Anche nelle Betsabee si coglie un’evoluzione … Da fredde oggetto di desiderio per occhi trasgressivi, allusivi, come dietro una serratura o ad una lente da binocolo, a Veneri che giocano la parte da prime donne, ricche di fascino e di seduzione.
A Napoli, nella piena maturità tutto si acquieta. Il finale di partita è reso nella fiera dominata da Miracolo di San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli.
Sempre tele napoletane per San Procolo e Nicea: le figure sembrano incorporee, sotto tuniche talari; mentre volume fisico e uso degli spazi consentono di mettere in primo piano la tenerezza e l’accoglienza delle fantesche ne La nascita di san Giovannino( dal Prado)”, due gruppi di persone sono posti lateralmente al bagno del piccolo , in ombra a sinistra o in alto a destra più in luce. Scenografia dinamica, frutto di quella Scuola di Pittura fondata da Artemisia, manager di se stessa. Ancora una volta le donne di servizio esprimono una sensibilità annunciata e visibile solo ne la Madonna che allatta il bambino con sensibilità autenticamente femminile. …
Gesù e la samaritana hanno una capacità di relazione reciproca e di ascolto che riconfermano un’Artemisia Pacificata. Era necessario raggiungere questo risultato per accedere alle commesse per altari, o è il frutto della sua evoluzione sentimentale?
Nella vendita delle opere afferma «io so’ romana e perciò voglio procedere sempre alla Romana» (Lettere di Artemisia 2011).
Ha imparato nel dolore a rispettare alcune regole, a glissare gli ostacoli, a cercare le protezioni giuste, a distaccarsi dalle stesse raggiunta l’autosufficienza, In tutto il percorso si adegua per prevalere. qualcuno la dice simile ad un camaleonte, a me pare più simile ad un felino.
Reagisce alla violenza elaborandola continuamente nella proiezione artistica, supera di volta in volta gli ostacoli con forza e femminilità, coraggio e sottile diplomazia femminile … coltivando e dosando entrambe: un felino. E come i felini ha sette vite.
Mi pare più che giustificato celebrarla come eroina delle donne che subiscono violenza: perché da lei si può imparare che reagire è possibile, è necessario combattere, valorizzando i propri talenti ed intrecciando alleanze per non precipitare verso il basso. Suggerisce di elaborare i lutti dandosi una prospettiva che va oltre il presente.
Viene spontaneo il confronto con Elisabetta Sirani… fragile, debole, sottomessa, tanto da diventare un po’ acida, con lo stile di vittima, muore giovanissima, forse avvelenata da una collega invidiosa, forse da una serva pettegola, forse da rivali, forse da un male, forse da se stessa la morte non le permette di mantenere la promessa di slancio vitale che le prime, notevoli opere avevano fatto sperare.
Dietro loro sempre due padri-padroni, artisti, vedovi, possessivi, gelosi della loro arte, invidiosi delle capacità delle figlie. Artemisia al suo si oppone, Elisabetta resta sottomessa! Artemisia nella corte ha imparato ad amare la vita, anche la bella vita, ma accetta con coraggio le durezze di quella reale, dall’esperienza matura , lentamente, prudenza e sapienza, Elisabetta all’opposto, si sacrifica Artemisia, nel lasciare Firenze, sognava la più libera e ricca Bologna, Elisabetta è sconfitta nella sua Bologna : a noi l’ardua sentenza.
Andate a vedere la mostra a Palazzo Reale: ha molto ancora da dirci.
Alla chiusura un flash: una nobildonna seduta, in un ricchissimo – ma leggermente démodé – abito di velluto nero ricamato d’oro, corpetto e maniche in tela ricamati, collana, orecchini di perle e diamanti, rimanda alle immagini tra il classico e l’austero, della dottoressa Anna Maria Cancellieri, già Commissario di Bologna, oggi Ministro degli Interni- Ritratto di dama con ventaglio, attribuita alla pittrice, è ritratto fermo e dettagliatissimo, sfumato nella definizione dei tratti somatici e degli incarnati, come sfumato, è il decolté di una gloriosa Giunone in taffetà bluette, posto nella parete di fronte. La posa riprende i modelli della ritrattistica romana del tempo, condivisi da Lavinia Fontana attiva nella papale Bologna.
Sono i ricorsi storici o l’arte si fa profetica? Speriamo che gli impegni consentano al neo Ministro degli Interni di andare a verificare di persona cosa può un’artista anche dopo essere stata ferita.
VEDI IL SITO http://www.mostrartemisia.it/
Intervista ad Artemisia da parte di EMMA DANTE:
Grande Maria Teresa, se prima desideravo vedere la mostra della “Artemisia”, ora spero di poterla andare a vedere. La Tua recensione la trovo stimolante, penetri l’animo dell’artista per quanto possibile, fino a farla riconoscere persona qualsiasi che assurge alla “gloria” che perdura nei secoli, e “in che tempi..”, e “donna”
Grazie!!!!