Intervista uscita su L’Espresso il 15 giugno 2012 http://espresso.repubblica.it/
“Non condivido proprio i provvedimenti di Profumo basati sul merito. Così si accentua la differenza di classe e non l’uguaglianza. E’ facile essere più bravi quando si nasce in una famiglia di professori”. L’attacco della scienziata al ministro dell’Istruzione.
“La scuola non è un’impresa, deve formare le persone, renderle indipendenti, abituarle a lavorare con la propria testa”. Margherita Hack novant’anni di libertà, una delle menti più brillanti del nostro Paese, tuona contro i provvedimenti di riforma della scuola del Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Per la professoressa Hack, a cui è stato conferito il titolo di Cavaliere di Gran Croce, “il merito come risultato accentua la differenza di classe”, crea “una scuola d’élite”. La scuola dovrebbe invece “portare tutti allo stesso livello e tener conto delle differenze, delle condizioni di partenza” perché “è naturale che un ragazzo che nasce in una famiglia di operai si trovi più a disagio di uno che nasce in una famiglia di professori”.
Studente dell’anno, olimpiadi di matematica e filosofia, carta del merito, fondi alle scuole più meritevoli. A suo avviso i provvedimenti presentati dal Ministro Profumo privilegiano l’élite dell’eccellenza sulla ‘scuola di tutti’?
Mi pare privilegino una scuola d’élite e non li condivido. La scuola dovrebbe privilegiare e promuovere quelli che vengono dalle classi più povere, perché è naturale che un ragazzo che nasce in una famiglia di operai, dove vede pochi libri, si trovi più a disagio di uno che nasce in una famiglia di professori. Dovremmo invece creare scuole a tempo pieno in cui si dedica molto tempo proprio ai giovani che vengono dalle classi più disagiate. Premiare il merito è giusto, certo, però bisogna tener conto delle condizioni di partenza.
La scuola di Profumo guarda al risultato, come in un’impresa?
Appunto. E’ facile essere più bravi quando si nasce in una famiglia di professori, bisogna invece cercare di portare tutti gli studenti allo stesso livello, cercare di aiutare quelli che hanno maggiori difficoltà. La scuola non è un’impresa, deve formare delle persone, non è solo il luogo dove imparare più o meno bene certi concetti.
Per lei cos’è il merito nella scuola?
Il merito non si può valutare solo in base al rendimento, ma occorre valutarlo tenendo conto dal punto di partenza, dall’impegno di una persona nel superare le difficoltà. E le difficoltà sono diverse a seconda dell’ambiente in cui uno è nato. Merito vuol dire impegno, costanza, forza di affrontare le difficoltà. Quando si fa in una corsa in cui per esempio gareggiano uomini e donne si dà un certo vantaggio alle donne perché più deboli fisicamente, anche nella scuola bisognerebbe dare più attenzione a chi non parte con le stesse possibilità.
Merito ed eguaglianza non possono essere quindi sinonimi?
Provvedimenti che accentuano solo il risultato accentuano la differenza di classe e invece la scuola deve cercare di portare tutti a una buona preparazione e soprattutto abituare a lavorare con la propria testa. Essere indipendenti a ragionare, non solo a imparare dei concetti. Saper discutere, valutare cosa si studia, se è più o meno utile, essere anche critici.
L’Unione Europea ha chiesto all’Italia di migliorare anche il problema della dispersione scolastica, che insieme alla competenze degli studenti italiani, è sotto alla media OCSE. Se lei fosse di nuovo Ministro in quali percentuali distribuirebbe la spesa?
Darei sicuramente molta più importanza al problema dell’abbandono, a seguire chi ha più difficoltà. Quelli bravi vanno avanti comunque. Molti ragazzi, anche qui nel Nord Est e non solo al Sud, preferiscono andare a lavorare, guadagnare subito qualcosa, invece che studiare. E’ un fenomeno comune. Le borse di studio dovrebbero essere aumentate e ci si dovrebbe impegnare a far capire che a breve scadenza uno guadagna subito, ma a lunga scadenza una cultura dà molte più possibilità nella vita.
Pare che il Ministro Profumo alla fine interverrà per decreto solo sulla parte dell’Università, in particolare con norme per far ripartire i concorsi e bandire l’abilitazione nazionale. Sono questi i provvedimenti necessari o servirebbe altro?
Servono i fondi per la ricerca e certamente occorre riaprire i concorsi per i ricercatori. Perché noi spendiamo per formarli e poi li spingiamo ad emigrare, con una grande perdita per il Paese. E’ fondamentale dare certezze a chi ha buone capacità, garantire un inserimento nel giro di qualche anno e non, come accade oggi, lasciarli senza alcuna prospettiva. Un dottore di ricerca deve sapere di avere la possibilità di fare il suo lavoro in tempi ragionevoli. Inoltre bisognerebbe mettere fine al malcostume dei parenti inseriti senza capacità e credo che gli studenti dovrebbero essere seguiti di più. Penso ad esempio che sia assurdo che uno possa fare lo stesso esame cinquanta volte.