Palazzo Reale Milano fino al 10 gennaio 2016
Se a Brixia abbiamo percorso tre secoli fra scontri/incontri, di Roma con le Genti del Po, ci siamo immersi nelle loro vicende storiche, a Milano ci è offerta l’opportunità di una passeggiata rilassante nell’arte, nell’artigianato dalla Magna Grecia a Roma. Ritroviamo oggetti, architetture civili, affreschi, mosaici che dalla Puglia a Pompei, arrivano fino alla villa di Catullo sul Garda fino a Milano, quasi a consolidare Sirmione come punto d’incontro fra le due esposizioni.
IL PERCORSO Della MOSTRA “Mito e Natura. Dalla Grecia a Pompei” è un percorso originale, intorno ad un tema centrale: la rappresentazione dell’ambiente, realizzata da artigiani e artisti dell’epoca, una storia delle immagini che si snoda per sette secoli dalla Grecia arcaica alla Roma imperiale. Possiamo ammirare gli elementi naturalistici in un notevole repertorio figurativo greco-romano, grazie ai prestiti di musei e raccolte italiane e internazionali.
L’ allestimento di Francesco Venezia è affascinante e funzionale ad una visione completa.
Lo spazio della natura e la natura come segno
All’inizio, sui vasi geometrici e attici a figure nere, è il mare che impegna la fantasia degli artisti: il mare divino di Omero, luogo dei traffici, dei passaggi, delle avventure e delle scoperte, delle partenze e dei ritorni, come ne il cratere da Pithecusa della fine dell’VIII secolo a.C. con l’impressionante racconto di naufragio ancora tristemente attuale. Una seconda nave solca le acque nella decorazione un’ hydria ceretana, in una terza Europa è posta sul toro che galoppa sopra un mare popolato di pesci. Pesci e delfini ornano i curiosi piatti “da pesce”, per mense e per banchetti funerari. Alberi stilizzati , con il fogliame puntiforme, e viti su vasi a figure nere, fanno da fondale a scene animate. Nel raffinato skyphos. l’edera, e semplici rami fioriti tenuti in mano dai personaggi richiamano alla realtà naturale e al il significato simbolico, come l’ambiente boscoso ai margini della battaglia per il compianto su un guerriero morto, nell’anfora del Pittore del Vaticano a figure rosse. Avanza una sensibilità “paesaggistica” ispirata dalla grande pittura, con significati metaforici su vasi di corredi funerari: immagini del binomio vita-morte, il viaggio per mare allusivo del misterioso viaggio verso un luogo ultraterreno.
La Tomba del Tuffatore, una delle opere più ricche di fascino e di mistero, una figura si slancia da una struttura sacra, nel vuoto verso il mare, verso un mondo ultraterreno, lasciando alle spalle una riva boscosa . Tra V e IV secolo a.C., le piante divengono simboli divini, la palma e l’alloro per Apollo e Artemide, il mirto e corolle fiorite per Afrodite e le ninfe. Nella Idria Vivenzio, la palma che cresce presso il santuario di Artemide appare come ripiegata e piangente davanti all’orrore della distruzione di Troia.
La natura coltivata dono degli dei
Gli dei portano in dono all’umanità le nozioni per procurarsi i prodotti della terra, i beni naturali diventano attributi del dio che ne consente la nascita. Sui vasi attici a figure rosse di V e IV secolo a.C. Atena che sovrintende alla raccolta delle olive e alla vendita dell’olio per gli atleti vincitori dei giochi. Nella coppa attica a figure nere, di fine VI secolo a.C una rigogliosa vite incornicia i due grandi volti di Dioniso e della madre Semele, incoronata d’edera, divinità che dominano i cicli delle stagioni. Tra V e IV secolo le storie di Dioniso, di Arianna, dei satiri vendemmiatori sono fra le più popolari. Dioniso e Arianna che riposano sotto un pergo- lato stilizzato ma profondamente evocativo. Demetra, la grande dea del grano e del variare delle stagioni, è onorata a Eleusi accanto a quello del più misterioso Trittolemo che, insegna all’uomo l’uso dell’aratro e della semina, divinità riprodotte su vasi innumerevoli volte fino ad età romana.
La sensibilità per il mondo naturale, come sfondo del mito nasce alla corte macedone di Filippo II e di Alessandro; in seguito i fiori sono trasformati in motivi decorativi: girali, ghirlande, cespi fioriti, o irrigiditi in giochi simmetrici, mentre, si continuano a riprodurre, sui vasi, fiori stellati, foglie d’acanto, viticci arrotolati. Stili “semplici”, ad imitazioni di grandiose composizioni , celebrate nella letteratura, ma scomparse, documentano tocchi di colore, uso delle ombreggiature e del chiaroscuro. Altro imperdibile esempio di “ispirazione alla natura”, sono le corone in oro ispirate a rami di mirto, d’alloro, di quercia, atte a onorare i vincitori di giochi o memorie religioso-funerario.
La decorazione vegetale si espande nei mosaici, nelle pitture parietali, in architetture, arredi e oggetti di lusso. per tutta l’età ellenistica fino al mondo romano. Girali sui candelabri, ghirlande di fiori e frutta su vasellami in argento, vetro, e in cristallo di rocca e giunti a Roma dalla raffinata corte alessandrina, nella seconda metà del I secolo a.C. hanno diffuso interesse in diverse classi sociali. Affascinante il celebre Vaso Blu, rinvenuto a Pompei, lavorato in preziosissimo e costosissimo vetro-cammeo (una difficile tecnica che imitava nel vetro l’incisione in pietra dura): vi è rappresentato un giardino incantato dove alcuni amorini giocano, suonano, raccolgono l’uva in un tripudio di ghirlande fiorite e di tralci di vite animati da uccelli. ll Vaso Blu tornerà al Museo Archeologico Nazionale di Napoli con una nuova vetrina anti- sismica grazie alla fondazione Bracco. La popolarità del lusso dell’élite della Roma imperiale è celebrato in tanta ceramica invetriata inserita nelle vetrine della sala.
Nello stesso periodo di transizione dal classicismo all’ellenismo, vengono create ampie vedute naturalistiche, ( topia, luoghi della natura), che noi oggi chiamiamo paesaggio. Alla pittura di paesaggio è dedicata la seconda parte della mostra, una sequenza di affreschi con sfondo paesaggistico dal mondo ellenistico a quello romano. La scoperta delle pitture delle tombe macedoni ci consente di conoscere il celebre fregio, dipinto sulla facciata della tomba di Filippo II a Verghina, rappresentante una caccia regale: al di là di grandi alberi frondosi, le figure dei cacciatori emergono tra anfratti rocciosi, rilievi , fino alle colline poste sullo sfondo. L’effetto scenografico e coloristico è affascinante. L’ariosa scena di caccia dei Niobidi riprenderà, a Roma, in chiave mitica, lo stesso tema. Emerge un sistema figurativo costruito intellettualmente, perfino il famoso dipinto con Bacco alle pendici del Vesuvio, è ritenuto un paesaggio di maniera. Infatti il paesaggio viene codificato intorno a elementi fissi, che si ripetono in opere successive: lo sfondo roccioso, gli alberi contorti, tempietti e costruzioni sacre (ispireranno i capricci settecenteschi). La presenza della figura umana − eroe, dio o mortale, è parte dello stesso, anche nelle lastre funerarie da Paestum.
Si sviluppano ampi affreschi paesaggistici, dipinti su intere pareti di ville sontuose e di domus della classe media : in essi buoni pittori o bravi artigiani, si ispiravano alle opere su tavola degli artisti più celebri, ora perdute. Gli affreschi di straordinaria suggestione. ci giungono da Pompei e dal territorio vesuviano, poi da Sirmione. Stupisce l’abilità raggiunta nelle cascatelle, rocce, gli alberi avvinti a tempietti, i pastori, le pecore… proprie de Le storie di Polifemo, nei “paesaggi mitologici” con i miti di Paride pastore sul Monte Ida e di Perseo e Andromeda, (pinguntur enim portus, promunturia, litora, flumina, fontes, euripi, fana, luci, montes, pecora, pastores: Vitruvio VII 5, 2)
La suggestiva scena di navigazione costiera, proviene dalla villa romana di Sirmione, è un esempio interessante del trasferimento di modelli propri delle ville marittime campane nella Gallia Cisalpina romana, ai bordi dei grandi laghi prealpini. Accanto è posto il singolare rilievo marmoreo già della collezione Torlonia con veduta di una città, puntigliosamente descritta nelle sue porte, mura, case e uffici pubblici e nei sobborghi con alberi, ville e monumenti sacri. il gusto per le descrizioni minuziose dell’età di Traiano si diffonde in tutto l’Impero, con risultati di pregio. Merita un approfondimento il rapporto tra Il verde reale e il verde dipinto. la passione dell’élite romana per la pittura di giardini all’interno della casa o nei porticati, con piacevoli giochi illusionistici. Piante, fiori, uccelli del giardino reale, colonnine, cartigli, fontane si duplicavano nel giardino dipinto, dilatando gli spazi delle dimore. Affascinante nella sua esuberante originalità la Domus pompeiana del Bracciale d’oro, che ispirerà meravigliosi altri dipinti nelle domus della nobilitas romana, come I due frammenti di affreschi con finestroni aperti su vedute di giardino, oggi restaurati, seguiti da elementi architettonici della Villa di Adriano a Tivoli, esempio della raffinata cultura della società romana del Primo Impero.
Una vera sorpresa, per i visitatori, è lo spazio di “verde reale” in un’area all’aperto di Palazzo Reale: allude a un viridarium, (termine ciceroniano per un giardino intimo e raffinato). Vi sono presenti piante riconoscibile nelle pitture di giardino, esposte in mostra, quindi già in uso duemila anni fa. Grazie a Orticola Lombardia, è stato realizzato un boschetto dall’ aspetto molto gradevole, sono riunite querce, alloro, ulivi, viti, fichi, platano, palma da datteri, oleandro, corbezzolo,melograno, menta ecc nello spazio aperto, retrostante Palazzo Reale, con i contributi di Hermès, e Io Donna. Un gioco di specchi dunque fra realtà e arte, fra antico e moderno, che accende ancora una volta la nostra sensazione di un rapporto uomo-natura immutato nel tempo.
Rientrati, nelle sale, ci accoglie la straordinaria serie di quadretti “nature morte”. Stupisce la freschezza delle immagini e la grazia delle composizioni del Trittico che ornava la parte superiore di una parete dipinta nella Casa dei Cervi a Ercolano. Al piano tavola: frutta, legumi, semi, pane, che la tragedia di Pompei ci ha conservato, ci portano dall’arte alla realtà commestibile.
Ancora più inaspettata, una settima stanza con le nature morte di Filippo de Pisis, non prevista nel progetto iniziale, suggerisce come i suoi tre quadri abbiano imposto la loro presenza, auto-invitandosi dopo una muta attesa di anni. Con le nature morte di De Pisis, fragili, malinconiche, bellissime, entra un messaggio misterico: il dialogo artistico continua oltre i secoli, diventa millenario si rinnova nel ruolo di ponte tra passato e futuro. Ci conferma come la percezione della natura nel mondo classico abbia influito su uno degli aspetti più innovativi della cultura successiva, fino ad oggi, tanto che è possibile sostenere : l’eredità del mondo classico è ancora fra noi.
link fotografico
https://www.flickr.com/photos/comune_milano/sets/72157656103948548