GRANDE RETROSPETTIVA A PALAZZO REALE
“Giovanni Segantini”, in programma fino al 18 gennaio 2015, con 120 opere per la rassegna più completa mai realizzata in Italia.
La mostra di Milano a Palazzo Reale gli rende compiuto omaggio; “nei vent’anni di attività ha espresso tutte le angosce e i fermenti della sua epoca in un linguaggio originale, teso tra innovazione e tradizione, esprime una forza senza ulteriori esempi” (Quinsac) Invia forti rimandi alla nostra epoca, quella dei disastri ambientali e dei dolori famigliari e sociali, inserendosi nella storia dell’arte e nella storia culturale e politica del nostro paese.
Milano è centrale nella sua breve e intensa vicenda. Nato ad Arco di Trento nel 1858, allora sotto il dominio dell’Impero Asburgico, muore quarantunenne nel 1899 in Engadina. Ritenne sempre sua patria l’Italia, anche se, persa la cittadinanza austriaca, non riuscirà per questioni burocratiche ad ottenere cittadinanza e passaporto italiano. Il mancato servizio di leva per l’Austria lo perseguiterà per anni, in una situazione quasi da “apolide”, non gli verrà permessa una libera circolazione all’estero, in viaggi tanto opportuni alla formazione di ogni artista.
A Milano arriva nel 1865 a sette anni e se ne andrà nel 1881 per trasferirsi prima in Brianza e poi in Svizzera, a Savognino e poi in Engadina. In ragione delle gravi difficoltà famigliari, per due anni sarà chiuso al riformatorio Marchiondi, sino all’apprendistato di bottega e, finalmente, a Brera, a educare l’innato talento. Da qui “una sorta d’ininterrotto rapporto di amore-odio, e a una sottile volontà di rivalsa”leggibile anche nel cambiamento del cognome da Segatini in Segantini, all’ultimo anno di Accademia. Un modo significativo per voltare pagina!
Nel capoluogo lombardo inizia la sua carriera artistica, raggiunge i primi riconoscimenti internazionali. Milano, finestra sul mondo dell’arte, che scavalca per raggiungere intensi legami con la Natura, dopo aver ottenuto il sostegno della borghesia illuminata lombarda: il banchiere Alberto Casiraghi e gli industriali Ernesto De Angeli e Carlo Dell’Acqua, grazie alla galleria Grubicy dove espone . Vittore prima e Alberto poi, gli fanno conoscere, attraverso pubblicazioni e riproduzioni, l’ arte contemporanea europea: da Millet, alla Scuola di Barbizon sino alla scuola olandese . A Milano assimila dapprima la Scapigliatura, poi il Divisionismo, sino al Simbolismo che rielaborerà in modo visionario.. In uesto periodo ha già raggiunto le amate montagne…. “subissato dalla romantica leggenda di una vita solitaria ed eccentrica, trasmessa alla storia in pittoresche ricostruzioni,anche sapientemente alimentate dal diretto interessato.” “Non vive, però, da eremita, ma in grandi alberghi, i cui frequentatori d’élite cosmopolita contribuiscono alla sua notorietà internazionale e gli procurano incontri stimolanti”(Quiensac). Fino ad essere definito “l’orso del Palace”, dal primo trasferimento, adotta uno stile di vita alto borghese, con villa e servitori in livrea… Il desiderio del lusso come rivincita sulla povertà, in sintonia con clima decadente di D’Annunzio. Che alla sua morte gli dedicherà un’ode potente.
All’auspicata risonanza della mostra a tutti livelli raccolgo la sfida e propongo: potrebbe essere consentito agli attuali ospiti dei carceri minorili Beccaria (Milano) e del Pratello (Bologna), di visitare l’esposizione, dopo un’adeguata introduzione sulla sua personalità che diventa quella di uno straordinario artista dopo essere stato quella di mendicante?
Invito i burocrati, (allora pietre d’inciampo al suo passaporto) oggi restii ad aprirsi alla realtà vitale che li circonda, ad andare a visitarla.
Nel frattempo entriamo noi, nelle otto sezioni della mostra, ciascuna delle quali dedicata a un aspetto dell’arte di Segantini con i relativi capolavori.
Nella sezione introduttiva documenti, fotografie, lettere, libri, il busto di Segantini eseguito da Paolo Troubetzkoy e quello giovanile di Emilio Quadrelli, il ritratto di Segantini sul letto di morte, acquarello di Giovanni Giacometti, suo amico fraterno e padre del celebre scultore Alberto: da vate autorevole al quale si dedica un monumento, all’addio doloroso e dolente.
Una sezione preliminare con autoritratti di Segantini, permette di percepire l’evoluzione dell’artista, dall’immagine scanzonata dell’Autoritratto all’età di vent’anni (1879-1880), alla progressiva trasformazione simbolista in icona-russa come fosse un volto allucinato, quasi wagneriano, fino all’eroe risorgimentale nel carboncino su tela del 1895. .
Ne Gli esordi (I sezione) Milano è centrale: Il coro di Sant’Antonio (1879) in cui la luce precipita da una finestra altissima verso il diacono, la figura sembra resa dal basso, quasi fuori luogo, in un abiente smisurato. Fanno più tenerezza gli scorci cittadini del Naviglio sotto la neve (1879-1880), Nevicata sul Naviglio (1880 circa), Il Naviglio a Ponte San Marco (1880), malinconica poetica urbana, che evita la trasformazione industriale della città.
In Ritratto di donna in Via San Marco (1880), presenta una ragazza sbarazzina e seducente, poi nel Ciociaro come arrogante scugnizzo, Ironico nel dittico I pittori di una volta, I pittori di oggi, ove sembra ispirarsi a Fortuny: emerge un out sider curioso, con una cultura spezzettata , ispirata a tre paesi, Italia, Austria e Svizzera.
La II sezione della mostra Il ritratto. Dallo specchio al simbolo, presenta una selezione di magnifici dipinti, il Ritratto della Signora Torelli (1885-1886) all’aperto con l’ommbrellino, il cappello e la sciarpa di seta annodata a schiarire l’abito nero, vi raffigura la moglie del fondatore del “Corriere della Sera”, Eugenio Torelli Viollier, scrittrice femminista affermata, nota come marchesa Colombi. Coloratissima Barbara Huffiet nel costume grigionese, fissata nell’attimo in cui si abbevera ad una fonte, con calcolata spontaneità. Poi visi di ragazze sorridenti, di donne severe, fino al i Ritratto di Carlo Rotta (1897),col capo appoggiato sulla mano stanco, affaticato.Sullo sfondo una Milano minacciosa sotto una coltre di neve, in una cupa sera d’inverno. E poi pretesto per una meditazione sulla malattia e la morte, Petalo di rosa (1890), il volto sofferente, stralunato, della compagna, con tocchi di sensualità e di tremori febbrili: punto d’arrivo della sua evoluzione simbolista nel ritratto.
La III sezione Il vero ripensato: la natura morta presenta, con eccellente maestria, pannelli decorativi, con frutta e fiori. Un tocco realista in Funghi (1886), Pesci (1886), Anatra appesa (1886) con richiami fiamminghi come nelle deliziose azalee, nelle ceste frutta, con splendidi grappoli d’uva: la gioia del colore, dice a se tesso per raggiungere noi.
Nella IV sezione Natura e vita dei campi sono esposti i capolavori sulla vita agreste caratterizzati dalla presenza di gruppi femminili, come La raccolta dei bozzoli (1882-1883), dove filtrano pochi raggi di luce che danno solarità ai preziosi bozzoli. Dopo il temporale, che rugge ancora fra nuvoloni neri, si intrufola il sereno , la pastora si rimette in cammino con il suo gregge. Eccoli nel colorato Ritorno all’ovile (1888).
Intrigante lo scorcio ripreso a matita reso anche ad olio sul balcone. Vorrei invitarvi a osservare con interesse La raccolta delle patate (1886), La raccolta delle zucche (1884 circa) per confrontarle ai raccoglitori di Van Gogh. Qui partecipano a una danza, là sono costretti alla fatica. Nella sala domina un primo paesaggio monumentale Alla stanga: prime donne le mucche. Le stesse colte all’Abbeveratoio, Allo sciogliersi delle nevi , Vacca con sfondo della catena del Maloja. Rasserenanti i carboncini dedicati a L’ultima fatica del giorno (1884) sia nella versione a olio che in quella a pastello che nell’ultima del 1891 a carboncino, al pastore addormentato. Molto interessanti le sottosezione dedicate al disegno dal dipinto, testimonianno il continuo rifacimento di Segantini dei propri lavori, per arrivare a soluzioni diverse e mirabili, nella loro altissima qualità stilistica.
Il lavoratore della terra, la fede, in carboncino, sembrano confrontare anche questo Segantini a Van Gogh. I temi sono simili, ma trattati in modo molto diverso. Segantini arriva al simbolismo , rappresenta una natura incentrata sul paesaggio, contadini o pastori sono elementi per celebrare la Natura, il tratto ondeggia dai campi alle splendide montagne. L’artista non vive né come i contadini, né con i contadini. Per Van gogh l’attenzione di uomo e di artista, è intensamente rivolta a chi soffre nel lavorare la terra, lo riprende mentre condivide la sua vita di stenti… (concetti ribaditi nelle lettere a Teo).
Anche Segantini è impegnato a raffigurare la religiosità degli umili, V sezione, Natura e simbolo. In Effetto di luna un chiarore intenso vibra come una cometa sul pastore , in Ave Maria a trasbordo,(II versione 1886) Splendida!Giallo, rosa, celeste trascolorano, mentre la barca è cullata sull’acqua quieta del lago, pastori e pecore sembrano pregare insieme.In mostra l’Opera è accompagnata davari disegni precedenti e successivi. In queste tele si evidenzia un filtro fra il reale dolente e la resa pittorica, una sorta di distacco di Segantini dal primo socialismo umanitario, dalla pittura di impegno civile. Trasfigura la realtà. Ritorno dal bosco nell’immensa distesa di neve un’anziana avanza lentamente trainando un tronco sulla slitta. La figura ripresa di spalle può intravvedere i tetti del villaggio e la guglia del campanile. Avanza come recitasse una preghiera. Opere “dove Segantini già tocca, in embrione – afferma Quinsac – le tematiche chiave cardine del suo simbolismo: solitudine al cospetto della natura, armonia tra natura e destino, calore e tenerezza delle greggi, implicito parallelo tra maternità umana e animale”. Tornano anche in questa sezione importanti disegni tratti da dipinti come La raccolta del fieno (1889-1890), All’arcolaio (1892), Ave Maria sui monti (1890). Anche questi disegni dialogano con quelli di Vincent: delicati i tratti di Segantini, potenti quelli di Van Gogh. Persino quando celebrano l’ora mesta.
Siamo al suo trasferimento in Svizzera ( 1886): momento nel quale, Segantini approda al suo personale divisionismo, spezza la materia in lunghi filamenti di colore per celebrare come protagoniste delle sue opere le Alpi, prese sempre di scorcio. Dopo il 1890 la natura dominerà sempre di più la scena in composizioni molto vaste e la presenza umana sarà solo simbolica. Impossessatosi del vero di quei paesaggi, spesso velati di nebbia, li traduce in tele ricche sfumature tonali, re-interpreta la natura concepita come feudo di vita agricola.
Capolavori indiscussi del periodo di Savognino, Mezzogiorno sulle Alpi (1891), Primavera sulle Alpi (1897): in essi la pastora è trasformata in una nobildonna altera, quasi una figura di Piero della Francesca, si staglia contro la catena innevata dei monti. Il paesaggio è ammaliante, anche dall’elegantissimo Grand Hotel Kursaal (poi Palace) o dalla pensione Willy di Soglio in Val Bregaglia, dove si rifugia, con Bice, figli e servitori, durante i lunghi inverni troppo freddi.
Grazie alla tecnica del divisionismo rende magnificamente la luce rarefatta delle Alpi. L’ora mesta (1892) una dolcezza infinita, al finire del giorno la pastorella accende un fuoco per scaldare una pentola. Frutto del suo lento impossessarsi dei luoghi (en plein air) compone direttamente sulla tela e di getto per giorni e mesi, a conferma di aver raggiunto il luogo cercato affannosamente, ora progetto di vita e materia d’arte. Si è impadronito della natura, con i cieli, la terra, gli animali e le genti che la popolano, la catena montuosa , svettante sotto il sole,ricomposta in una panoramica tanto immensa che, dal vivo, l’occhio non riesce a cogliere in un solo sguardo. Le opere in formato orizzontale diventano monumentali.
Nella VI sezione Fonti letterarie e illustrazioni giungiamo ad altra evoluzione del modus operandi di Segantini, ai disegni ispirati a opere letterarie e religiose, dalla Bibbia per annunciazione, la pietà,il capro espiatorio, ramo di cembro…e Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Dal quasi analfabetismo l’artista è giunto ad esprimere un personalissimo pensiero estetico, eco della propria indole. Le lettere costituiscono un’inconfutabile testimonianza sulle vicende dei dipinti o dei contatti, aiutano a capire le opere, come in Van Gogh, esprimono i sentimenti e le emozioni che nutrono la sua arte visionaria.
Nella VII sezione, dedicata al Trittico dell’Engadina, viene ricostruito il grande progetto. Attraverso disegni, studi preparatori medaglioni edelweis, rododendro, larica, studi per la natura, la morte, la valanga, si coglie la genesi di questa monumentale opera, concepita tra il 1896 e il 1899 , considerata il testamento spirituale dell’artista, immaginifico e coraggioso. Si accenna al grande progetto del Panorama dell’Engadina: sempre al corrente delle più moderne scoperte, Segantini prevedeva congegni elettrici di meccanica e illuminazione, esrimendo un atto di fede nella scienza che incontra l’arte, purtroppo fallito.
Nella sezione conclusiva si celebra La maternità lo splendido olio Le due madri (1889) della GAM di Milano, è da sempre considerato manifesto del divisionismo italiano, fin dalla prima Triennale di Brera, che vide la nascita ufficiale del movimento. Esprime la delicata affettività che lega le madri ai loro piccoli, illuminati da una picola lampada laterale. Accanto alla tela seguono due madri in cammino, fra i monti o i prati, ma non raggiungono la stessa intensità.
Nelle opere simboliste l’uso dell’oro e argento in polvere si abbina a una tecnica mista di derivazione divisionista, rende il vigore al L’Angelo della Vita mentre fluttua leggero su rami sottili e abbraccia teneramente il suo piccolo; e a L’amore alla fonte della Vita (1896): una coppia si incammina tra i fiori verso la fonte dove ali angeliche, maestose, la attendono. Gli angeli esistono? Sono tra noi nel momento dell’amore o sono filamenti stellari? è questo l’eden?
Per approfondire dubbi e misteri i visitatori sono accompagnati a seguire un filmato breve, ma molto significativo, dedicato alle cattive madri, immagine di quattro tele che vedono protagoniste delle figure femminili imprigionate tra gli alberi da una natura di ghiaccio: Sono costrette a scontare una pena per essersi rifiutate di diventare madri. Negando il loro ruolo di madri, però, queste donne hanno voluto sottolineare il loro lato femminile ed erotico: le figure in queste quattro tele sono le più sensuali e seducenti di Segantini, disegni ispirati da D’annunzio , ma soprattutto dal Ciclo del Nirvana :il Castigo delle Lussuriose e delle Cattive Madri, condotta sul filo di un’interpretazione musicale – per soprano, contralto e otto strumenti – scritta dal compositore svizzero Luigi Quadranti su una quartina del poeta Gilberto Isella…Svelano il lato travagliato, inquietante di un pittore che dalla trasparenza dell’aria raggiunge angosce abissali.
Sono figure dagli sguardi spiritati e da occhi di ghiaccio. Il loro bimbo si attacca ad un seno arido. Ma all’improvviso forse è abbracciato quando precipitano, solo la loro unione consente il riparo dal gelo. Mi soffermo a lungo, su queste ultime immagini su quanto siano profetiche oggi, proprio oggi, possono suggerirci per interpretare tragedie contemporanee.
Con le cattive madri la riflessione segantiniana ha ancora una svolta, affronta il tema della maternità che soffre e fa soffrire, gelida matrigna, riscattabile? L’opera rimanda alla sua vicenda familiare, da ossessione del lutto a maturazione come accettazione dell’angoscia. Con esse il simbolismo raggiunge gli esiti più alti.
La morte lo spegne a questo punto fondamentale…
“un des sommets de l’art européen de l’époque.”
E’ una mostra da non perdere! Per la bellezza delle opere, la straordinariatà del contesto, le suggestioni che ispira. Omaggio doveroso a una figura che la cultura fascista e futurista hanno offuscato, la visione francocentrista dell’arte ha emarginato…Artista che ha ancora molto da dirci, tassello della nostra identità culturale contadina e della nostra umanità, raggiunge vertici estetici altissimi, grazie all’ampio respiro lirico, di matrice biblica e virgiliana.
“Giovanni Segantini meurt le 29 septembre 1899, dans la force de l’âge et célèbre. Il fut l’un des peintres les mieux payés de son temps, un artiste dont les œuvres étaient présentes dans les plus importantes collections publiques hollandaises, belges, allemandes, autrichiennes, hongroises et anglaises, qui a été une référence pour les maîtres des avant-gardes européennes pendant la première décennie du XXe siècle. Après la Première Guerre mondiale, l’isolement culturel de l’Italie fasciste et la vision francocentriste de l’historiographie des avant-gardes européennes élaborée au siècle dernier, Segantini s’est vu relégué dans les limbes du provincialisme après avoir aussi subi la condamnation politisée du Futurisme italien.”
Annie-Paule Quinsac Curatrice e autrice del catalogo, maggior esperta di Segantini, insieme a Diana Segantini, pronipote dell’artista e già curatrice della esposizione tenutasi alla Fondazione Beyeler nel 2011.
Per tutte le informazioni:
wwwmostrasegantini.it www.comune.milano.it/palazzoreale
Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Skira editore in collaborazione con Fondazione Antonio Mazzotta.