Zazie è una ragazzina che, dalla provincia francese, approda a Parigi, affidata ad uno zio da una madre poco raccomandabile. Ha un solo grande desiderio: fare un viaggio sulla metropolitana che risulterà, però, impossibile a causa di uno sciopero. Date le premesse, è quasi inevitabile il suo perdersi nella grande città.
Non è, però, simile né a Cappuccetto rosso, né alle sventurate e spaurite fanciulle di tante vicende romanzesche. Anzi è sveglia, strafottente, capace di opporsi in modo insolente all’ambiguità degli adulti e al conformismo del loro linguaggio.
Un personaggio impertinente ed imprevedibile che ben si presta a proporsi come viatico per il nuovo anno scolastico.
Raymond Queneau, Zazie nel metrò, Torino, Einaudi, 1994, pp. 14-15 (trad. di Franco Fortini)
“Gabriel si voltò verso Marceline, che sorrideva.
– Lo vedi come ragiona bene, a quell’età? C’è da chiedersi se val la pena di mandarla a scuola.
– Io, – dichiarò Zazie, – a scuola voglio andarci fino a sessantacinque anni.
– Fino a sessantacinque anni? – ripetè Gabriel, un pocolino sorpreso.
– Si, – disse Zazie, – voglio far la maestra.
– Un mestiere punto male, – disse Marceline, con dolcezza. – E poi, c’è la pensione.
Queste ultime parole le aggiunse automaticamente, perché conosceva bene la lingua francese.
– Pensione un c…, – disse Zazie. – Farò la maestra, ma non è per la pensione.
No, certo, – disse Gabriel. – Si capisce.
– Perché allora? – chiese Zazie.
– Spiegacelo.
– Non ci arrivi da solo, eh?
– Ci va un po’ forte, eh, questa gioventù d’oggi, – disse Gabriel a Marceline.
E a Zazie:
– Allora? Perché vuoi far la maestra?
– Per romper le balle alle bambine, – rispose Zazie. – Quelle che avranno la mia età fra dieci anni, tra vent’anni, tra cinquant’anni, fra cento anni, fra mille anni. Aver sempre da romper le balle a qualcuno.
– Bene, – disse Gabriel.
– Voglio esser carogna. Gli farò leccar l’impiantito. Mangiar la cimosa della lavagna. Gli metterò i compassi nel didietro. Pedate nel sedere. Porterò gli stivali. D’inverno. Alti così (gesto). Con gran speroni per scorticar la ciccia delle chiappe.
– Sai, – disse Gabriel con calma, – stando a quel che dicono i giornali, non è proprio in codesta dirzione che si sta orientando l’educazione moderna. Anzi, è proprio il contrario. Si va verso la dolcezza, la comprensione, la gentilezza. E’ vero, Marceline, che dicono cosi sul giornali?
Sì, – rispose Marceline, con dolcezza. – Ma te, Zazie, ti hanno trattato male a scuola?
– Ci mancava altro.
– E poi, – disse Gabriel, – fra vent’anni non ci saran più maestre: saranno sostituite dal cinema, la tivù, l’elettronica, cose del genere. C’era scritto anche sul giornale, l’altro giorno. Vero, Marceline?
– Sì, – rispose Marceline, con dolcezza.
Zazie, per un attimo, prese in considerazione quell’avvenire.
– Allora, dichiarò, farò l’astronauta.
– Ecco, – disse Gabriel, consentendo. – Ecco, bisogna tenere il passo dei tempi.
– Sì, – continuò Zazie, – farò l’astronauta per andare a romper le balle ai Marziani.”