Georges de La Tour – Milano, Palazzo Marino Sala Alessi dal 26 novembre 2011 all’8 gennaio 2012
Ingresso libero
Dopo Artemisia, restando nello stesso periodo storico, e sempre a Milano, spostandoci di qualche centinaio di metri, con un binocolo mentale puntato al Louvre ed un secondo verso la Lorena, scopriamo un artista che pur ispirandosi a temi e stili di Caravaggio realizza sintesi originali opposte alla Gentileschi.
Non lascia autoritratti o ritratti, solo alcuni quadri firmati. Un carattere diventato arrogante, dopo che un matrimonio alto borghese ed i primi successi gli avevano riconosciuto uno status elevato, cultore della borghesia, ed al tempo stesso capace di rappresentare figure del popolo con altrettanta meticolosità. All’improvviso rivela una dolcezza spirituale originalissima, al quieto riverbero di un lume dipinge natività, maddalene, paternità E’ possibile ammirarlo sempre a Milano a due passi dal Palazzo Reale, a Palazzo Marino
Offerte alla città, ed a noi tutti curiosi, che dopo il Caravaggio andiamo a ricercare tracce dell’arte seicentesca più viva, è consentito gustare”L’adorazione dei pastori “e “San Giuseppe falegname”, prove convincenti. Dell’arte, morbida, pacificata quasi di porcellana di Georges de La Tour.
“Venite adoremus” si diffonde nello spazio
L’adorazione dei pastori
San Giuseppe falegname
La figura di Georges de La Tour è ancora oggi avvolta nel mistero. Si conosce ben poco delle sue vicende private, professionali, della sua formazione come artista di successo. Di lui ci è giunto l’atto di nascita (14 marzo 1593), che lo colloca a Vic-sur-Seille in Lorena (nella Francia orientale), e quello di morte (Lunéville, 30 gennaio 1652). I pochissimi altri documenti conosciuti risultano rilevanti per comprendere la personalità dell’artista. partecipa a cerimonie in qualità di padrino di battesimo o testimone di nozze, realizza compravendite o atti di donazione. Conosciamo il suo matrimonio con Diane Le Nerf , donna di alto rango, al quale alcune personalità di rilievo furono testimoni degli sposi, che lo rese autosufficiente e libero di dedicarsi all’arte.
Figlio di una famiglia modesta (suo padre era un semplice fornaio) dopo le nozze si trasferisce presso la ricca famiglia della moglie a Lunéville, dove trascorrerà gran parte della sua esistenza. Qui vivrà da signorotto dell’alta borghesia al servizio di Enrico II, duca di Lorena, nel momento in cui la regione entra sotto l’influenza del regno di Francia, Da ciò la rapida ascesa di La Tour che chiede di essere inserito come pittore alla corte di Luigi XIII nella residenza di Nancy, ed evitare così il pagamento delle tasse. Ebbe diversi figli, molti morti in tenera età e che solo Etienne, raggiunto l’età adulta, seguirà la strada del padre. in bottega, Alla morte del padre interruppe gli impegni in pittura per dedicarsi ad una serie impegni in diverse cariche pubbliche di competenza.
Il fatto che G. de la Tour andasse spesso a caccia ci indica i la sua appartenenza ad una classe sociale altolocata, grazie proprio al matrimonio. Un uomo, dunque, con un peso sociale rilevante. Ricchezza e potere che fanno supporre potesse consentire toni arroganti, sicurezza di sé e rissoso.
L’unico documento dal quale possiamo cogliere uno spunto per capire la personalità di questo pittore lorenese è una denuncia che viene fatta contro di lui, nella quale si afferma che “il signor La Tour si comporta da prepotente, devastando con la sua muta di cani da caccia (levrieri e spaniel) le coltivazioni delle campagne”. In un’altra occasione arriva perfino a malmenare con un bastone un contadino entrato nella sua proprietà.
I critici che l’hanno voluto accostare a Caravaggio, per il modo di dipingere, individuano in questi comportamenti una serie di affinità con il pittore lombardo. Si può in realtà ritenere che l’eco dirompente del caravaggismo giungesse molto presto in Francia ( con la pala de la “Annunciazione di Nancy”. Il duca di Lorena è infatti anche il committente della famosa “Annunciazione “di Nancy del Merisi) . La Tour potrebbe in effetti aver visto di persona il dipinto e potrebbe averne tratto ispirazione. Certo che La Tour seppe coglierne spunti importanti, pur restando, dal punto di vista stilistico, sempre fortemente legato anche alla pittura nordica e fiamminga.
Il primo periodo della sua pittura è dedicato alla rappresentazione dell’umanità che lo circondava, con sapienti tocchi realistici e cura di particolari interpretativi intensi. Sia celebrando nobiltà e borghesia, sia riprendendo figure popolane. Tanto nel primo che nel secondo ciclo artistico, la sua arte è caratterizzata da forte originalità.
Si sa molto poco anche dei committenti di Georges La Tour. Non è certo però se il pittore lorenese abbia mai fatto il famoso “viaggio in Italia” che alcuni critici e studiosi hanno voluto attribuirgli. Dell’ipotetico viaggio infatti non esiste alcuna traccia documen-taria o testimonianza diretta. Ma se La Tour non si è mosso dalla Francia ed ha elaborato nel suo ambiente culturale, uno stile del tutto personale, ha intrecciato l’ eco dell’arte che aveva attraver-sato l’Europa con la grande tradizione della pittura fiamminga, Affascinato da tematiche spirituali, nel secondo periodo della sua vita, quando dipinse opere con temi sacri, svolte sotto luce di fiammelle, di candele, raggiungendo traguardi eccelsi
La sorprendente vita di Georges de La Tour, scorre nella storia della Lorena della prima metà del diciassettesimo secolo,quindi, durante i drammatici eventi storici che sconvolsero l’Europa di quegli anni, dalla guerra dei trent’anni, alle conseguenti carestie e distruzioni, con successivi incendi (Con la distruzione di molta parte delle sue opere, della sua come di altre case,) alla peste, Nell’inverno del 1652 una epidemia di pleurite porterà alla morte sia Georges de La Tour che la moglie e il giovane servitore. L’attività di pittore venne proseguita dal figlio Etienne che fu anch’egli “Pittore ordinario del Re”.
Dopo la morte di Etienne, l’ opera di La Tour cadde nel più completo oblio.
Bisognerà attendere quasi tre secoli prima che gli storici dell’arte riscoprano la sua figura, A partire dal 1915, lo studioso tedesco Hermann Voss iniziò la lenta ricostruzione dell’immagine artistica del pittore lorenese, al centro di importanti studi per identificarne l’opera, la carriera, la vita. Oggi, Georges de La Tour è uno dei pittori francesi più celebri e amati dal pubblico, benché i suoi dipinti siano entrati a far parte delle collezioni del Louvre solo nel corso del Novecento.
La potenza del linguaggio di La Tour, soprattutto nel secondo ciclo della sua vita, si sprigiona da un attento studio della luce e delle ombre: una caratteristica che lo ha accreditato come un continuatore del Caravaggio ma che conferma doti e originalità.
Guardando in silenzio assorbiamo l’empatia che suscita la visione delle opere di La Tour dal vivo L’adorazione dei pastori e San Giuseppe falegname. In entrambe le opere a rischiarare la scena è proprio la luce di una candela: una luce fisica e spirituale, che illumina il mistero della vita nascente e il rapporto d’amore tra un padre e un figlio. In entrambi i casi una luce di speranza, per noi oggi, un inno allo stupore per bellezza di ciascuna vita umana in ogni tempo. Parlano a tutti e sono un invito, anche in queste giornate , a scommettere sulla dimensione di ciò che va’oltre il quotidiano, a valori e dimensioni spirituali, con scintille che in ogni momento possono irrompere anche nella nostra vita.
È un’occasione per conoscere, imparare e scoprire, un po’ alla volta, le infinite possibilità creative che la genialità dell’uomo ci regala, tanto più se ispirato. E nel giorno dell’Immacolata non è improvvido valorizzare la figura di un padre “di nome Giuseppe”. In alcuni momenti la cultura ecclesiale contemporanea sembra volerlo depennare dalla vicenda umana di Cristo. L’arte ancora una volta ci risveglia!
In entrambi i dipinti, lo straordinario virtuosismo di Georges de La Tour nell’uso della luce e dei contrasti chiaroscurali, conferisce un’atmosfera intima, in cui risaltano le espressioni dolcissime delle figure, sia nell’Adorazione che in San Giuseppe. Non è la fiamma della candela ad attirare la nostra attenzione, ma la luce che essa proietta sui volti che la circondano: i sorprendenti contrasti luce ed ombra, donano ai due capolavori la loro forza emotiva e simbolica.
Sembra giusto ricordare che la mostra inaugura una nuova serie di eventi espositivi organizzati congiuntamente dall’Eni e dal Louvre, permette di ammirare in Italia alcuni tra i più grandi capolavori della pittura europea conservati nel museo parigino.
Il tema dell’adorazione dei pastori in versione notturna si diffonde partendo dall’Italia nei primi del Cinquecento, con la celebre Adorazione dei pastori del Correggio, conservata a Dresda e soprannominata La Notte. Ma, nella magica atmosfera che si respira nei dipinti di Georges de La Tour, nell’intimo e raccolto sentire domestico della scena, la tradizione stilistica franco-fiamminga gioca un ruolo assai importante. Anche nel forse più conosciuto dipinto del San Giuseppe falegname.
Il calore della luce diffusa dalla candela sorretta da Gesù ragazzino, che amorevolmente osserva il volto del padre putativo al lavoro, immerge nell’atmosfera notturna un tema caro alla tradizione della pittura nordica del tempo. Nell’immagine, il commovente rapporto padre-figlio fornisce anche uno spunto per alcune osservazioni devozionali verso il Santo, il Bambino e la Croce richiamata dal legno su cui Giuseppe è chinato. L’opera rappresenta un’alta l’espressione del corpus dei dipinti a “lume di candela” eseguiti da La Tour; la luce celata all’occhio dell’osservatore dalla trasparente mano del Bambino, si diffonde sul suo giovane volto, che si trasforma nella vera fonte luminosa della scena familiare, e la proietta verso il trascendente.
Di grande poesia, eppure con tratti quasi metafisici, il truciolo arricciato, il viso esaltato dalla luce della candela. . La luce emanata dal volto del bambino, simbolo dell’incarnazione divina, rischiara la fronte corrugata di Giuseppe sulla quale è impressa l’angoscia per il destino del figlio. La vena naturalistica, e Giuseppe è vero in ogni dettaglio incontra la magia del divino. Il soggetto rivela una sensibilità cromatica fiamminga e una spiritualità francescana, fuse magistralmente con uno dei temi amati dalla pittura caravaggesca e il giustapporsi della figura dell’anziano a quella del giovane. Così, se nell’immagine di Giuseppe il pittore sembra voler incarnare l’accettazione del destino da parte degli uomini e la capacità di svolgere il nostro compito umilmente, lasciandoci guidare dalla luce di Cristo, nel fanciullo risplende la purezza dei piccoli, espressioni della trascendenza divina. Ma nel viso traslucido la mano si ferma, non in grado di andare oltre, incapace di ritoccarla, lasciandola luce Incompiuta perché intraducibile con ombre terrene? Nell’insieme si coglie una pacatezza spirituale opposta ai devastamenti tumultuosi della guerra e della pestilenza (che La Tour dovette pur conoscere) , volto affaticato fino alle lacrime dell’artigiano, umile mediatore tra uomo e Dio. Segno della sofferenza del lavoro e della vita.
Questa splendida tela è datata alla metà degli anni 40 del Seicento.
L’Adorazione dei pastori, 1644 (?)olio su tela, 107 x 137 cm.
L’Adorazione dei pastori di Georges de La Tour fu probabilmente commissionata dai cittadini di Lunéville nel 1644 come tributo al nuovo governatore, il Marchese de la Ferté.
Nei personaggi in essa raffigurati si possono forse riconoscere i ritratti di borghesi della città o di modelli consueti e familiari al pittore, il quadro, infatti, risponde a un modulo di rappresentazione proprio del ritratto di gruppo. Era in uso allestire Sacre Rappresenta-zioni alle quali, come ancora oggi nel presepe vivente, prendevano parte diversi attori-cittadini. Da sinistra a destra si riconoscono: Maria Vergine, sicuramente un pastore (come s’intuisce dalla presenza della pecora alla sua destra) che avverte la solennità dell’occasione, pur posto in ombra, in secondo-terzo piano, un pifferaio che si sta per togliere il cappello in segno di rispetto, Al centro sulla destra, una donna con il turbante accudisce la Vergine che ha appena partorito, portando, forse, una ciotola di minestra o di latte per la puerpera e, infine, all’estrema destra, San Giuseppe che fa da contraltare alla figura della Vergine e tiene in mano una candela, e scherma la luce, evitando che questa si diffonda troppo e distolga l’attenzione dello spettatore dal neonato, al centro della scena. illumina l’angolo famigliare, La luce naturalistica, va verso il piccolo, in fasce, che la rinvia, intorno a sé, con un bagliore divino.
Straordinaria e severa è la figura della Vergine con un monumentale manto rosso, quasi assorta in un’intima e contenuta meditazione, rimanda alla severità della pala di Piero della Francesca. E’ l’unica a non guardare verso il Bambino, lasciando agli altri la contemplazione, “serbando tutte le cose nel suo cuore”, come dice il Vangelo (LC 2,19).
Tonalità calde e severe che tornano in diversi quadri di La Tour. La ricerca cromatica è sempre abbastanza limitata. Non ci sono colori freddi. La luminosità nella scena sembra filtrare attraverso la magnifica fasciatura del Nuovo Nato mentre la luce che si riverbera sui rossi e sugli aranci li esalta quasi a renderli braci. La fasciatura del neonato è totale, in voga nelle esigenze della puericultura del seicento francese.
Nella scena l’epifania del Salvatore ha un effetto di calma sospesa anche sul mondo animale, l’agnello ha funzione simbolica ? rimanda all’Agnus Dei? Tutto avviene in una atmosfera quasi irreale, anticipatrice dell’arte astratta. Le figure sembrano comparire all’improvviso davanti al bambino addormentato, come una corona intorno ad una immagine preziosa.
In entrambi i dipinti, lo straordinario virtuosismo di Georges de La Tour nell’uso della luce e dei contrasti chiaroscurali raggiunge un vertice ineffabile, conferiscono un’atmosfera intima, in cui risaltano le espressioni dolcissime delle figure nell’Adorazione e del Cristo nel San Giuseppe. In entrambi, non è la fiamma della candela ad attirare la nostra attenzione, ma la luce che essa proietta sui volti che la circondano: i sorprendenti contrasti luce e ombra, donano alle due opere la loro forza emotiva e simbolica.
Il pubblico può ammirare questi due dipinti di eccezionale interesse, in un allestimento a loro dedicato, razionale nella distribuzione degli spazi e ricercato nella scelta dei materiali.
Progettato da Elisabetta Greci con una serie di spunti concettuali ed estetici che rimandano a gran parte dell’iconografia classica sulla Natività, all’architettura nordica familiare al Maestro, alla semplicità e “all’umile naturalità” consona a entrambi i soggetti dei due capolavori. Una “architettura” scultorea, lineare ma suggestiva per dimensioni ed effetti attraverso l’impiego di materiali naturali e tradizionali. L’ambiente dell’esposizione è composto da una grande parete a onda, intonacata con calce ed argilla e da una pavimentazione in legno vecchio – un organismo “sospeso” all’interno della Sala Alessi – costituito da superfici concettualmente “povere”, che consentono di arricchire l’atmosfera del luogo con giochi di luce. La visione e la percezione delle opere, collocate all’interno di apposite teche, che ne permettono la fruizione ravvicinata, è supportata da diversi video e favorita dalla presenza in sala, di guide specializzate che seguono, come di consueto, i visitatori, rispondendo alle domande e alle curiosità in modo personale, dopo aver illustrato il contesto culturale delle opere stesse.
All’interno della sala video, il pubblico può cogliere l’opportunità di approfondire alcuni aspetti della misteriosa storia del grande pittore lorenese.
La mostra inaugura una nuova serie di eventi espositivi organizzati congiuntamente dall’Eni e dal Louvre. Una particolare attenzione va, in questa edizione, alle scuole a cui Eni dedica un progetto di laboratori didattici e la preparazione di diversi learning objects e materiali di vari formati (video, testi, immagini) utili agli insegnanti per lezioni da tenersi in classe e utilizzabili attraverso il sito www.eniscuola.net. Inoltre si terranno, sempre ad ingresso libero, alcuni incontri nella nuova sala conferenze di Palazzo Marino, affrontando il tema del rapporto padre-figlio, argomento fortemente stimolato dalla suggestione suscitata allo sguardo tra san Giuseppe e Gesù bambino, nel quadro esposto in mostra.
Per i video della mostra e la didattica
www.cultura.eni.com
www.comune.milano.it