COMMA 22 ristampa i libri di Peter Bichsel:
“Il lettore, il narrare”
e “Quando sapevamo aspettare”
L’attesa è un tema centrale negli elzeviri di Peter Bichsel, piccole storie da un minuto o poco più, molte volte scritte in treno, luogo ideale, come dice lo stesso Bichsel, per la concentrazione nella distrazione. Ogni racconto traccia un arco di attesa, tra una settimana e la successiva (la scadenza del periodico sul quale gli elzeviri vengono pubblicati) tra un’epoca della vita e l’altra, tra le persone che se ne sono andate e l’autore che ancora rimane, testimone di un mondo che nel presente quasi non lo riguarda ma col quale continua accanitamente a voler fare i conti. Queste 38 storie, scritte tra il 2005 e il 2007, scandiscono dunque il passaggio del tempo il ritmo delle stagioni, degli anni; con un tono sommesso e tenace raccontano soprattutto un luogo, al Soletta di Bichsel, e quella Svizzera così aggrappata a se stessa, e che pure è costretta a cambiare. Peter Bichsel (Lucerna, 1935). Dopo il diploma magistrale, Peter Bichsel ha lavorato come maestro di scuola elementare fino al 1968. Il suo esordio nella prosa risale al 1960, ma la fama arriva solo nel 1964 con la raccolta di racconti In fondo alla signora Blum sarebbe piaciuto conoscere il lattaio. Nel 1965 ottiene il premio del Gruppo 47, il circolo letterario tedesco più importante dell’epoca. Il corpus principale della sua opera successiva è costituito dalla rubrica Kolumnen, elzeviri, che dal 1968 a oggi Bichsel scrive regolarmente per il settimanale “Schweizer Illustrierte” e che la casa editrice Suhrkamp periodicamente raccoglie e pubblica. Peter Bichsel è membro dell’Accademia di Belle arti di Berlino e socio corrispondente dell’Accademia tedesca di lingua e poesia di Darmstadt. Una intensa amicizia lo unì allo scrittore Max Frisch fino alla morte di quest’ultimo nel 1991.
Da www.paolonori.it , 28 agosto 2012
“Quel che René Magritte ha scritto sotto il disegno realistico di una pipa: “Ceci n’est pas une pipe”: “Questa non è una pipa”, uno scrittore dovrebbe scriverlo sotto ognuna delle sue parole. Quando per esempio mette su carta la parola “albero”, dovrebbe subito aggiungere: “Questo non è un albero”, perché la parola “albero” su un foglio di carta bianco non assomiglia per niente a un albero. Sto pensando anche alle lettere tutte sghembe di un bambino di prima elementare, che prova da solo a riscrivere quello che ha imparato e d’improvviso si trova di fronte la parola “albero”. In questo modo ha preso possesso dell’albero più che se lo avesse disegnato, perché grazie alla parola lo ha sottratto completamente al sistema “albero” e lo ha integrato nel sistema lingua. Se si limita a disegnarlo, l’albero, non è un albero nemmeno quello, ma a lui risulterà meno evidente.
Gli psicologi sostengono che una persona completamente muta non sarà in grado di disegnare. Solo la lingua, il sistema-lingua, è in grado di distinguere “tipico” e “atipico”. Il che però significa: chi non conosce la parola “albero” non è in grado di riconoscere nell’albero la tipologia dell’albero. La parola “albero” è un’affermazione importante a proposito di quelli che definiamo “alberi”.”
[Peter Bichsel, Il lettore, il narrare, traduzione e cura di Anna Ruchat, Bologna, comma 22 2012, pp. 7-8]
Bechsel e Sebaste alla libreria Moline, il 9 settembre 2012