Succede che nell’aprile 1943 – in piena seconda guerra mondiale – uno scrittore aviatore pubblichi una fiaba su un bambino speciale, un piccolo principe; succede che nel maggio 1943 un regista americano in un momento di crisi legga il libretto, se ne appassioni e muova soldi e persone (perfino Walt Disney!) per ricavarne un film. Succede poi che un anno dopo l’aviatore precipiti col suo aereo e che dopo alcuni anni di silenzio il regista faccia altri film, fondamentali per la storia del cinema. Erano Antoine de Saint Exupéry e Orson Welles. Del film progettato resta solo la sceneggiatura dello stesso Welles, conservata alla Lilly Library dell’Indiana University. Le Voci propongono la pagina forse più conosciuta del libro – quella dell’addomesticamento – in sequenza nella doppia versione. Rileggere un testo non è in fondo addomesticarlo? E qui siamo in presenza di un gioco di riletture e di rimandi, un gioco di specchi, inserirsi nel quale non può che far bene…
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, Milano, Bompiani, 1997, trad. di Nini Bompiani Bregoli, cap. XXI, pp. 91 ss.
In quel momento apparve la volpe.
(…)
“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe, “sono così triste…”
“Non posso giocare con te” disse la volpe, “non sono addomesticata”
“Ah, scusa!”, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
“Che cosa vuol dire addomesticare?”
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami”
“Creare dei legami?”
“Certo” disse la volpe “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”
(…)
“Per favore, addomesticami…”
“Volentieri”, rispose il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”
“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!”
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…” …………………………………………………………….
Orson Welles, Il piccolo principe – sceneggiatura e adattamento originale, Milano, Bompiani, 1995, trad. di Fabrizio Ascari, pp. 53 ss.
Dissolvenza in apertura: un altro campo lungo dello stesso orizzonte. La stessa angolazione ma un cielo diverso e adesso il piccolo principe e la volpe sono seduti vicini. WELLES (come narratore): Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando si avvicinò l’ora della partenza… “Ah!” disse la volpe “piangerò”
IL PICCOLO PRINCIPE: È colpa tua. Non ho mai voluto farti alcun male, ma sei stata tu a pretendere che ti addomesticassi…
WELLES (come narratore): “Sì, è vero” disse la volpe
IL PICCOLO PRINCIPE: Ma adesso stai per piangere!
WELLES (come narratore): “Sì, è vero” disse la volpe
IL PICCOLO PRINCIPE: Ma allora non ci hai guadagnato nulla!
WELLES (come narratore): “Ci guadagno il colore dei campi di grano”, disse la volpe
Quindi soggiunse: “va’ a guardare di nuovo le rose. Adesso capirai che la tua è unica al mondo. Poi torna a dirmi addio e ti regalerò un segreto.” Indicazioni di regia: IL PICCOLO PRINCIPE si alza ed esce di campo.
Dissolvenza sul giardino. WELLES (come narratore): Il piccolo principe se ne andò a guardare di nuovo le rose. Indicazioni di regia: IL PICCOLO PRINCIPE è in piedi intento a guardare i fiori IL PICCOLO PRINCIPE: Non siete per niente simili alla mia rosa. Finora non siete nulla. Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Siete com’era la mia volpe quando l’ho incontrata la prima volta. Era soltanto una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto la mia amica e adesso è unica al mondo.
WELLES (come narratore): E le rose erano molto a disagio
IL PICCOLO PRINCIPE: Siete belle, ma non si potrebbe morire per voi. Un passante qualsiasi crederebbe che la mia rosa vi somigli – la rosa che mi appartiene. Ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho annaffiato; perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro; perché è lei che ho protetto con una rete metallica; perché è lei che ho ascoltato quando si lamentava o si vantava o talvolta anche quando non diceva nulla. Perché è la mia rosa. Una breve pausa, quindi si torna con dissolvenza all’orizzonte erboso. WELLES (come narratore): e ritornò dalla volpe. IL PICCOLO PRINCIPE: Addio
WELLES (come narratore): “Addio” disse la volpe. “ed ecco il mio segreto, un segreto semplicissimo: si vede bene soltanto con il cuore; l’essenziale è invisibile agli occhi”.
IL PICCOLO PRINCIPE: (ripetendo) L’essenziale è invisibile agli occhi.
WELLES (come narratore): “È il tempo che hai perduto per la tua rosa che la rende così importante”
IL PICCOLO PRINCIPE: È il tempo che ho perduto per la mia rosa…
WELLES (come narratore): “Gli uomini hanno dimenticato questa verità,” disse la volpe. “Ma tu non la devi dimenticare. Diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Sei responsabile della tua rosa…”
IL PICCOLO PRINCIPE: (ripetendo) Sono responsabile della mia rosa. Dissolvenza in chiusura